Per questa grave vergogna nazionale andate alla pagina delle petizioni per leggere la PETIZIONE 27 e 28

 


"Li avete mandati al massacro in quei lager stupri e torture"
Tra le reduci del Pinar: meglio morire che tornare lì

Le lacrime di Hope e Florence per i disperati riportati in Libia: i nostri mesi all´inferno
"Voi italiani siete buoni, come avete potuto fare una cosa del genere? È disumano"


LAMPEDUSA - «Li hanno mandati al massacro. Li uccideranno, uccideranno anche i loro bambini. Gli italiani non devono permettere tutto questo. In Libia ci hanno torturate, picchiate, stuprate, trattate come schiave per mesi. Meglio finire in fondo al mare. Morire nel deserto. Ma in Libia no». Hanno le lacrime agli occhi le donne nigeriane, etiopi, somale, le «fortunate» che sono arrivate a Lampedusa nelle settimane scorse e quelle reduci dal mercantile turco Pinar. Hanno saputo che oltre 200 disgraziati come loro sono stati raccolti in mare dalle motovedette italiane e rispediti «nell´inferno libico», dove sono sbarcati ieri mattina. Tra di loro anche 41 donne. Alcuni hanno gravi ustioni, altri sintomi di disidratazione. Ma la malattia più grave, è quella di essere stati riportati in Libia. Da dove «erano fuggite dopo essere state violentati e torturati. Non solo le donne, ma anche gli uomini».
I visi di chi invece si è salvato, ed è a Lampedusa raccontano una tragedia universale. La raccontano le ferite che hanno sul corpo, le tracce sigarette spente sulle braccia o sulla faccia dai trafficanti di essere umani. Storie terribili che non dimenticheranno mai. Come quella che racconta Florence, nigeriana, arrivata a Lampedusa qualche mese fa con una bambina di pochissimi giorni. L´ha battezzata nella chiesa di Lampedusa e l´ha chiamata «Sharon», ma quel giorno i suoi occhi, nerissimi, e splendenti come due cocci di ossidiana, erano tristi. Quella bambina non aveva un padre e non l´avrà mai.
«Mi hanno violentata ripetutamente in tre o quattro, anche se ero sfinita e gridavo pietà loro continuavano e sono rimasta incinta. Non so chi sia il padre di Sharon, voglio soltanto dimenticare e chiedo a Dio di farla vivere in pace». Accanto a Florence, c´è una ragazza somala. Anche lei ha subito le pene dell´inferno. «Quando ho lasciato il mio villaggio ho impiegato quattro mesi per arrivare al confine libico, e lì ci hanno vendute ai trafficanti e ai poliziotti libici. Ci hanno messo dentro dei container, la sera venivano a prenderci, una ad una e ci violentavano. Non potevamo fare nulla, soltanto pregare perché quell´incubo finisse». Raccontano il loro peregrinare nel deserto in balia di poliziotti e trafficanti. «Ci chiedevano sempre denaro, ma non avevamo più nulla. Ma loro continuavano, ci tenevano legate per giorni e giorni, sperando di ottenere altro denaro».
Il racconto s´interrompe spesso, le donne piangono ricordando quei giorni, quei mesi, dentro i capannoni nel deserto. Vicino alle spiagge nella speranza che un giorno o l´altro potessero partire. E ricordano un loro cugino, un ragazzo di 17 anni, che è diventato matto per le sevizie che ha subito e per i colpi di bastone che i poliziotti libici gli avevano sferrato sulla testa. «È ancora li, in Libia, è diventato pazzo. Lo trattano come uno schiavo, gli fanno fare i lavori più umilianti. Gira per le strade come un fantasma. La sua colpa era quella di essere nero, di chiamarsi Abramo e di essere "israelita". Lo hanno picchiato a sangue sulla testa, lo hanno anche stuprato. Quel ragazzo non ha più vita, gli hanno tolto anche l´anima. Preghiamo per lui. Non perché viva, ma perché muoia presto, perché, finalmente, possa trovare la pace».
Le settimane, i mesi, trascorsi nelle «prigioni» libiche allestite vicino alla costa di Zuwara, non le dimenticheranno mai. «Molte di noi rimanevano incinte, ma anche in quelle condizioni ci violentavamo, non ci davano pace. Molti hanno tentato di suicidarsi, aspettavano la notte per non farsi vedere, poi prendevano una corda, un lenzuolo, qualunque cosa per potersi impiccare. Non so se era meglio essere vivi o morti. Adesso che siamo in Italia siamo più tranquille, ma non posso non stare male pensando che molte altre donne e uomini nelle nostre stesse condizioni siano state salvate in mare e poi rispedite in quell´inferno, non è giusto, non è umano, non si può dormire pensando ad una cosa del genere. Perché lo avete fatto?».
«Noi eravamo sole, ma c´erano anche coppie. Spesso gli uomini morivano per le sevizie e le torture che subivano. Le loro mogli imploravano di essere uccise con loro. La rabbia, il dolore, l´impotenza, cambiavano i loro volti, i loro occhi, diventavano esseri senza anima e senza corpo. Aiutateci, aiutateli. Voi italiani non siete cattivi. Non possiamo rischiare di morire nel deserto, in mare, per poi essere rispediti come carne da macello a subire quello che cerchiamo inutilmente di dimenticare». Hope, 22 anni, nigeriana è una delle sopravvissute ad una terribile traversata. Con lei in barca c´era anche un´amica con il compagno. Viaggiavano insieme ai loro due figlioletti. Morirono per gli stenti delle fame e della sete, i corpi buttati in mare. «Come possiamo dimenticare queste cose? Anche loro erano in Libia, anche loro avevano subito torture e sevizie, non ci davano acqua, non ci davano da mangiare, ci trattavano come animali. Ci avevano rubati tutti i soldi. Per mesi e mesi ci hanno fatto lavorare nelle loro case, nelle loro aziende, come schiavi, per dieci, venti dollari al mese. Ma non dovevamo camminare per strada perché ci trattavano come degli appestati. Schiavi, prigionieri in quei terribili capannoni dove finiranno quelli che l´Italia ha rispedito indietro. Nessuno saprà mai che fine faranno, se riusciranno a sopravvivere oppure no e quelli che sopravviveranno saranno rispediti indietro, in Somalia, in Nigeria, in Sudan, in Etiopia. Se dovesse accadere questo prego Dio che li faccia morire subito».

