“Ecco perché non possiamo tacere”

Caro ministro Sandro Bondi, la ringrazio per la sua lettera e per l´attenzione data al mio lavoro: ho
apprezzato il suo tono rispettoso e dialogante non scontato di questi tempi e quindi con lo stesso
tono e attitudine al dialogo le voglio rispondere. Come credo sappia, ho spesso ribadito che certe
questioni non possono né devono essere considerate appannaggio di una parte politica. Ho anche
sempre inteso la mia battaglia come qualcosa di diverso da una certa idea di militanza che si
riconosce integralmente in uno schieramento.
Ho sempre creduto che debbano appartenere a tutti i principi che anche lei nomina - la libertà, la
giustizia, la dignità dell´uomo e io aggiungo anche il diritto alla felicità in qualsiasi tipo di società si
trovi a vivere.
E per questo ho sempre odiato la prevaricazione del potere, che esso assuma la forma
di un sistema totalitario di qualsiasi colore, o, come ho potuto sperimentare sin da adolescente, sotto
la forma del sistema camorristico.

Anch´io auspico che in Italia possa tornare un clima più civile e ho più volte teso la mano oltre gli
steccati politici perché sono convinto che una divisione da contrada per cui reciprocamente ci si
denigra e delegittima a blocchi, sia qualcosa che faccia male.
Eppure oggi il clima in questo paese è di tensione perché ognuno sa che, a seconda della posizione
che intende assumere nei confronti del governo, potrà vedere la propria vita diffamata, potrà vedere
ogni tipo di denigrazione avvenire nei confronti dei propri cari, potrà vedere ostacolate le proprie
possibilità lavorative.

Qualche giorno fa la Germania mi ha onorato del premio Scholl, alla memoria dei due studenti dell
´organizzazione cristiana Rosa Bianca, fratello e sorella, giustiziati dai nazisti con la decapitazione
per la loro opposizione pacifica, per aver solo scritto dei volantini e aver invitato i tedeschi a non
farsi imbavagliare.
Tutte le persone che ho incontrato lì alla premiazione, all´Università di Monaco, erano preoccupate
per quanto accade oggi in Italia nel campo della libertà di stampa e del diritto.
Non era un premio di
pericolosi sovversivi o di chissà quali cospiratori anti-italiani. Tutt´altro. Raccoglieva cristiani
tedeschi bavaresi che commemorano i loro martiri. Tutti seriamente preoccupati quello che sta
accadendo in Italia e tutti pronti a chiedermi come faccio a tenere alla libertà d´espressione eppure a
continuare a lavorare in Italia.
Non è un buon segnale e, in quanto scrittore non posso che raccogliere l´imbarazzo di essere accolto
come una sorta di intellettuale di un paese dove la libertà d´espressione subisce un´eccezione.
Il
programma da lei apprezzato ha mostrato, in prima serata, il terrore causato dal regime comunista
russo, e persecuzioni castriste agli scrittori cubani e l´inferno nell´Iran di Ahmedinejad.

Tutto andato in onda in una trasmissione come "Che tempo che fa", su una rete come RaiTre, così
spesso tacciata di essere faziosa, ideologizzata, asservita alla sinistra che persino un boss come
Sandokan si compiaceva di chiamarla "Telekabul". Questo a dimostrare, Ministro, quanto siano
spesso pretestuose e false le accuse che vengono fatte contro chi invece si prefigge il compito di
raccontare per bisogno - o dovere - di verità.
Però sono altrettanto convinto che a volte, proprio per semplice senso civile, non si possa stare zitti.
Che bisogna prendere posizione al costo di schierarsi. E schierarsi non significa ideologicamente.
La paura che questa legge possa colpire il paese sia per i suoi effetti pratici, sia per l´ingiustizia che
ratifica, in me è assolutamente reale e per niente pretestuosa.
In questi anni, ossia da quando vivo sotto scorta, ho avuto modo di poter approfondire cosa
significhi, tradotto nel funzionamento di uno stato democratico, il concetto di giustizia. Ho potuto
capire che non tocca solo la difesa della legalità, ma che ciò che più lo sostiene e lo rende
funzionante è la salvaguardia del diritto e dello stato di diritto
.
Ho deciso di pubblicare quell´appello perché la legge sul processo breve mi pare un attacco pesante
- non il primo, ma quello che ritengo essere finora il più incisivo - ai danni di un bene fondamentale
per tutti i cittadini italiani, di destra o di sinistra, come ho scritto e come credo veramente. E le
assicuro che lo rifarei domani, senza timore di essere ascritto a una parte e di poterne pagare le
conseguenze.

Non vi è nulla in quel gesto che non corrisponda a ogni altra cosa che ho fatto o detto. Le mie
posizioni sono queste e del resto non potrei comportarmi diversamente. Ciò che mi spinge a
raccontare, in prima serata, dei truci omicidi di due giovani donne, la cui colpa era stata unicamente
l´aver manifestato in piazza, in maniera pacifica.
Ciò che mi spinge a raccontare dei crimini del comunismo in Russia e dei soprusi delle
multinazionali in Africa non è un "farsi impadronire dal demone della politicizzazione e della
partitizzazione della cultura" bensì un altro demone. Quello che ha lo scopo di raccontare le verità o
almeno provarci. Un´informazione scomoda per chi la da e per chi l´ascolta, la osserva, la legge. In
Italia la deriva che lo stato di diritto sta prendendo è pericolosa perchè ha tutte le caratteristiche dell
´irreversibilità.
È per questo che agisco in questo modo, perché è l´unico modo che conosco per
essere scrittore, è questo l´unico modo che conosco di essere uomo.
La saluto con cordialità

Roberto Saviano     la Repubblica  23 novembre 2009