«Siamo caduti così in basso che non si discute più del merito delle
questioni...»
intervista a Beppe Del Colle a cura di Luca Sebastiani
«Siamo caduti veramente nel ridicolo». Il giorno dopo il vespaio di polemiche
scatenate dal suo
editoriale su Famiglia Cristiana, Beppe Del Colle è sconsolato. «Mi sono
limitato a riportare le frasi
di un’autorevole rivista - dice - ma evidentemente siamo arrivati così in basso
che non si discute più
del merito delle questioni, ma si attacca a prescindere».
Del Colle, a destra hanno rimandato al mittente le accuse di fascismo dandole
del
manganellatore...
«Guardi, io ha riportato le preoccupazioni di Esprit, esattamente come il giorno
prima tutti
riportavano l’elogio del Newsweek sul miracolo di Berlusconi. E ho riportato
quei giudizi
dell’autorevole rivista francese nella polemica che ci ha opposti al
sottosegretario Giovanardi che ci
aveva definito cattocomunisti perché avevamo liberamente criticato le politiche
del governo sulla
sicurezza».
E cosa dice Esprit?
«Una cosa semplice. E cioè che la durezza manifestata nei confronti dei rumeni e
dei rom con la
questione delle impronte da prendere ai bambini, è il segnale di qualcosa di
preoccupante che sta
avvenendo in Italia. Un discorso, questo, contenuto in un ragionamento più ampio
sulla tendenza al
declino della Democrazia, declino manifesto, per Esprit, in due casi in
particolare: nel populismo di
Berlusconi e nell’autoritarismo di Putin».
Si ma la destra dice che lei usa toni squadristi...
«Siamo alla barzelletta. Senza discussione sul merito della questione, prima ci
attaccano dandoci
dei cattocomunisti e poi definendoci fascisti. A parte che nelle preoccupazioni
di Esprit sul ritorno
del fascismo Gasparri potrebbe leggerci anche un augurio. Io da parte mia mi
auguro che non torni
mai, ma devo dire che alcuni atti del governo puzzano proprio di fascismo».
Anche il Vaticano però ha preso le distanze da Famiglia Cristiana, spiegando
che voi non
esprimete il punto di vista della Santa Sede...
«Mi sembra un’osservazione giusta. La responsabilità è del giornale che
liberamente esprime il suo
punto di vista senza andare contro né alla legge né tantomeno alla dottrina
cristiana».
in “l'Unità” del 15 agosto 2008
“non saremo mai
nella schiera dei soldatini schierati”
intervista a don Leonardo Zega a cura di Ugo Magri
Ci risiamo, don Zega, con le sconfessioni vaticane...
«Nessuna sconfessione».
Quella di padre Lombardi, allora?
«Il direttore della Sala stampa ha messo in chiaro ciò che era già evidente a
tutti: Famiglia Cristiana
non è la voce della Santa Sede. Nemmeno l’organo della Conferenza episcopale.
Siamo un giornale
che fa capo a un istituto religioso, la Società San Paolo, fondato per la
comunicazione».
E dunque?
«Comunicare è la nostra ragion d’essere. Lo facciamo con un seguito importante,
che merita
rispetto. Ma se non potessimo raccontare la vita quotidiana, le difficoltà della
gente, il modo in cui
vengono trattati i poveri in questo Paese, noi che ci staremmo a fare?».
Qualche problema coi Sacri Palazzi, lo ammetterà, si è creato.
«A me non risultano richiami o rimbrotti da parte dei nostri superiori. Ho
appena sentito don
Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana».
In che stato d’animo vive il suo successore?
«Sereno e tranquillo. Per niente turbato».
Dieci anni fa proprio lei finì nel mirino...
«In realtà quella volta fu tutta la San Paolo a finire sotto scrutinio, non solo
Famiglia Cristiana. La
Santa Sede voleva verificare se per caso fossimo andati fuori strada rispetto
all’ortodossia dei
principi. Fu deciso che fuori strada non eravamo andati».
Che cosa dava fastidio, a quel tempo?
«Magari il nostro successo. Che non si perdona facilmente a chi lo
raggiunge...».
Che altro?
"Forse il modo, i toni».
Il linguaggio un po’ troppo puntuto?
«Aperto e sincero, lo definirei».
Tanto sincero da far imbestialire i politici.
«Se non si parla liberamente, non si fa più un giornale ma un bollettino, un
foglio d’ordine. Bisogna
poter esercitare le critiche senza che si scatenino risse o si arrivi
addirittura, come in questi giorni, a
minacciare querele».
Come le spiega?
«Certuni ci vorrebbero come tanti soldatini allineati, pronti a far da megafono.
Però noi paolini
possiamo rinunciare a tutto, non alla libertà, perché è il nostro pane».
Quindi tirerete diritto...
«Incontri e scontri fanno parte della normale dialettica».
Perfino nella Chiesa?