Francesco Viviano    Repubblica 8.5.09

 




Amos Luzzatto: "Io, vittima nel ´38, dico che oggi siamo al razzismo"


Luzzatto, ex presidente delle Comunità ebraiche, si schiera con Franceschini e attacca l´idea di Salvini: anche io fuorilegge perché viaggio in metro e sono veneziano
Il leader Pd farnetica? Ma sono farneticante io o quelli che pensano di costringere medici e insegnanti a denunciare i figli dei clandestini?


Giusto il caso. Quando lo chiamiamo, Amos Luzzatto, già presidente delle Comunità ebraiche italiane, sta uscendo dalla metropolitana di Milano. Luzzatto, ha sentito? La Lega propone vagoni destinati esclusivamente ai milanesi... C´è silenzio. Poi questo ottantenne giramondo, innamorato del dialogo, «ebreo di sinistra», come lui stesso si definisce nella sua biografia «Conta e racconta», esplode in un commento secco: «Ma questo è razzismo puro!». Forse una volta Luzzatto si sarebbe prudentemente fatto leggere le agenzie di stampa, avrebbe pensato ad uno scherzo, ma oggi l´aria che tira porta a credere subito che la proposta del leghista Salvini non sia affatto una boutade. «In un certo senso – chiosa il professore con ironia amara – anch´io violerei la legge viaggiando in metro. Sono residente a Venezia...».
Luzzatto, per la verità, prima di quest´ultim´ora, volevamo chiederle che cosa ne pensa dell´uscita di Dario Franceschini. Ha fatto bene il segretario del Pd a evocare le leggi razziali commentando la normativa di governo sulla sicurezza?
«Conosco Franceschini e penso che sia una persona attenta, equilibrata. So che a Ferrara, sua città natale, ha rapporti molto amichevoli, stretti, con alcune famiglie storiche della comunità ebraica. E questo può aver influito sulla sua percezione del clima».
La maggioranza ha definito "farneticanti" le sue dichiarazioni sul pericolo di un ritorno alle leggi del ´38.
«Scusi, capiamoci bene. Mi sembra che Franceschini non abbia detto: "La normativa sulla sicurezza è come le leggi razziali", non ha fatto un´equazione, non ha offeso la tragedia della Shoah, si è limitato a ricordare un capitolo della storia italiana. E la storia è questa: il primo provvedimento in assoluto che fu preso nel ´38 riguardò proprio la scuola. E io me lo ricordo bene. Fui una delle vittime di allora. Avevo 10 anni ed ero orgogliosissimo di aver superato gli esami di ammissione al ginnasio. Due mesi dopo la mia prova – ero stato il migliore della sessione – mi hanno detto: "Lei non può più andare a scuola". Ero un "giudeo", un termine che racchiudeva in sé tutto il disprezzo e il disgusto possibili. Un amica di mia madre disse che il Duce lo aveva fatto "anche per il nostro bene...". Quello che voglio dire è che capisco il meccanismo che ha fatto scattare Franceschini. Si cominciò con i bambini, furono i primi a soffrire moralmente e materialmente».
Naturalmente la maggioranza nega che nell´impianto del disegno di legge sulla sicurezza ci siano ingredienti razzisti e discriminatori...
«C´è un clima di insorgente razzismo e questo è un fatto. Ripeto: Franceschini si è limitato a ricordare quel che è successo nel nostro passato. Adesso non si può più nemmeno ricordare? Sono farneticante io o quelli che pensano di costringere medici e insegnanti a denunciare i figli dei clandestini? Io, con la mia storia, dico che mi sento vicino ad ogni bambino cui possa venir detta una cosa come questa: "Fuori di qui. Non hai titolo a sederti sui banchi di scuola". Ogni provvedimento, diretto o indiretto, che coinvolga l´infanzia riporta fatalmente a ferite che abbiamo già avuto».
Fiamma Nirenstein definisce "scandalosa" l´evocazione delle leggi razziali.
«Non è neutra. E´ una deputata che appartiene all´altro schieramento».

Alessandra Longo    Repubblica 8.5.09

 




