«La stampa è in pericolo»

Il nostro Paese declassato al settantatreesimo posto, al pari delle isole Tonga
La Freedom house: sistema di garanzie democratiche fragile
Italia bocciata in libertà


L’organizzazione indipendente americana che monitora la libertà di stampa nel mondo ha declassato il nostro Paese. da «libero» a «parzialmente libero». Con l’Italia retrocessi anche Israele e Hong Kong.

Nella classifica stilata per il 2009 dall’organizzazione Reporters sans frontières, l’Italia figura al quarantaquattresimo posto, su 173 Paesi considerati. Nel report si parla anche del disegno di legge sulle intercettazioni che sarebbe, si legge, «incompatibile con gli standard democratici dell’Unione europea».

Nel 2007, Amnesty International ha riscontrato leggi limitative della libertà d’espressione e di stampa in settantasette Paesi. Tra le nuove frontiere, l'organizzazione segnala in particolare le limitazioni a Internet, soprattutto in Cina, Vietnam, Egitto e Cuba.

Nel rapporto di Freedom House, su 195 Paesi esaminati, solo 70 Stati sono classificati “free” (36 per cento del campione). Sessantuno (31 per cento) sono “parzialmente liberi” e 64 (pari al 33 per cento) sono considerati “non liberi”.

La libertà di stampa si sta riducendo in tutto il mondo. Anche in Italia che - per la prima volta - viene declassata da Paese «libero» (free) a «parzialmente libero» (partly free). Emerge dal Rapporto 2009 della Freedom House, un’organizzazione indipendente americana che da trent’anni analizza lo stato della libertà di stampa in 195 Paesi. L’Italia è al 73esimo posto alla pari di Tonga.
«L’arretramento - si legge nel documento - non è limitato agli Stati tradizionalmente autoritari. Con l’Italia scendono di categoria Israele e Hong Kong». Eppure, «l‘Europa Occidentale resta la regione con la maggiore libertà». La FH elenca le ragioni della retrocessione del nostro Paese, dove le libertà sono «fragili»: «La libertà di parola è stata limitata dai tribunali, da nuove leggi, dalle crescenti intimidazioni ai giornalisti da parte di criminalità organizzata e gruppi di estrema destra, e per le preoccupazioni sulla concentrazione della proprietà dei media».
I criteri del Rapporto sono tre: il contesto legale (leggi e regolamenti che possono influenzare i media o restringere la loro operatività); quello politico (il livello di controllo politico sui media, indipendenza e censure); il contesto economico (trasparenza, risorse pubblicitarie, corruzione). La ricercatrice della FH Karin Karlekar spiega che la retrocessione è dovuta anche al secondo mandato di Berlusconi premier: «Il suo ritorno nel 2008 ha risvegliato i timori sulle concentrazioni di mezzi di comunicazione pubblici e privati sotto una sola guida».
Leggi punitive
Tra gli elementi indicatori della libertà di stampa ci sono le garanzie costituzionali. Mentre in senso opposto agiscono norme penali che restringono la possibilità di fare informazione o sanzionano i giornalisti.
In questa categoria rientra il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni, all’esame del Parlamento, che vieta la pubblicazione di tutti gli atti di indagine fino al dibattimento e prevede il carcere per i giornalisti. Un testo considerato un «bavaglio» da Fnsi, Fieg, Ordine Gionalisti e Unione Cronisti che accusano: il governo vuole cancellare gli articoli 20 e 101 della Costituzione, le sentenze della Cassazione che definiscono la stampa «cane da guardia della democrazia, le indicazioni dell’Unione Europea». Anche Pecorella, avvocato di Berlusconi, ha espresso dubbi sulla costituzionalità del ddl: bisogna tutelare la privacy senza azzerare un importante strumento di indagine.
Censura e autocensura
La FH indaga fino a che punto il governo possa determinare i contenuti dei media, se esista censura ufficiale o clandestina, se i cronisti siano spinti ad autocensurarsi o intimiditi da «violenza di Stato».
Sull’invadenza del governo, si può citare la frase di Berlusconi ad una recente conferenza stampa, rivolta a una giornalista Rai: «Cosa scrive lei? Non sa che a casa mia si stanno facendo le nomine di Viale Mazzini?». O quanto lo stesso premier ha detto in una conferenza stampa di ottobre (in piena protesta studentesca): «Portate ai vostri direttori i saluti miei e del ministro Gelmini». Dichiarazioni stigmatizzate dalla Fnsi: «Parole minacciose, i colleghi continuino a fare il loro lavoro».
Capitolo censure: il cda Rai ha punito con l’allontanamento temporaneo dal video Vauro, il vignettista di Annozero, reo di avere attaccato il governo sul terremoto.

Federica Fantozzi    l’Unità 3.5.09