"Ancora lui, Camillo Ruini"
Vaticano. Benedetto XVI ha confermato il cardinale come suo vicario e presidente della Cei. La biografia del prelato che tra pochi giorni compirà 75 anni |
“Donec aliter provideatur”, cioè finché non si provveda altrimenti, è la formula che Benedetto XVI ha usato per confermare come suo vicario generale per la diocesi di Roma e presidente della Cei, il cardinale Camillo Ruini. La notizia è stata diffusa dalla Sala stampa vaticana nei giorni scorsi. La formula latina riferita all'incarico di presidente della Cei del cardinale Ruini, significa che il rinnovo della carica non è stato automaticamente esteso a tutto il prossimo quinquennio, ma può riguardare un periodo di tempo più breve. Alcune fonti vicine alla Santa sede parlano di una proroga di uno o, al massimo, due anni. In tal modo vengono confermate le indiscrezioni che volevano un rinnovo a tempo per la presidenza della Cei. Ma sembra chiaro che Benedetto XVI intenda restituire ai vescovi italiani la facoltà di indicare il loro presidente, come già avviene in altri Paesi, e separare le cariche di vicario generale della diocesi capitolina da quella di capo dei vescovi italiani. Nei giorni scorsi, infatti, monsignor Paolo Romeo, nunzio apostolico in Italia, con una procedura del tutto inedita, ha scritto ai vescovi del Paese una lettera perché “suggeriscano” il nome del candidato alla successione dell’“eminenza nera” dei Sacri palazzi apostolici. La lettera, naturalmente, vincolata dal “segreto pontificio”, ha la data del 26 gennaio e chiede di inviare per posta il proprio “voto” alla luce del fatto che “il 6 marzo prossimo giungerà a conclusione il mandato dell’eminentissimo cardinale Camillo Ruini, quale presidente della Cei”. Il 19 febbraio 2006, infatti, Camillo Ruini ha compiuto 75 anni. E, come prescrive il Codice di diritto canonico, avrebbe dovuto presentare a Benedetto XVI la sua rinuncia a tutti gli incarichi che attualmente ricopre, quello cioè di vicario del papa per la diocesi di Roma (carica che riveste dal 1991), e quello di presidente della Cei (incarico che riveste ininterrottamente dal 1991, cioè da tre quinquenni consecutivi). Intanto per l’eminentissimo cardinale ci sono scadenze importanti da onorare, come l'assemblea generale della Cei a maggio e ancor più il convegno ecclesiale nazionale di Verona previsto per ottobre. Ma facciamo un passo indietro. La “carriera” di Ruini comincia nel lontano 1985. A quell'epoca Ruini aveva 54 anni. Da due anni era vescovo ausiliare di Reggio Emilia. Non era certo un teologo, e anche la sua azione pastorale era stata sino ad allora piuttosto grigia. Ma mons. Ruini capì che qualcosa nella Chiesa italiana stava cambiando, e si propose come guida di un processo che avrebbe rappresentato una svolta, un cambiamento radicale di prospettive e di classe dirigente. Papa Wojtyla aveva infatti deciso di fare i conti con quella parte della Chiesa ancora legata agli orientamenti conciliari, disposta a riconoscere un ruolo specifico ed autonomo dei laici nella vita ecclesiale, a dialogare con le diverse culture sociali, ad impegnarsi in una prospettiva realmente ecumenica. Quella Chiesa aveva, tra gli altri, un sicuro punto di riferimento nell'allora presidente della Cei, il cardinale Anastasio Ballestrero, religioso carmelitano, arcivescovo di Torino; un supporto teologico e pastorale nel cardinale Carlo Maria Martini, religioso gesuita, arcivescovo di Milano, e, nell'Azione Cattolica di Alberto Monticone, uno strumento di presenza attiva e capillare nelle realtà territoriali e nella formazione del laicato. Tra il 9 ed il 13 aprile 1985 a Loreto, si celebrava