Da Lampedusa all’apartheid

Chi saranno i milanesi doc aventi diritto a posti riservati sui mezzi pubblici, nella greve fantasia del leghista Matteo Salvini? Bisognerà esserci nati, a Milàn (come usano chiamarla sul giornale di partito), o basterà la residenza?
E i brianzoli, i monzesi, perfino i sestesi che detengono il capolinea del Metrò fuori dai confini comunali, vorremo mica escluderli, in fondo sono pure loro dei poveri padani, vero? Basterà la residenza per accedere al diritto di tutela, e pazienza se ne approfitterà qualcuno nato troppo lontano dalla Madonnina, oppure il controllore Atm verrà incaricato di esaminarci il dna?
La provocazione calcolata di un capolista della Lega Nord alle prossime elezioni europee, già resosi noto per i volantinaggi di fronte alle chiese contro l´arcivescovo Tettamanzi - a propagandare un Vangelo per soli lumbard - e per avere paragonato i rom a topi, come tali da derattizzare, è un´avvertenza precisa. Il partito di Bossi investe il suo futuro politico su una riforma complessiva del diritto in senso discriminatorio. Agli immigrati non si vogliono negare solo i diritti politici legati alla cittadinanza, ma anche i diritti civili fondamentali, in una sorta di riedizione dell´apartheid.
Introducendo nel lavoro il criterio della "preferenza nazionale" in luogo della parità di trattamento a parità di contributi e versamenti. Con il "tetto" di presenze straniere nelle scuole. E ciò per i regolari dotati di permesso di soggiorno. Gli irregolari (che in Italia sono più numerosi che altrove a causa dell´economia sommersa e degli ostacoli posti alla loro emersione) vengono invece condannati a vivere nella paura.
Salvini ha voluto scandalizzare gli stessi alleati del Pdl che martedì prossimo verranno chiamati a votare la fiducia sul decreto sicurezza, con cui s´introduce nel nostro ordinamento il reato di immigrazione clandestina. In seguito al quale tutti i pubblici ufficiali - presidi e medici compresi - saranno tenuti a procedere d´ufficio nella segnalazione di chi non è in regola. Non solo la Lega vuole trascinare un Pdl renitente a sottoscrivere questa promessa elettorale, ma vuole connotare quel voto drammatizzandolo all´insegna del razzismo.
L´anticipazione di un comportamento che nega l´umanità stessa dei migranti, e quindi i doveri fondamentali di soccorso e di cura nei loro confronti, lo ha rivendicato sempre ieri il ministro Maroni: riconsegnare alle autorità libiche tutti i disperati del Canale di Sicilia - senza curarsi di quel che succederà loro - stravolge e mortifica l´etica stessa del soccorso marittimo e le Convenzioni che regolano i diritti dell´uomo. Già da qualche settimana a Lampedusa s´era notato che le motovedette non partivano più in soccorso dei natanti in difficoltà, facilmente individuabili sui radar: ora abbiamo capito che si trattava di un´indicazione venuta dall´alto. Disonorevole per il nostro paese, e inutile perché il flusso dall´Africa troverà presto vie nuove per raggiungere le coste europee. Chi fugge dalla fame e dalle persecuzioni, disposto a affrontare traversate rischiosissime, non si lascerà certo spaventare da un ministro col fazzoletto verde. Mentre dal 15 maggio, quando entrerà in vigore l´accordo italo-libico, sarà un dovere di civiltà vigilare sulla sorte delle persone trattenute nel deserto e negli altri campi di prigionia dagli agenti di Gheddafi.
