«Condizioni spaventose» L’accusa contro il governo: rimandati verso Tripoli, inaccettabile.
Il nodo delle domande d’asilo. Bocciata la linea italiana. Barrot: aspettiamo risposte. Onu e Europa: l’Italia fermi i respingimenti verso la Libia



Doppia «condanna» a Bruxelles durante la riunione dei ministri dell’Interno europei: adesso basta con le politiche di allontanamento indiscriminato di immigrati verso paesi «dove ci sono minacce per le loro vite».

L’Italia fermi i respingimenti, perché la situazione è «inaccettabile» e le condizioni degli immigrati «spaventose». Cresce la pressione della comunità internazionale sull'Italia per la sua discussa politica sull'immigrazione. Ieri sono stati il vicepresidente dell'Ue, Jacques Barrot, e l'Alto commissario Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, a condannare le scelte di Palazzo Chigi, in occasione della riunione dei ministri degli Interni europei a Bruxelles. L'Italia, ha insistito il segretario agli interni Francesco Nitto Palma, è in linea con le norme internazionali.
MISSIONE IN NORD AFRICA
Al termine dell'incontro Barrot ha annunciato che si recherà a Tripoli «per dire ai libici che la situazione non è più accettabile e non può più durare». Secondo il vicepresidente dell'esecutivo Ue la Libia non è in grado di garantire la gestione dei richiedenti asilo e «proprio per questo vogliamo aprire un dialogo». Secondo il commissario Ue oggi i rifugiati «che si trovano in Libia sono praticamente costretti a trattare con i trafficanti di esseri umani per poter raggiungere le nostre coste ed ottenere una protezione internazionale». All'Italia, ha riferito, «abbiamo ricordato i principi, secondo cui non si rinviano le persone in Paesi dove ci sono delle minacce per la loro vita».
Al governo italiano «abbiamo chiesto molte spiegazioni», ha ricordato Barrot, «e stiamo ancora valutando le risposte». Ancore più dure le parole di Guterres, secondo cui le condizioni degli immigrati in Libia sono «spaventose» e «c'è il rischio per le persone che necessitano di protezione internazionale che vengano respinte nei propri Paesi d'origine».
Per questo il commissario Onu ha espresso «forti riserve» sulla politica di Maroni, con cui è sfumato l'incontro a causa dei funerali dei soldati italiani caduti a Kabul. Bocciata la teoria di Palazzo Chigi secondo cui le domande d'asilo vanno fatte in Libia. In quel Paese «l'Unhcr lavora senza un riconoscimento ufficiale», ha spiegato Guterres, «ma è proprio perché ci lavoriamo che diciamo che non ci sono le condizioni per fornire protezione adeguata ai richiedenti asilo». Per il rappresentante delle Nazioni Unite l'identificazione va fatta dove si possono controllare le condizioni umanitarie. Per questo l'esperienza del centro di Lampedusa era «straordinariamente importante e positiva», ha detto, auspicando «che questa esperienza possa essere ripresa e funzionare pienamente».
IMPEGNI VOLONTARI
I ministri europei si sono detti d'accordo con la proposta della Commissione per ridistribuire nell'Ue i richiedenti asilo, ma a patto che il programma resti «volontario». Ma, ha sottolineato il collega tedesco, Wolfgang Schauble, rispondendo ad una domanda sulla politica italiana, «il rispetto dei diritti umani non può mai essere messo in discussione, in nessuna parte dell'Unione europea».
Il sottosegretario Nitto Palma ha presentato la richiesta italiana per «uno specifico programma dedicato ai richiedenti asilo presenti in territorio libico», in particolare per quanto riguarda coloro che provengono dalla regione del Corno d'Africa. Ma la difesa della linea Maroni diventa sempre più difficile.
Delle 757 persone respinte «nessuno ha chiesto protezione internazionale quando si trovava sulle navi italiane», ha azzardato il sottosegretario in conferenza stampa. Peccato che diversi esponenti del governo abbiano ammesso che è impossibile fare le domande d'asilo sulle navi e che statisticamente è ovvio che tra 757 migranti ci siano rifugiati che hanno diritto alla protezione internazionale.
DOMANDE INEVASE
Possibile che nessuno abbia fatto domanda? Chi lo ha verificato sulle navi? «Io sono sottosegretario al ministero dell'Interno si è difeso Nitto Palma e sono abituato a parlare sulla base ufficiale dei dati che risultano al ministero e che risultano dal personale che ha operato in quegli interventi».
La verità, ha osservato il capodelegazione del Pd all'Europarlamento, David Sassoli, è che «l'arrogante politica xenofoba messa in atto dal Governo italiano continua a creare imbarazzo al nostro Paese» e, secondo l'eurodeputato dell'Italia dei Valori, Luigi De Magistris, i richiami di Onu e Ue «rappresentano l'ennesima umiliazione inferta al Governo italiano».

