Il nuovo corso americano
e la questione religiosa
Il tempo della retorica - della grande retorica del cambiamento e della speranza
- è finito e per Barack Obama è iniziato quello del governo e quindi anche di
decisioni complesse e difficili. Eppure negli occhi e nel cuore dei milioni di
americani - e non solo - che nei giorni scorsi hanno seguito le cerimonie di
avvio del mandato presidenziale, il 20 gennaio segna davvero un nuovo inizio,
una frattura netta con gli otto anni dell'amministrazione Bush, del suo
cinico "conservatorismo compassionevole" e del protagonismo teocon.
In termini ancora più marcati rispetto alla presidenza Reagan, infatti, gli
ultimi due mandati della casa bianca hanno visto il protagonismo culturale e
politico di una destra religiosa che ha preteso di monopolizzare le dinamiche
religiose interne alla società statunitense e di iscrivere forzatamente Dio
nelle liste del partito repubblicano.
In un certo senso Bush e il suo staff passeranno alla storia proprio per questo:
essere riusciti a distrarre l'elettorato dalle grandi urgenze politiche del 2000
e del 2004, ed aver "eticizzato" le campagne elettorali riducendole a una grande
opzione morale tra "bene" da una parte e "male" dall'altra. In questa
prospettiva i grandi temi politici dell'economia, della pace, della guerra e
delle scelte ambientali, così cari ad Al Gore e a John Kerry, passavano in
secondo piano. Al contrario emergevano con forza i temi dei valori dell'America,
della sua tradizione e della sua identità giudaico-cristiana, il no all'aborto,
al riconoscimento dei diritti degli omosessuali, alla ricerca sulle cellule
staminali embrionali e, più in generale, il tentativo innaturale e
anticostituzionale di confessionalizzare la società e le istituzioni degli Stati
Uniti.
Argomenti - forse i soli - in grado di mobilitare ampi settori di un elettorato
cristiano - altrimenti orientato all'astensione. La capacità di intercettare
la grande domanda di religiosità radicale che si esprime nella società Usa è
quindi stato l'elemento decisivo a favore di otto anni di egemonia repubblicana.
Oggi, invece, tra gli elementi che hanno portato all'elezione di Barack Obama vi
è stata la capacità di assumere il "fattore religioso" e di interpretarlo in
chiave progressista ed inclusiva. Lo abbiamo visto proprio nei giorni scorsi
quando il presidente ha scelto per presiedere le diverse cerimonie religiose
personalità assai diverse tra loro: Rick Warren, un predicatore evangelical che
prima di altri ha rotto con la Destra religiosa e con la sua pretesa di
monopolizzare il "voto di Dio"; ma anche Gene Robinson, un vescovo episcopaliano
(anglicano) apertamente gay e Sharon Watkins, donna pastora e presidente di una
delle denominazioni cristiane degli Usa che ha assunto posizioni più radicali
sui temi politici, etici e sociali. Ma anche sacerdoti cattolici, rabini e imam;
senza ignorare i "non credenti" ai quali Obama si è esplicitamente rivolto nel
suo discorso inaugurale.
Il nuovo presidente sarà quindi assai più "ecumenico" del suo predecessore; ben
più di Bush sarà garante di quell'eccezionale pluralismo culturale e religioso
che costituisce uno dei tratti più originali della società americana. Al
tempo stesso si presenta come difensore di quel rigido sistema di separazione
tra lo Stato e le confessioni religiose che per secoli ha garantito il principio
di laicità da una parte e la massima libertà religiosa dall'altra.
L'annunciata decisione di tornare a finanziare la ricerca sulle staminali
embrionali è una precisa indicazione di questa direzione di marcia della nuova
Amministrazione.
In questo quadro la religione degli americani potrà giocare un ruolo diverso,
assai meno bigotto e conservatore. Le chiese storiche, che in buona parte
esprimono una teologia liberal e quindi molto attenta ai temi della pace, della
giustizia, dell'ambiente e dei diritti potranno essere più visibili e centrali.
Dopo gli anni della religione della paura, sembra venuto il tempo della
religione della speranza. Lo diceva già Martin Luther King: «Un giorno la paura
bussò alla porta. La fede andò ad aprire. E non trovò nessuno».
Paolo Naso Liberazione 22/1/2209