Dai tram milanesi alle spiagge di Lampedusa, la Lega vuole confermarci nelle nostre più pessimistiche previsioni. Evocando, come già fece "Famiglia Cristiana", il piano inclinato che ci riporta verso le leggi razziali, Dario Franceschini non avrà forse conseguito maggiore popolarità. Ma gli sia reso il merito di non avere fatto calcoli di marketing.

Gad Lerner    Repubblica 8.5.09


 

 


Chi soffia sul razzismo con la scusa della sicurezza


Il Presidente della Camera Fini ha manifestato il suo dissenso rispetto al pacchetto sicurezza ponendo l’accento sulle norme che riguardano i medici-spia e i presidi-spia e mettendo in guardia il governo da probabili profili d’incostituzionalità. Il governo e la maggioranza, Lega compresa, sembrano aver accolto queste obiezioni e si appresterebbero a modificare queste specifiche norme: se così fosse ci si dovrebbe tuttavia spiegare perché le stesse obiezioni non riguardano i funzionari dello “stato civile spia” che sono ancora contenuti nel Ddl sicurezza e che impediranno il matrimonio (diritto umano sancito dalla carta dell’Onu, art. 16), la registrazione delle nascite e delle morti e il riconoscimento dei figli naturali.
È evidente che anche per questa fattispecie valgono i motivi d’incostituzionalità di cui sopra. Il paradosso è che per sanare la piaga della clandestinità si fa di tutto tranne l’unica cosa realmente efficace: denunciare dove gli immigrati irregolari lavorano in nero e offrire loro un’opportunità di regolarizzazione. In questo modo la stragrande maggioranza degli immigrati irregolari diventerebbero legali e la clandestinità criminale sarebbe isolata e più facilmente perseguibile.
La verità è che, con il pretesto della sicurezza, si vogliono colpire gli immigrati per dare sfogo propagandistico ed elettorale a una ondata di razzismo pericolosamente dilagante. In questo impianto legislativo s’incontrano come ulteriore materiale esplosivo le norme sulle ronde e sulla detenzione prolungata nei Cie che sembrava fossero cancellate e invece sono state di nuovo inserite. L’ispirazione razziale è confermata anche da altre norme che nulla hanno a che vedere con l’immigrazione illegale e la sicurezza. Mi riferisco alla tassa di 200 euro per rinnovare il permesso di soggiorno o chi fa richiesta della cittadinanza, o la restrizione dei ricongiungimenti familiari, l’istituzione del permesso a punti, l’innalzamento della idoneità alloggiativa, tutte restrizioni e vessazioni persecutorie che riguardano lavoratori e cittadini immigrati regolari che pagano le tasse e rispettano le leggi di questo Stato.
Questo Ddl, se approvato, rappresenta un vulnus gravissimo della nostra civiltà giuridica e dei valori di uguaglianza sanciti dalla nostra Costituzione.
Che il governo abbia posto la fiducia su questo provvedimento è un atto di arroganza nei confronti del Parlamento e di tutti quei deputati, compresi molti della maggioranza, che avevano rivendicato giustamente un voto di responsabilità e coscienza.
Se questa legge sarà approvata senza significativi cambiamenti dovremo valutare tutte le possibili impugnazioni davanti alla Corte Costituzionale e quella di Giustizia Europea non escludendo il ricorso al referendum abrogativo.

