«No al crocifisso contro i migranti»

intervista a don Mario Toffari a cura di Checchino Antonini


L'unico Natale che don Mario conosce è quello descritto da Luca. Luca l'Evangelista: «Gesù nasce a
Betlemme, in una grotta, perché per lui non c'è posto in albergo». E se qualcuno gli domanda cosa
pensi del White Christmas di Coccaglio - la pulizia etnica del sindaco leghista che, entro il 24
dicembre vorrebbe "ripulire" la cittadina dai "clandestini" - parte da Luca per arrivare alla Bossi-
Fini. Ossia alle conseguenze deleterie dell'invenzione del reato di clandestinità.
Mario Toffari, missionario scalabriniano, dirige l'Ufficio della pastorale dei migranti della Diocesi
di Brescia. Per undici anni è stato in missione in Germania, tra gli italiani. Lì ha vissuto la lentezza
esasperante dell'integrazione. «Qui da noi è più veloce, pensi che in Germania ci sono ancora
missioni per italiani. I migranti arrivati in Italia hanno avuto un trattamento migliore».
Probabilmente è vero. Poi è arrivata la Bossi-Fini, e subito dopo la crisi globale e il pacchetto
sicurezza. «Qui da noi è grigia, molte fabbriche sono sull'orlo della chiusura. Che cosa succederà
quando finirà il tempo della cassa integrazione?».
Ecco il contesto in cui è maturata l'operazione del sindaco leghista di Coccaglio, supportato dai
preziosi consigli di Maroni per non incorrere in conseguenze giudiziarie. Toffari si raccomanda sul
taglio pastorale delle sue parole: «Dobbiamo educare le coscienze - spiega - ma il problema di
fondo è la massa degli operai licenziati. Gli immigrati sono sempre i primi. E la Bossi Fini gli lascia
solo sei mesi di tempo per cercarsi un altro lavoro». Impresa titanica che riesce a nessuno. «E
intanto è iniziato il cammino in senso inverso: mi diceva un missionario dallo Sri Lanka che lì
raccomandano a tutti di non partire più. E molti sono già tornati nei loro paesi
».

«Finora - continua il sacerdote - il razzismo non ha fatto presa tra i lavoratori ma fa male sentire le
parole di Bossi che tratta i migranti come braccia usa e getta: "Mandiamoli via tutti perché non c'è
lavoro neanche per i nostri"».
Settemila abitanti a 26 chilometri da Brescia, un sindaco leghista eletto nel giugno scorso. Don
Mario a Coccaglio c'è stato. Il parroco del paese, don Giovanni, prova a dire che non c'è razzismo,
nemmeno nella giunta, ma, allarmato dai suoi stessi parrocchiani, ha dovuto incontrare l'assessore
per raccomandargli «una maggiore attenzione alle parole agli slogan adottati».
Certo, denominare "White christmas" l'insieme di verifiche che si stanno effettuando in merito alla
regolarità della presenza dei numerosi immigrati domiciliati a Coccaglio non è piaciuto a nessuno.
E poi, da queste parti, non si sono mai registrati episodi di microcriminalità. «Lo ammette anche il
sindaco, non è mai avvenuto nulla, la convivenza è pacifica e serena. Dobbiamo dare atto della
correttezza dei residenti immigrati».
Tuttavia, nelle parole di don Mario, si coglie un elemento di inquietudine: «La comunità cristiana è
divisa. C'è il 18% di immigrati e qualcuno dice che sono troppi, è insofferente. Forse sono gli stessi
che hanno lucrato su di loro ad esempio affittandogli le case. Bisogna stare attenti. L'impressione è
che si spari nel mucchio, l'immigrazione è finita. Sei mesi sono pochi per trovare lavoro - ripete bisogna
trovare il modo perché possano vivere anche loro. Altrimenti scoppia la caccia al
clandestino. Bisogna dirlo agli stranieri: qualora vi peschino, denunciate chi vi sfrutta, chi vi ha
fatto lavorare senza regolarizzarvi. Non si può brandire il crocifisso per politiche anticristiane
».
Un'analisi che don Mario aveva compiuto all'indomani dell'approvazione del pacchetto sicurezza
assieme agli altri Uffici diocesani per la pastorale dei migranti, della pastorale sociale e della
pastorale della salute: «I sindaci, dotati di speciali poteri di polizia, vanno in cerca di immigrati
irregolari per espellerli, anche se non hanno fatto nulla di male. Il provvedimento è, quindi, legale.
Da dire resta molto, invece, circa l'umanità del medesimo. Ciò che mi spinge ad alzare la voce è
l'abbinamento dell'operazione al Natale. Ha detto l'assessore alla sicurezza che per lui il Natale "non
è la festa dell'accoglienza, ma della tradizione cristiana, della nostra identità"
. Francamente il
cristianesimo è un'altra cosa: emarginando il povero (e guarda caso sempre il più debole),
emarginiamo lo stesso Cristo e la cosiddetta identità, sbandierata a sostegno di politiche non affatto
cristiane, sa solo di strumentalizzazione oltre che di improprietà interpretativa del Vangelo
». Parole
che don Mario ripeterà sabato nell'editoriale del giornale dicocesano, La voce del popolo .

  Liberazione  20 novembre 2009