Marco Mongiello


 


«Stupri e poliziotti corrotti: l’orrore nelle carceri di Gheddafi».
Il rapporto di «Human Rights Watch»: i migranti respinti in Libia sottoposti a trattamenti brutali. I racconti dal campo di Bin Gashir: «Gli agenti arrivano di notte e scelgono le donne da violentare»
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Le autorità italiane rispediscono brutalmente i rifugiati nelle mani dei loro torturatori, le autorità libiche commettono abusi e l’Unione europea non fa rispettare le leggi. È questo il quadro che emerge dal rapporto presentato ieri dall’organizzazione non governativa Human Rights Watch (Hrw), intitolato «Scacciati e schiacciati» e dedicato ai respingimenti.

L’accusa
«Roma viola i propri doveri l’Ue impedisca i rinvii»
menti italiani in Libia. «L’Italia si legge nel rapporto intercetta migranti e richiedenti asilo africani sui barconi e, senza valutare se possano considerarsi rifugiati o siano bisognosi di protezione, li respinge con la forza in Libia, dove in molti sono detenuti in condizioni inumane e degradanti e vengono sottoposti ad abusi». Il documento è stato diffuso in coincidenza con la riunione dei ministri degli Interni europei a Bruxelles, dove l’Italia ha ribadito di essere in linea con le normative internazionali. «La realtà è che l’Italia sta rimandando questi individui incontro ad abusi», ha detto Bill Frelick, direttore delle politiche per rifugiati di Hrw e autore del rapporto, «i migranti che sono stati detenuti in Libia riferiscono categoricamente di trattamenti brutali, condizioni di sovraffollamento ed igiene precaria».
Secondo Frelick Roma «viola i propri doveri legali» e Bruxelles «dovrebbe esigere che l’Italia rispetti i propri doveri ponendo termine a tali rinvii verso la Libia. Altri Stati membri dell’Ue dovrebbero rifiutare di prendere parte ad operazioni di Frontex
(l’Agenzia Ue per il controllo delle frontiere esterne, ndr) che sfociano in rinvii di migranti ed abusi».
La denuncia dell’Ong, che conferma quanto documentato dalle inchieste de l’Unità, si basa su delle interviste condotte a maggio 2009 con 91 immigrati e rifugiati in Italia e Malta e su un’intervista telefonica con un immigrato detenuto in Libia. Le autorità di Tripoli hanno rifiutato l’accesso ai loro centri di detenzione, denunciano gli autori, e le autorità italiane hanno concesso solo interviste molto brevi con gli immigrati presenti nei centri di Caltanissetta, Trapani e Lampedusa e hanno rifiutato ogni incontro con rappresentanti del Governo. Gli italiani, si spiega nel testo, «usano la forza nel trasferire i migranti dai barconi su imbarcazioni libiche o li riportano direttamente in Libia, dove le autorità li imprigionano immediatamente» e alcune di queste operazioni sono coordinate da Frontex. Si tratta di «un’aperta violazione dell’obbligo di non commettere refoulement», il respingimento indiscriminato.
Le testimonianze raccolte sono agghiaccianti. Si parla di percosse, di abusi, di violenze sessuali. Al campo di deportazione libico di Bin Gashir, ha raccontato Paul Pastor (i nomi sono modificati) le autorità «iniziarono subito a picchiare sia me che gli
Il ministro delle pari Opportunità altri. Alcuni dei ragazzi furono picchiati al punto da non poter più camminare». Madihah, una ragazza eritrea di 24 anni, ha raccontato che «tutte le donne hanno avuto problemi con la polizia» libica, che «arrivava di notte e sceglieva le donne da violentare».
Non va meglio per i minori. «Le autorità libiche si legge non sembrano fare nessuna distinzione tra adulti e bambini non accompagnati» e questi sono di solito messi nelle stesse celle con il «rischio di abusi e violenze».
Tutti inoltre hanno riferito che la differenza tra i trafficanti di esseri umani e la polizia libica è molto sfumata. Spesso gli immigrati sono detenuti fino a quando qualcuno non paga dei soldi, che non si capisce se a titolo di cauzione o riscatto.
L’Italia, conclude il rapporto, «dovrebbe smettere immediatamente di violare i suoi obblighi sul non respingimento» e dovrebbe anche smettere di cooperare con la Libia. In base al Trattato firmato da Berlusconi il 30 agosto 2008, Roma si è impegnata a finanziare il 50% delle spese per i controlli effettuati da quelle stesse autorità libiche che maltrattano i migranti. Piuttosto bisognerebbe aumentare la cooperazione con l’Agenzia Onu per i rifugiati, suggeriscono gli attivisti di Human Rights Watch.
Da parte sua l’Unione europea dovrebbe esigere dall’Italia il rispetto delle norme Ue e internazionali, incoraggiare la Libia a ratificare la Convenzione di Ginevra ed inserire esplicitamente la questione dei diritti umani nel prossimo accordo quadro con Tripoli.

