«Pio XII non condannò i nazisti»

intervista a Daniele Menozzia cura di Luca Kocci

Tre giorni dopo il riconoscimento delle "virtù eroiche" di papa Pio XII, preambolo alla
beatificazione, da parte di papa Ratzinger, il mondo ebraico manifesta a gran voce la sua contrarietà
alla santificazione di un pontefice da più parti accusato di aver taciuto di fronte alla tragedia della
Shoah. Anche se ieri Benedetto XVI, nel discorso alla Curia romana, ha detto che l'Olocausto «ha
cacciato dal mondo anche Dio», non si placano le polemiche. «La beatificazione di Pio XII è
inopportuna e prematura, sino a quando i suoi archivi del periodo 1939-1945 resteranno chiusi e
non si saranno chiarite le sue azioni, o inazioni, sulla persecuzione di milioni di ebrei durante
l'Olocausto», dichiara Ronald Lauder, presidente del World Jewish Congress. E gli ebrei italiani, il
presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna e il rabbino capo di Roma
Riccardo Di Segni, che il prossimo 17 gennaio accoglierà papa Ratzinger in visita alla sinagoga
della capitale, pur non volendo «interferire su decisioni interne della Chiesa», ribadiscono che se la
decisione vaticana significasse «un giudizio definitivo e unilaterale sull'operato storico di Pio XII,
la nostra valutazione rimane critica».

«La ricerca storica ha dimostrato che Pio XII è intervenuto solo a livello diplomatico, facendo
presente al governo di Hitler che la Santa Sede non condivideva le persecuzioni contro gli ebrei»,
spiega Daniele Menozzi, docente di Storia contemporanea alla Scuola normale superiore di Pisa ed
esperto del papato novecentesco. «Ma papa Pacelli - prosegue - non ha mai assunto una posizione
pubblica di condanna durante la guerra.
E questo è dimostrato anche dal fatto che nel magistero
pontificio del periodo bellico la parola ebrei non viene mai usata. Pio XII la pronuncerà solo molti
anni dopo, a guerra finita, per dire che non si poteva fare nulla di più di quello che è stato fatto, in
una sorta di autoassoluzione».

Alcuni storici vicini alla Santa Sede sostengono che il silenzio di Pio XII fosse tattico, per
consentire alla Chiesa di poter aiutare gli ebrei in segreto, per esempio nascondendoli nei
conventi. Cosa ne pensa?

Istituzioni ecclesiastiche e singoli cattolici hanno sicuramente offerto una via di scampo a molti
ebrei, ma il punto non è questo. La ricerca non può assumere le categorie con cui gli attori
giustificano i loro comportamenti, perché il giudizio storico può tenere conto delle intenzioni ma
deve basarsi sui fatti e sui risultati. E i risultati sono che i silenzi di Pio XII non hanno evitato lo
sterminio degli ebrei, anzi hanno fatto parte del contesto in cui esso si è verificato.
Aggiungo
tuttavia che constatare il silenzio di Pacelli sulla Shoah non vuol dire che non ne fosse intimamente
inorridito, né che non la condannasse e nemmeno che non cercasse di limitarne, tramite la via
politico-diplomatica, le spaventose conseguenze. Significa solo che non prese pubblica posizione su
di essa.

Insieme a Pio XII, papa Ratzinger ha riconosciuto anche le "virtù eroiche" di Giovanni Paolo
II, dicendo che "i santi non sono rappresentanti del passato ma costituiscono presente e futuro
della nostra società". Esiste una sorta di "politica" vaticana delle canonizzazioni?

Per secoli la Chiesa di Roma non ha santificato dei papi. Poi, a partire dalla seconda metà del '900,
proprio con Pio XII, si è iniziato a canonizzare pontefici, soprattutto quelli del XX secolo, avviando
una prassi, interrotta solo da Giovanni XXIII e Paolo VI, per cui i papi vengono fatti santi. C'è una
spiegazione: un papato che si sente in difficoltà in una società contemporanea che sfugge al suo
controllo tende a rafforzarsi santificando se stesso.


La decisione di affiancare Pio XII e papa Wojtyla è casuale?
Non credo. Mi sembra che si voglia ripetere quanto venne fatto da Giovanni Paolo II nel 2000
beatificando Pio IX, ovvero un papa molto controverso, insieme con Giovanni XXIII, un papa al
contrario molto popolare. E anche oggi si mettono insieme il discusso Pio XII con il popolarissimo
Wojtyla. Ma le difficoltà mi sembrano maggiori perché il rapporto di Pacelli con il mondo ebraico è
una ferita ancora aperta.

il manifesto   22 dicembre 2009