"Bella ciao", un pericolo per l´ordine costituito

Vorrei esprimere qualche riflessione scevra da indignazione o acredine di parte sull´episodio incorso al ministero della Pubblica Istruzione in seguito al canto di "Bella ciao", intonato da ragazzini e ragazzine, età media 12 anni, appartenenti ad un gruppo interclasse ad indirizzo musicale della scuola media inferiore "G. G. Belli" di Roma, invitati a prodursi con orchestrina e relativo accompagnamento corale, a viale Trastevere.
Era presente il sottosegretario Pizza e si è anche affacciata la ministra Gelmini. Al termine alcuni alunni, presto seguiti dagli altri, hanno intonato e suonato "Bella ciao". La canzone, pur non figurando nell´elenco di quel giorno, fa tuttavia parte del repertorio "musicale" del Belli ed era stata eseguita in molte altre occasioni. Si è trattato, comunque, di un fuori programma, difficile da confondere con un bis, in genere concesso altre volte ma con l´innocuo "tanto pe´ cantà". È lecito arguire che quegli adolescenti abbiano voluto in un certo senso mimare una forma di protesta mutuata dai cortei studenteschi, già visti tante volte direttamente o alla televisione. Nella forma e nella sostanza si è trattato di una manifestazione corretta, direi gentile, senza slogan e tanto meno espressioni di aggressività. Ciò detto la preside era nel suo diritto nel fare osservare ai ragazzi che quando si è chiamati a partecipare a una performance istituzionale è d´uopo attenersi al copione concordato, senza abbandonarsi a dissonanze che non sempre si concludono, come invece questa volta, in ordine e in allegria.

Quel che, invece, preoccupa è l´irato risvolto politico, fortemente polemico della lettera della preside a docenti, alunni e famiglie in cui stigmatizza lo «sconcertante episodio» che getterebbe «un´ombra di discredito difficile da dissipare, che ha messo in difficoltà la scuola Belli nel suo complesso», invita i genitori a scusarsi e a far capire che «se è giusto esprimere le proprie convinzioni anche se divergenti, è altrettanto giusto non assumere iniziative che travalicano i limiti dell´opportunità, del rispetto delle persone, della correttezza e del buon gusto». Frasi che si attaglierebbero ad un coro di sconcezze goliardiche e non a una spontanea, innocua disobbidienza adolescenziale. È seguito un fitto scambio di e-mail tra genitori, in grande maggioranza critici nei confronti della lettera. Alcuni hanno ricordato che fino a poco tempo fa "Bella Ciao" era quasi una canzone istituzionale, un canto di partigiani senza colore politico, in cui si possono riconoscere i democratici di ogni colore politico e le Istituzioni nate dalla Resistenza e dalla Costituzione.

Tutto vero, anche se non voglio pensare che la preside nutra sentimenti antidemocratici, ma piuttosto risenta, ed è forse più grave, di un clima generale di misconoscimento e snaturamento della storia d´Italia, con un ricasco polemico che svia il senso degli eventi. Questo può riguardare la Resistenza o, se visto in chiave leghista, il Risorgimento, il Tricolore, l´Unità d´Italia o, infine, per non pochi esponenti del Pdl, la stessa Costituzione. Le conseguenze, soprattutto, sul piano formativo possono essere devastanti. Credo che per evitare le asperità di un libero dibattito, molti insegnanti optino per una specie di agnosticismo che porta a considerare una turbativa della normalità scolastica l´intrusione di certe tematiche, gestibili al massimo nell´alveo dei corsi di studio stabiliti. Una pedagogia riduttiva, senza passione, impossibilitata a formare giovani cittadini. È un fenomeno che riguarda anche il mondo adulto, dove si può dissacrare ogni cosa senza imbarazzo. Mi vien da pensare quando a "Porta a porta", parlando della Resistenza dei militari deportati in Germania che avevano rifiutato di essere liberati a condizione di giurare per Salò, il ministro della Difesa, La Russa, spiegò il loro gesto come un atto di comoda prudenza: meglio nel lager che di nuovo in guerra. Nessuno gli ha ricordato le diecine di migliaia di soldati, tra cui 18 generali, morti in quei «comodi» lager.

