"Il
Porcellum ha trasformato la democrazia in oligarchia cancelliamo
quest'aberrazione"
intervista a Gustavo Zagrebelsky, a cura di Liana Milella
Il calderoliano Porcellum «rovescia la democrazia in oligarchia». Dunque
va messo da parte prima di un nuovo voto. «Basta una leggina fatta di due frasi:
"È abrogato il Porcellum ed è riportato in vigore il Mattarellum"».
Perché, ragiona l'ex presidente della Consulta Gustavo Zagrebelsky,
altrimenti l'attuale legge elettorale continuerà a «ferire la Costituzione» e ad
espropriare i cittadini
del loro diritto di scegliere da chi essere rappresentati. Per salvare «quella
piccola cosa che è la
democrazia» si mobilita l'associazione Libertà e Giustizia.
Ironizza Ellekappa, nella vignetta che campeggia sul sito: «Siamo seri, non si
può andare a votare
con una legge elettorale che grugnisce».
Ci spiega il perché dell'iniziativa?
«Non si è mai vista in democrazia una legge elettorale in cui gli elettori non
possano scegliere i
propri rappresentanti, ma siano semplicemente chiamati ad "abboccare" alle
designazioni fatte dalle
segreterie dei partiti. Leggi di questo genere esistono solo nelle
dittature di partito. Se questa non è
un'aberrazione, non so cos'altro potrebbe essere».
Una legge che delega alle segreterie dei partiti, a solo cinque uomini in
Italia come dice Fini, la
nomina di mille parlamentari, espropria i cittadini del diritto di indicare i
propri
rappresentanti?
«Certamente. Ma non solo. Rovescia la democrazia in oligarchia. Che cos'è
l'oligarchia se non il
regime in cui i pochi che stanno in alto chiamano a sé e cooptano i propri
uomini di fiducia? La
democrazia non richiederebbe che i rappresentanti in Parlamento siano invece
uomini di fiducia dei
cittadini?».
Ma quando la legge Calderoli fu votata si disse che serviva per evitare
campagne elettorali
costose e per bloccare le interferenze di lobby criminali sulla scelta di
deputati e senatori.
Questi argomenti le paiono validi?
«Sono funzionali a un sistema oligarchico, non democratico.
Potrebbero essere presi sul serio se si
potesse dimostrare che l'attuale illimitato potere delle segreterie dei partiti
di scegliere i candidati
sia stato usato per selezionare una classe dirigente di persone oneste e
competenti, degne di
ricoprire la funzione parlamentare. Non generalizziamo, ma possiamo dire che
effettivamente sia
accaduto così? Ovvio che i problemi esistono, ma devono essere risolti
diversamente, per esempio
stabilendo limiti rigorosi alle spese elettorali e regole di trasparenza sui
finanziamenti. La
penetrazione di interessi criminali nella politica, poi, può essere addirittura
facilitata dalla gestione
oligarchica delle candidature».
A questa legge si può imputare la "colpa" di aver acuito la distanza tra
cittadini e politica e di
aver favorito l'astensionismo?
«Sì. Una legge come quella attuale è la dimostrazione che la classe dirigente
vuole proteggersi
dall'ingresso sulla scena della politica della cosiddetta società civile.
Chiariamoci il concetto.
Società civile non sono i salotti, le lobby, i gruppi organizzati per
interessi settoriali. La società
civile è l'insieme dei gruppi, delle associazioni, di coloro che liberamente,
come ad esempio nel
grande mondo del volontariato, dedicano gratuitamente passione ed energie al
bene comune.
Costoro chiedono giustamente "rappresentanza", ma la legge attuale li allontana
dalla presenza in
politica».
In un meccanismo come quello inventato nel 2005 lei individua un vulnus
costituzionale?
«Sì. Nel solo fatto che, come giustamente si dice, deputati e senatori siano
designati dall'alto e non
eletti dai cittadini, c'è una violazione della sovranità popolare (articolo 1
della Costituzione). In più,
il sistema attuale fa dei parlamentari degli agenti dei capi di partito che li
hanno messi in lista, e non
i rappresentanti della nazione come dovrebbe essere, secondo l'articolo 67 della
Costituzione.
Infine, un Parlamento così fatto è totalmente privo di autonomia e di
autorevolezza rispetto a coloro
che ve li hanno messi. Ciò che è accaduto in questi giorni, quando il presidente
del Consiglio
promette candidature in cambio di adesioni al Pdl, non dimostra forse, nel
modo più chiaro, che i
posti in Parlamento sono considerati proprietà di chi comanda, il quale li può
distribuire come
vuole?».
Libertà e Giustizia si mobilita «per restituire ai cittadini il diritto di
scegliere i propri
rappresentanti in Parlamento». Com'è nata l'idea?
«È nata per tutte le ragioni dette finora. È una mobilitazione per la
democrazia. La speranza è creare
un movimento trasversale e corale tra tutti coloro che hanno a cuore questa
piccola cosa che è la
democrazia. Non abbiamo nessuna idea, né ci preoccupa averla, su chi potrebbe
avvantaggiarsi e
chi invece sarebbe danneggiato dall'abrogazione della legge elettorale vigente.
In gioco c'è ben altro
che il successo di questo o quel partito. C'è la difesa della democrazia».
Ogni volta che si ragiona di riforma del sistema elettorale si apre una
contesa tra sostenitori di
diverse soluzioni, quella tedesca, francese, spagnola o inglese. Un guazzabuglio
dal quale non
si esce mai. Lei cosa suggerirebbe per arrivare almeno a un compromesso decente?
«La situazione attuale è di emergenza. Giustizia e Libertà ha lanciato
tempo fa questo slogan: "Mai
più al voto con questa legge elettorale". Ogni altra soluzione sarebbe migliore.
Tuttavia, se ciascuna
forza politica interessata alla riforma elettorale si muoverà per conto proprio
secondo la sua
strategia politica, il risultato sarà inevitabilmente l'impasse, e ci terremo la
legge che si dice di voler
cambiare».
E invece c'è una via d'uscita?
«Il suggerimento minimalista è di rivolgersi indietro alla legge precedente, il
cosiddetto
Mattarellum. Era una legge criticabile, ma certamente rappresenterebbe
oggi il meno peggio.
Sarebbe già qualcosa di importante. Si trattava di un compromesso tra logica
maggioritaria e logica
proporzionalistica che potrebbe soddisfare, almeno parzialmente, tutti quanti.
Poi, se i tempi lo
consentiranno, si potrà lavorare fuori dell'emergenza, per un nuovo sistema
elettorale. Per
raggiungere questo risultato, al quale le Camere prima dello scioglimento
dovrebbero dedicarsi,
basterebbe una leggina fatta di due frasi: "È abrogato il Porcellum ed è
riportato in vigore il
Mattarellum"».
la Repubblica 8 settembre 2010