il II Convegno della Chiesa italiana dal titolo "Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini". Martini e Ballestrero avevano preparato il convegno in modo tale che la Chiesa ribadisse l'opzione strategica della "scelta religiosa'', la distanza dal coinvolgimento diretto nella politica e nelle questioni interne alla Dc. Bisognava evitare il rischio di un'eccessiva esposizione della Chiesa su questi temi. Giovanni Paolo II (Ruini era vice presidente del comitato preparatorio del Convegno) impose invece una svolta 'interventista', riproponendo quel modello di pervasiva presenza della gerarchia ecclesiastica nella vita sociale e politica già sperimentata negli anni precedenti. Così, la linea conciliare di Ballestrero alla fine risultò sconfitta. Il 26 giugno 1986, Giovanni Paolo II nominò Ruini segretario della Cei. Presidente, dall'anno precedente, era stato nominato il cardinale Ugo Poletti. Ma Ruini, uomo forte di Wojtyla, ci mise pochissimo a imporre la sua egemonia dentro la Conferenza ed a subentrare de facto, prima ancora che de iure, a Poletti (esautorato progressivamente di ogni potere decisionale). Gli succedeva il 6 gennaio 1991. Il 28 giugno 1991 veniva nominato cardinale. Ruini, insieme al papa, cominciò una forte politica di sostegno ai movimenti ecclesiali (a Loreto Giovanni Paolo II aveva definito i movimenti "canale privilegiato per la formazione e promozione di un laicato attivo e consapevole del proprio ruolo nella Chiesa e nel mondo"), in particolare a Comunione e Liberazione, negli anni ‘80 rivale dell'Azione Cattolica nel contendere una posizione egemonica nella formazione e nella guida del laicato cattolico. L'Azione cattolica, nell'ottica della destra curiale che aveva vinto a Loreto, incarnava troppe delle spinte progressiste e conciliari della Chiesa montiniana; Comunione e Liberazione, alla funzione di "mediazione" che l'Ac tentava di conservare all'interno del contesto ecclesiale e politico di quegli anni, contrapponeva la "presenza" in tutti i luoghi dove si formava e gestiva il potere politico. Pressata all'esterno, combattuta all'interno: furono Dino Boffo (allora giovane dirigente Ac) e Mario Agnes, (ex presidente di Ac passato a dirigere l'"Osservatore Romano"), a lavorare, dentro e fuori l'Azione Cattolica, per conto del cardinale, opponendosi in maniera radicale alla linea monticoniana, tentando di screditarne ed esautorarne la figura e guidando la battaglia 'restauratrice' all'interno dell'Ac. Monticone e la maggioranza dell'associazione che si era stretta attorno a lui resistettero. Ma negli anni i rapporti di forza mutarono: presidenze meno carismatiche di quella monticoniana cedettero alle fortissime pressioni normalizzatrici che arrivavano dal Vicariato. Il fermento ecclesiale nell'Ac si spense rapidamente, anche perché Ruini provvide personalmente ad occuparsi di nominare assistenti diocesani e generali che si facessero garanti e custodi della linea imposta a Loreto. Nel 1991 arrivò anche la censura e la riduzione al silenzio dei 63 teologi italiani che avevano firmato un documento che faceva eco alla famosa "Dichiarazione di Colonia". Sistemata la questione di un laicato troppo "effervescente", e di un dibattito teologico troppo "vivace" (operazione a cui Ruini accompagnò anche un capillare lavoro di normalizzazione delle parrocchie romane, attraverso la rimozione di parroci di vedute troppo larghe, sostituiti da preti più "affidabili"), il cardinale passò ad affrontare la questione dell'informazione cattolica, contrassegnata da una eccessiva pluralità di punti di vista. Nel 1994 Ruini mise Dino Boffo alla guida di Avvenire, trasformando