"Il Quirinale ha fatto bene così tutela la Costituzione "
intervista a Oscar Luigi Scalfaro a cura di Sebastiano Messina



Oscar Luigi Scalfaro non ha dubbi: Napolitano si è mosso in modo ineccepibile. «Il comportamento
del capo dello Stato mi pare assolutamente rispondente ai suoi poteri e alle norme della
Costituzione. Il capo dello Stato può non firmare. A me capitò di farlo...».

E´ uno dei casi che il presidente della Repubblica ha citato nella sua lettera a Berlusconi: il decreto
sul finanziamento pubblico dei partiti.
«Quello fu un caso. Ma ne ricordo un altro più clamoroso, quando ci fu un urto col presidente del
Consiglio Giuliano Amato. Un caro amico da sempre».

Già, il decreto "colpo di spugna".
«Era un decreto legge che avrebbe cancellato una serie di reati. Il provvedimento portava la firma
del Guardasigilli, il professor Conso, persona degnissima. Però era fuori delle intese che c´erano
state con presidente del Consiglio. E soprattutto a me parve un provvedimento privo della serietà
necessaria. Per esempio prevedeva che le persone che avevano commesso certi reati, la sanzione era
che per tre anni non potevano essere nominati ministri o sottosegretari. Queste mi parvero delle
cose assolutamente non accettabili, anche di fronte al senso di giustizia della gente».

E Amato cosa rispose?
«Che per i vincoli di maggioranza non poteva ritirare il provvedimento, però prendeva atto del mio
rifiuto di firmarlo. Riaprendo totalmente la questione. Un caso molto diverso da quello di oggi,
certo. Ce ne sono stati altri, che hanno tutti un punto in comune: il rifiuto del capo dello Stato, con
una motivazione che può essere politica o giuridica, di apporre la propria firma. Di fronte a questa
posizione del capo dello Stato non mi pare che si possano fare eccezioni».

Però oggi Berlusconi ha rivendicato a sé, e non al presidente della Repubblica, il potere di verificare
l´esistenza dei requisiti costituzionali di necessità e urgenza.
«Dunque il capo dello Stato non dovrebbe interessarsi di queste due condizioni?».
Così sostiene Berlusconi.
«Io non amo assolutamente entrare in polemica col presidente del Consiglio. Credo però che
chiunque debba apporre una firma a un provvedimento abbia il diritto, vorrei dire il dovere, di
controllare che ce ne siano i presupposti. Perciò condivido totalmente gli argomenti giuridici che il
capo dello Stato ha espresso nella lettera al governo per dire: non fate il decreto, io non mi sento di
firmarlo».

Napolitano ha citato, nel «poscritto», cinque precedenti. Uno dei quali è il suo no al decreto legge
del 1993 sul finanziamento dei partiti. Ricorda come andarono le cose?
«Mi sembrava che non fosse logico intervenire con un provvedimento d´urgenza. Ma con questo
non negavo la necessità di intervenire, in forma diversa, su un tema così delicato: la possibilità che
lo Stato aiutasse i partiti a vivere. Oggi, nel momento in cui sono entrate nella politica persone che
hanno delle possibilità economiche, bisogna stare attenti che a un certo momento il potere di
svolgere attività politica diventa un potere riservato a chi ha particolari possibilità economiche. E
questo mi sembra contrastante con ogni principio di democrazia».

Anche in quel caso, il presidente del Consiglio prese atto del suo "no".
«Non c´è dubbio. Accettò il rifiuto».
Lei è in Parlamento sin dalla Costituente. Ricorda il caso di un presidente del Consiglio che abbia
contestato il rifiuto del capo dello Stato di firmare un decreto legge?
«No, non si è mai sentito nulla del genere. Mai. Una volta c´era un rispetto reciproco. Adesso i toni
che si usano sono spesso sopra le righe. Si parla di dialogo, ma il dialogo è innanzitutto un grande
rispetto delle responsabilità e delle idee dell´altro. Il capo dello Stato è al di sopra delle parti, e ha il
dovere di esprimere e di motivare la sua volontà. D´altra parte il governo ha poi altre strade, per far
approvare un provvedimento. Bisogna lasciare che si calmino le acque, che decantino le prime
espressioni un po´ passionali, per poi esaminare le cose con la dovuta pacatezza.».

Berlusconi ha annunciato di voler far approvare, sul caso Englaro, una legge con procedura-lampo.
E´ corretto, che il governo usi il Parlamento per sfidare un capo dello Stato che ha osato bocciare un
decreto legge?
«Se il Parlamento è convocato, è convocato per fare una legge, che è il suo compito. Con grande
serenità, dobbiamo dire che il Parlamento ha avuto tutto il tempo per intervenire. Sono 17 anni che
questa povera creatura sofferente è ridotta così. Vari Parlamenti hanno avuto modo di fare una
legge, ma non l´hanno fatto. Se oggi il Parlamento è in condizione di approvare una legge nel giro
di qualche giorno, come ho sentito, fa il suo dovere. Chiunque si muova nell´ambito dei suoi poteri
merita rispetto. Speriamo solo che sia una legge assolutamente equilibrata».

Nel caso Englaro è difficile trovare un punto d´equilibrio. Lei ne vede qualcuno?
«Non voglio dire nulla su questa vicenda. Premesso che sulla difesa della vita non c´è discussione,
penso che si sia passato il limite. Taluni, in omaggio ai sacri principi, emettono sentenze definitive e
giudizi irrevocabili. Sono cose inaccettabili. Incivili. Se qualcuno le fa in nome dei principi
cristiani, io credo che i principi cristiani parlino di amore, di carità, di comprensione, di
partecipazione alla sofferenza. Ma non vedo cosa c´entri con i principi cristiani un´invasione così
aggressiva dello spazio di libertà di ciascuno»

la Repubblica  7 febbraio 2009