«Certo. L’unanimismo cattolico, specie nella comunicazione, non è mai esistito.
Non trovo
scandaloso che Comunione e liberazione, per fare un esempio, abbia punti di
vista diversi sulle
questioni socio-politiche. Va bene, va benissimo. Nella Chiesa c’è posto per
tutti».
Anche per voi?
«Anche per noi, spero. Viva la varietà, viva la differenza. Le cose su cui
bisogna essere davvero
unanimi e compatti sono poche, e riguardano le verità di fede e di morale».
Sul resto?
«Si possono avere opinioni anche contrastanti. Purché rispettose della carità,
come diceva
Sant’Agostino. Non per nulla Paolo VI aveva invitato i vescovi a promuovere una
pubblica
opinione all’interno della Chiesa».
Poi però sono arrivati Wojtyla e Ratzinger...
«Non è che la linea della Chiesa sia tanto cambiata. Ogni Papa certo la
interpreta a modo suo, ma
questo è normale».
Insomma, niente di nuovo sotto il sole?
«Noi di Famiglia Cristiana siamo come l’America. Solo che quella l’hanno
scoperta una volta per
tutte, a noi invece ci riscoprono ogni tanto».
in “La Stampa” del 15 agosto 2008
«Nessuna
sconfessione. Siamo un giornale libero»
intervista a don Antonio Sciortino a cura di Frida
Nacinovich
Don Antonio Sciortino è il direttore di "Famiglia cristiana". Un uomo di fede ma
anche un
giornalista finito nell'occhio del ciclone per aver osato criticare l'operazione
del Viminale "impronte
ai bimbi rom", e l'intero "decreto sicurezza" approvato a tambur battente dalla
destra berlusconianleghista
di governo.
Direttore, si aspettava tutto questo clamore?
Sono sorpreso. Forse a rendere così rumorose, quasi assordanti le nostre prese
di posizione è il
silenzio degli altri organi di stampa. Noi diciamo le stesse cose da anni,
riservandoci libertà di
giudizio abbiamo sempre mantenuto la medesima linea con tutti governi. Non
abbiamo fatto sconti
a nessuno, né a Prodi né a Berlusconi, giudichiamo i singoli atti del governo
alla luce della dottrina
sociale della Chiesa.
Eppure l'hanno accusata di cattocomunismo, criptocomunismo, addirittura di
fascismo. La
fede l'aiuterà ad essere tranquillo, resta il fatto che è nell'occhio del
ciclone.
Quando a palazzo Chigi c'era il centrosinistra abbiamo fatto sapere che Dico e
Pacs non erano in
linea con le nostre posizioni. Prima delle elezioni di aprile, durante la
campagna elettorale, abbiamo
rimproverato a Veltroni l'accordo con i Radicali, un'intesa non gradita al mondo
cattolico. Ci stiamo
comportando allo stesso modo con l'attuale maggioranza, senza pregiudizi. Anzi,
se ricorda bene
abbiamo apprezzato il discorso alle Camere di Silvio Berlusconi. In occasione
del voto di fiducia al
governo dicemmo che quello dell'attuale premier era un intervento da statista.
Poi, di volta in volta,
esaminiamo i provvedimenti del governo e diamo il nostro giudizio. Ad esempio ci
sono piaciute le
misure contro fannulloni e parassiti statali del ministro Brunetta. Così come
l'opera fatta per ripulire
Napoli dall'immondizia. Al contrario abbiamo criticato e definito non opportuni
i provvedimenti che
affrontavano come emergenze questioni che emergenze non sono.
Sta parlando della "sicurezza", dell'esercito nelle città, dei regolamenti
"anti-tutto".
Sappiamo che a "Famiglia cristiana" non sono piaciuti, cosa avrebbe suggerito al
loro posto?
Quello che fanno i paesi civili, provvedimenti normali e non speciali. Perché la
vera emergenza è la
povertà delle famiglie che non arrivano alla terza settimana del mese, spesso
neppure alla seconda.
Questo è il vero dramma nazionale, cui non rispondono adeguatamente né il
governo né
l'opposizione.
"Famiglia cristiana" ha attaccato in particolare «la sciocca ed inutile
trovata di rilevare le
impronte digitali ai bambini rom» . Nell'editoriale ci si augura che «non stia
rinascendo il
fascismo, magari sotto altre forme».
In merito a questa espressione, è stato semplicemente ripreso il giudizio di
un'autorevole rivista
francese, "Esprit", che ipotizza per l'Italia un ritorno a nuove forme
autoritarie di governo.
L'editorialista si è augurato che si riveli infondato questo sospetto. Dunque
non abbiamo scritto che
l'Italia è fascista e naturalmente ci auguriamo che non lo diventi.
L'unico schieramento riconosciuto dalla rivista dei Paolini è quello in
difesa delle famiglie.
Non le è bastato ad evitare un autentico diluvio di critiche. Perché?
