«Del Dal Molin non parla più nessuno, da oggi non mangio più»

intervista ad don Albino Bizzotto a cura di Orsola Casagrande

 

«Con tutta franchezza: non mi piace digiunare, ma credo che a volte sia necessario dare qualche

scossone». Don Albino Bizzotto lo dice senza mezzi termini, la sua azione, questo sciopero della

fame a partire da oggi, intende essere una sorta di sveglia. Vicenza non si è fermata, e infatti

fervono i preparativi anche per il festival del presidio permanente No Dal Molin. Ma è vero che sui

giornali il Dal Molin non trova più spazio. «Purtroppo - dice alla vigilia del digiuno il fondatore dei

Beati Costruttori di Pace - mi sono reso conto che di Vicenza e della base americana al Dal Molin in

questo periodo di ferie non parla più nessuno, a parte i vicentini».

Un silenzio che tu hai deciso di rompere.

Certamente. Anche perché se tanti sono in ferie, compresi gli operai che magari e drammaticamente

a settembre non rientreranno in fabbrica perché il padrone non riaprirà, tanti altri in ferie non lo

sono affatto. Al Dal Molin, infatti, si continua a lavorare e a ritmi accelerati. Partendo da questa

constatazione ho preso la decisione di digiunare. La pace non va in ferie. Ma c'è anche un altro

motivo per questa mia azione. I vicentini hanno sputato l'anima come si dice in dialetto per spiegare

le ragioni del no alla base di guerra americana. Io sono riconoscente a tutti i cittadini di Vicenza,

che hanno fatto mille iniziative e hanno provato in tutti i modi a spiegare il loro no. A dire che ogni

decisione che riguarda un territorio e non solo quello vicentino, deve essere presa con la

partecipazione della gente. Purtroppo però fuori di Vicenza non si parla più del Dal Molin. Eppure

questa della base americana non è una questione che riguarda solo Vicenza, riguarda tutta l'Italia.

Questo del resto è stato anche il senso delle manifestazioni scorse a Vicenza che hanno

coinvolto tutta Italia.

Sì perché questa base sarà un problema di tutti. Perché c'è la crisi economica da affrontare e non lo

si farà certo costruendo basi militari, ma soprattutto perché se continuiamo ad avere un rapporto tra

popoli che qualcuno vorrebbe soltanto tradotto in rapporto di guerra, la cosa è davvero angosciante.

E poi bisogna essere sinceri: sta passando una assuefazione al degrado, al peggio che fa paura.

Il digiuno in passato e in culture come quella celtica, per esempio, era considerata l'offesa

peggiore che si potesse fare a qualcuno.

Il digiuno è una debolezza, se la vediamo in un certo modo. Però è una situazione di debolezza che

costringe l'altro a una maggiore umanità. In altre parole, è una situazione che provoca o almeno

dovrebbe provocare nell'altro la riscoperta della sua umanità.

Domani (oggi, ndr) inizierai lo sciopero della fame.

Sì, sarò in viale Ferrarin, praticamente davanti ai cancelli del Dal Molin, con la mia roulotte. Berrò

solo acqua e naturalmente sarò sotto controllo medico perché qualche acciacco ce l'ho. La mia

protesta ha già ricevuto solidarietà. Ormai siamo arrivati al ridicolo per quanto riguarda la realtà di

questo paese. A livello internazionale non abbiamo più credibilità. Se il mio gesto sarà condiviso,

allora avrà maggiore successo. Anche perché il mio altro obiettivo è quello di riuscire ad avere

un'informazione corretta. Essere informati infatti è necessario per combattere la situazione di

assuefazione attuale in cui versa questo paese. Come ho detto se la mia azione troverà sostegno e

solidarietà anche da parte di altri, vuol dire che avrà maggiore eco. Io penso che sia necessario dare

degli scossoni a volte. Dire o fare cose scomode, che danno fastidio è un modo per scuotere.

        il manifesto  19 agosto 2009