Marco Mongiello



In ricordo di Jerry Masslo. Il prossimo 26 settembre Villa Literno si mobilita


Aveva 30 anni. Era arrivato a Roma come rifugiato politico. Nell’estate dell'89 era andato a Villa Literno per la raccolta dei pomodori. La notte del 25 agosto, mentre dormiva, era stato aggredito da giovani locali che volevano derubarlo. Mentre tentava di difendersi, venne ucciso.
La notizia produsse un’emozione fortissima: mai era successo un fatto del genere in Italia (altri, purtroppo, sarebbero seguiti).
In maniera spontanea venne decisa una manifestazione nazionale antirazzista, la prima, per il 7 ottobre, e vi partecipò gran parte della società civile e religiosa. Per ore italiani e immigrati, uomini e donne giunti da tutta Italia, sfilarono per le strade di Roma. La morte di questo giovane contribuì alla discussione pubblica che sfociò nella legge Martelli.
L'anno successivo, nell'agosto del '90, davanti al cimitero di Villa Literno, dove era stato sepolto Masslo, le Confederazioni sindacali e l'associazione Nero e non solo realizzarono un campo con tende, docce e mensa, affinché i raccoglitori di pomodoro non dormissero nella polvere. I giovani volontari organizzavano le presenze. Tutti gli immigrati avevano il permesso di soggiorno o la ricevuta della presentazione della domanda.
Fu un'esperienza molto intensa, che coinvolse positivamente una parte della popolazione locale.
A 20 anni di distanza, il 26 e 27 prossimi, a Villa Literno si ricorderà Jerry Essan Masslo grazie a un’iniziativa del Forum campano per l’eguaglianza. Nel frattempo, il nostro paese è diventato irriconoscibile, attraversato da feroci tentazioni xenofobe. E, dunque, oggi la domanda è: come salvare le vite dei tanti Jerry Masslo, che non riescono nemmeno ad attraversare il mare per chiedere rifugio politico?

Romana Sansa

 

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