In tutti questi anni il settimanale ha condiviso con la Santa Sede e il
magistero della Chiesa la
battaglia morale in difesa della vita umana e della famiglia basata sul
matrimonio. Siamo in perfetta
sintonia con i principi morali irrinunciabili sempre ricordati da Bapa Benedetto
XVI.
Una nota Vaticana puntualizza che "Famiglia cristiana" non è l'organo
ufficiale della Santa
Sede. Dopo le polemiche e lo scontro con il governo a parlare è il direttore
della sala stampa
padre Lombardi. «"Famiglia cristiana" è un settimanale importante della realtà
cattolica, ma
non ha titolo per esprimere né la linea della Santa Sede né quella della
Conferenza episcopale
italiana». Non vi sentite scaricati?
Per niente. Mai ci siamo sognati di rappresentare ufficialmente il Vaticano o la
Cei, che hanno loro
organi ufficiali di stampa: l'"Osservatore Romano" e l'"Avvenire". La
dichiarazione di padre
Lombardi è formalmente corretta. Mi pare invece scorretto se qualcuno volesse
interpretare questa
dichiarazione come una sconfessione. "Famiglia Cristiana", come tutte le altre
testate giornalistiche
di matrice cattolica si muove in perfetta sintonia con il magistero della Chiesa
e con la sua dottrina
sociale, ma può godere di una sua autonomia di intervento nel dibattito politico
generale.
Manifestiamo il nostro libero e autonomo giudizio sui fatti di attualità e di
cronaca ma siamo
sempre stati perfettamente allineati con il magistero della Chiesa.
in “Liberazione” del 15 agosto 2008
«Noi cattolici
dalla parte dei più deboli»
«Famiglia cristiana ha dato voce a quella parte di opinione pubblica che non può
non reagire alla
raffica di provvedimenti del governo contro i più deboli. E’ una voce scomoda e
per questo ha
suscitato reazioni inaccettabili». Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della
Pace, non solo
esprime solidarietà al direttore di Famiglia cristiana, ma cerca di analizzare
quello che sta
succedendo dentro e fuori il mondo cattolico e politico.
«La politica dei partiti a destra e a sinistra è bloccata, non ricordo un
periodo peggiore. Parlo anche
dell’opposizione, sia quella in parlamento sia quella rimasta fuori. In questa
situazione le voci
dissonanti verranno sempre più spesso dalla società civile. Famiglia Cristiana
si è fatta portavoce di
critiche piene di questi contenuti. Il tono insultante delle reazioni politiche
è molto preoccupante: è
in gioco la libertà d’espressione. Se viene negata anche a Famiglia cristiana,
figuriamoci agli altri.
Siamo in un momento di forte scontro anche tra cattolici, ma è veramente
contrario allo spirito
cristiano lanciare epiteti offensivi, come ha fatto Giovanardi, senza rispetto
dell’altro».
Fabio Corazzina, coordinatore di Pax Christi, è stupito tre volte. La prima
perché «per un cattolico
schierarsi dalla parte degli ultimi dovrebbe essere normale. Questa è la linea
del Vangelo. Non vedo
che ci sia di strano nel fatto che lo faccia Famiglia cristiana». In secondo
luogo la puntualizzazione
del Vaticano è «una excusatio non petita. Nessuno ha mai detto che Famiglia
Cristiana parli per la
Cei o per il Vaticano. Ma non c’è bisogno di ripetere la posizione degli organi
ufficiali per dire
qualcosa di evangelico. Sfido chiunque a dire che quei contenuti siano in
contrasto con la dottrina
sociale della Chiesa». Infine è stupefatto dalla violenza delle reazioni, «quasi
che in questo
momento o si è allineati o non sia ha diritto di opinione». Anche per Corazzina
Famiglia cristiana
dà voce alla base della società: «Il timore è che questa voce non possa più
essere liquidata come
opinione di gruppi minoritari, ma si faccia sentire con forza. Finché esprimeva
le indicazioni di
Ruini e del Family Day nessuno aveva nulla da dire, ma se dà spazio a queste
voci critiche, allora
apriti cielo».
Per Don Tonio Dell’Olio, responsabile di Libera ed ex coordinatore di Pax
Christi, non tutto il male
viene per nuocere. Giudica infatti positivo che si animi un dibattito che «in
ambito ecclesiale è stato
bloccato dalle prese di posizioni della gerarchia». Per Dell’Olio «si sta
costituendo un movimento
di sinistra cristiana, esprimerne i contenuti è del tutto legittimo. Ma siamo in
un clima culturale di
forte contrapposizione: ogni parola diversa diventa schierata. Mentre nella
società si criminalizza la
debolezza e persino la normalità. Ieri un nostro amico di Pax Christi è stato
multato perché in un
parco di Vicenza stava leggendo un libro. Dicono che non poteva farlo».
G. Sal. in “il manifesto” del 15 agosto
2008