Pietro Soldini    l’Unità 8.5.09

 

 

Sono leggi razziali che discriminano i cittadini sulla base dell’identità etnica
Le norme contenute nel ddl sulla sicurezza non puniscono i comportamenti ma lo straniero perchè immigrato
Minori e aggravante di clandestinità i punti più pericolosi



La definizione di Dario Franceschini («leggi razziali») a proposito di alcune norme, già approvate o contemplate dal disegno di legge sulla sicurezza, ha suscitato scandalo. Alle reazioni furibonde del centrodestra («vaneggiamenti») si è accompagnato un qualche imbarazzo nel centrosinistra: forse si esagera un po’, signora mia. E invece, se l’evocazione storica può risultare problematica, le implicazioni giuridiche e sociali di quelle norme non lo sono affatto.
Sì, siamo in presenza di «leggi razziali». Nel senso che si tratta di norme che discriminano tra i cittadini in base alla loro identità etnica. Basti pensare alla cosiddetta «aggravante di clandestinità». Essa si applica a qualunque reato, per il solo fatto di venire commesso da un migrante irregolare, anche in assenza di alcuna relazione con la condotta a lui contestata e con il bene giuridico protetto leso da quel reato. Non meno discriminatoria la norma che qualifica come fattispecie penale quello che oggi è un mero illecito amministrativo, ovvero il soggiorno e l’ingresso irregolari nel territorio dello Stato. Si tratta di una norma in primo luogo inefficace (perché non fa che gravare i tribunali di processi destinati a concludersi con la prescrizione o con l’espulsione): e, soprattutto, dotata di una fortissima valenza culturale e simbolica. Ciò che viene punito, infatti, non è un comportamento, ma la circostanza tutta soggettiva di essere straniero e non in regola: responsabile soltanto, magari, di non aver rinnovato il permesso di soggiorno in tempo utile.
Si consideri poi che la norma si applica anche ai minori ultraquattordicenni imputabili, che peraltro - non potendo essere espulsi - saranno tra i pochi a subire un processo. Come si vede queste due norme hanno un tratto comune. In spregio al principio garantista e liberale che concepisce il diritto penale come diritto del fatto e non dell’autore, si incrimina non un (o si aggrava la pena non per un) comportamento ma si sanziona uno status amministrativo, quale appunto la condizione di regolarità. Se non sono «leggi razziali», queste, cos’altro sono? Né più né meno che altrettanti meccanismi di produzione di intolleranza per via istituzionale.
P.s. A proposito: ma perché tutti, proprio tutti (dal Tg1 ad AnnoZero) utilizzano il termine «clandestino» per definire chi, almeno finora, è semplicemente non regolare? A furia di stigmatizzare il «politicamente corretto», è fatale che si caschi nella trivialità dei concetti, oltre che delle parole.

Federico Resta    l’Unità 8.5.09