il quotidiano della Cei nella voce del suo presidente. Nei mesi precedenti il III convegno della Chiesa italiana (Palermo, novembre 1995), Ruini tentò di convincere (assicurando che era un desiderio del papa) alcuni religiosi paolini, primo fra tutti l'allora direttore di "Jesus", don Stefano Andreatta, ad accettare un piano di riorganizzazione della stampa cattolica italiana sotto l'egida della Cei. Al progetto i paolini avrebbero dovuto portare "in dote" le loro prestigiose riviste, in primis "Famiglia Cristiana", "Jesus", "Vita pastorale". I paolini, dopo qualche incertezza, declinarono l'invito. Furente, Ruini reagì chiedendo, ed ottenendo, l'intervento del papa: l'11 febbraio 1997 Giovanni Paolo II firmò un decreto pontificio di commissariamento della Congregazione paolina. Dal 1991 Ruini non ha mancato di dare direttive politiche: ha sollecitato, finché ha potuto, il mantenimento dell'unità politica dei cattolici nella Dc, delegata alla protezione degli interessi e dei privilegi ecclesiastici; poi, morta la Dc, si è assunto in prima persona il compito di contrattare con le forze politiche (specie di destra) le questioni che più stanno "a cuore" alla Chiesa: "difesa" della vita, bioetica, finanziamento pubblico delle scuole cattoliche, parità scolastica, famiglia, cultura cattolica. Negli anni recenti, ha ottenuto la centralizzazione blindata della gestione dei fondi dell'8 per mille (circa 1 milione di euro l'anno), gestito il grande evento del Giubileo del 2000 e il mega raduno dei giovani cattolici a Tor Vergata. Ha ricompattato l'associazionismo cattolico (sua l'idea della "pace" tra Cl e Azione Cattolica nell'agosto 2004), riunendolo, durante la campagna referendaria sulla fecondazione assistita, nel Comitato Scienza e Vita. L'obiettivo a medio termine è oggi quello della fondazione di un "partito di Dio": un'unica mente, Ruini, due gambe: la promozione dell'orizzonte etico cattolico ("difesa" della vita, famiglia, bioetica) affidato alle "cure" del Comitato Scienza e Vita; la dimensione sociale (immigrazione, welfare, pace, sussidiarietà, cooperazione, no-profit) appaltata all'azione di Retinopera, altra creatura cara al cardinale. Anche in "politica estera" Ruini ha preso per mano la Chiesa italiana, specie dopo l'attentato terroristico dell'11 settembre 2001, scostandosi anche dalle posizioni "pacifiste" del papa. "Non fuggiremo davanti a loro [i terroristi], anzi, li fronteggeremo con tutto il coraggio". "Affidiamo [a Dio] (…) tutti gli italiani, militari e civili, che sono in Iraq e in altri Paesi per compiere una grande e nobile missione, e, con loro, questa nostra amata Patria, la pace nel mondo e il rispetto per la vita umana", disse Ruini nell'omelia pronunciata al funerale dei carabinieri uccisi a Nassiriya, il 18 novembre 2003. Oggi, però, la nuova frontiera della presenza cristiana caldeggiata da Ruini - lotta per i valori occidentali, per l'identità cattolica e le radici cristiane, contrapposizione all'Islam e alla deriva laicista dell'Europa - non ha unito i cattolici come la gerarchia avrebbe auspicato. Tra i vescovi serpeggia sempre più acuto il malumore per la gestione autoritaria impressa alla Cei; le parrocchie e le realtà ecclesiali, in emorragia continua di fedeli, sperimentano che la "cura" prescritta dal cardinale in questi anni non solo non ha giovato, ma ha allontanato gli spiriti più attivi ed intellettualmente vivaci. Eppure il cardinale è sempre lì. La Cei che ha governato per ben 21 anni arranca, ma lui sembra aver fatto del detto latino "hic manebimus optime" una filosofia di vita. |
Davide Romano AprileOnLine n.102 del 15/02/2006