Repubblica 7.6.10

 

 

 


Il paese dei balocchi


Da ministra del rigore a ministra del tempo libero, da sacerdotessa dello studium a fanatica dell´otium, da bacchetta che castiga a sbracata Lucignola che vuole mandare tutti i bimbi italiani nel paese dei balocchi.
Insomma «per favorire il turismo» la ministra dell´Istruzione Mariastella Gelmini vuole ritardare di un mese l´apertura dell´anno scolastico, dai primi di settembre ai primi di ottobre. Attenzione: non per ragioni didattiche né per qualche forma, sia pure contorta o distorta, di saggezza pedagogica, ma soltanto per allungare la vacanza, per aiutare l´industria del tempo libero, per fare divertire di più i ragazzi italiani che solitamente bastona e per fare riposare di più i professori contro i quali scaglia lampi ed emette tuoni.

Dopo avere maltrattato gli insegnanti come fannulloni ignoranti e avere insultato gli studenti come somari e pelandroni, dopo avere predicato il ritorno alla disciplina e al faticoso impegno, Nostra Signora dei Grembiulini ha dunque scoperto la virtù della pigrizia rilanciando il sogno di tutti gli asini del mondo e persino riproponendo quel modello sessantottino contro il quale si batte in maniera ossessiva: viva la strada che libera gli istinti e abbasso la scuola che li reprime.
Persino la Lega che solitamente incoraggia e istiga le numerose e creative riforme antimeridionali, xenofobe e anti europee della Gelmini, ha obiettato alla ministra che le mamme che lavorano non saprebbero letteralmente «dove mettere i bambini» e che la legge italiana impone agli insegnanti almeno duecento giorni di didattica l´anno, che è lo standard europeo del diritto allo studio.
Se non assistessimo all´agonia di un´istituzione che la ministra ha deciso di far saltare ogni mattina nel cerchio di fuoco potremmo limitarci a ridere per questa incoerente sparata a favore del torpore e della lentezza degli italiani che la ministra vorrebbe stiracchiare sino all´autunno, come ai tempi del libro Cuore, quando la scuola cominciava il 17 ottobre perché il signorino Carlo Nobis aveva bisogno di tre mesi di villeggiatura per rilassarsi e il muratorino, che era bravo a fare «il muso di lepre», ne aveva necessità per lavorare, come Precossi, figlio del fabbro ferraio e come Coretti che «si leva alle cinque per aiutare suo padre a portar legna e alle 11 nella scuola non può più tenere gli occhi aperti».

In realtà la Gelmini resuscita il morto per ammazzare il vivo. Non è vero che vuole tornare alla scuola di De Amicis perché coltiva nobili rimpianti, ma solo per ridurre i costi e malmenare ancora gli odiatissimi professori, i nuovi straccioni d´Italia. È per soldi che la Gelmini si è subito gettata su questa proposta del suo compagno di partito, il carneade Giorgio Rosario Costa, un commercialista di Lecce che sinora si era fatto notare proponendo l´istituzione dell´Albo Nazionale dei Pizzaioli, e che adesso deve averla sparata così tanto per spararla e non gli pare vero di essere stato cooptato dalla ministra nell´Accademia dei Saggi e degli Equilibrati.
Ormai gli italiani - anche quelli che la votano - hanno capito che la Gelmini ha una sola ossessione: tagliare, contabilizzare, chiudere e, insieme con l´agitatissimo Brunetta, umiliare e cacciare via. È infatti evidente che spostando l´inizio delle lezioni ad ottobre lo Stato risparmierebbe un mese di stipendio ai precari che per la ministra sono come la Comune di Parigi o la Moneda di Allende, le ultime roccaforti del potere sindacale e della sinistra miserabile. Più in generale se davvero riuscisse ad allungare le vacanze scolari di un altro mese la Gelmini taglierebbe le unghia a tutti gli insegnanti italiani contro i quali sta già per avventarsi la manovra economica con il blocco degli scatti automatici di anzianità e di qualsiasi rinnovo contrattuale. Che cosa vogliono questi fannulloni ai quali lo Stato ha regalato un altro mese di vacanze? Ecco un´idea di buon governo: togliere il lavoro a qualcuno per poi punirlo come scansafatiche, perdigiorno e parassita.
In realtà con l´ossessione che il libro e i processi formativi sono in mano alla sinistra, e con la missione di trasformare gli insegnanti nel nuovo sottoproletariato italiano la Gelmini aggredisce ogni volta che può il già malandato tempio attorno al quale si organizza l´Italia come comunità, il luogo che tiene in piedi la democrazia, lo studium appunto che - mai ci stancheremo di ripeterlo - vuol dire amore, passione e dunque vita: «A Barbiana tutti i ragazzi andavano a scuola dalla mattina presto sino alla sera tardi, estate e inverno, e non c´era ricreazione e non si faceva vacanza neppure la domenica».

Francesco Merlo   Repubblica 25.5.10