"Etnia", la parolaccia che avvelena il mondo


Il mese più crudele non è - come credeva Eliot- aprile, bensì agosto, almeno dal 1991, da quando
cioè l'affermarsi di una gestione unipolare degli affari mondiali ha spezzato e spazzato via persino il
falso e ambiguo equilibrio del terrore, espresso dal fatale acronimo MAD (mutua assicurazione di
distruzione) con una parola che significa anche follia.
E non c'è rutilante immagine delle Olimpiadi, ricerca e rappresentazione della bellezza di corpi
atletici che gareggiano senza armi, che possa prendere il posto, cancellare l'orrore delle vite
stroncate dalla guerra in Georgia. Nel corso delle Olimpiadi antiche ogni conflitto taceva, non più
oggi quando siamo tanto "moderni" o addirittura "postmoderni". Riappaiono guerre atrocissime: e
forse le nostre giornate di vacanza non ne sono turbate?
Non su tutto si può mediare, nè sottrarsi alle responsabilità: non si possono accusare gli astri o le
streghe o una qualche maledizione celeste. Vi sono responsabilità politiche precise, che a partire
dalla dissoluzione della ex- Jugoslavia in Europa e nel mantenere aperto il conflitto in Medio
Oriente mantengono sotto ricatto il mondo. Da quando la ex Jugolasvia è stata fatta saltare con i
primi riconoscimenti delle secessioni etniche (da parte della Germania e del Vaticano) si è aperta
una valanga una cascata di disgrazie etniche, di guerre atrocissime, di vendette senza fine.
Non sono estranee a tutto ciò le indulgenze, i favoreggiamenti, che dall'attuale maggioranza
vengono e non sono respinte, non denunciate con forza e ribrezzo dalle opposizioni parlamentari,
verso atteggiamenti chiaramente razzisti, che provocano inquinamenti culturali et etici gravi,
addirittura indizione di crociate da parte di Borghezio. L'odio e il disprezzo e la richiesta di pulizia
etnica negano qualsiasi impianto universalistico internazionalistico umanistico della storia e cultura
europea. E mondiale.
Che fare? non su tutto si può mediare, non su tutto si può passare. Il razzismo nasce dalla cultura
delle "identità etniche" assolutizzazione delle appartenenze nazionali, che ben si collocano sotto il
segno di quel falso universalismo che viene chiamato globalizzazione.

Ma ora troppo è l'orrore, troppo il disgusto, troppo il dolore, per farci su analisi e discorsi. Sono
convinta che occorra trovare un momento, una parola, un foglio, una pausa umana per dichiarare
solennemente che siamo uomini e donne che apparteniamo alla terra e al cielo stellato sotto cui
viviamo e moriamo e non ad altro, che qualsiasi tentativo di arruolamento sotto bandiare avvelenate
e traditrici deve essere rifiutato con serena fermezza e che la causa dell'umanità deve passare oltre
ogni ostacolo per ridire parole che l'Europa ha conosciuto e poi negato e poi dimenticato e che ora
non ritrova: le risorse sono misurabili e non si possono sprecare, la terra è di tutti e tutte, di chi vi
nasce, fornito di diritti che non dipendono da doveri. E gli stati reprimono questi diritti usando la
guerra per le politiche imperiali. Bisogna opporsi in nome delle vittime innocenti di conflitti che
insanguinano il pianeta di un colore che nessuna pioggia può lavare. Bisogna far arrivare ovunque
la voce di chi si riconosce in una comune umanità senza frontiere.
Lo possiamo fare noi sinistra, noi Rifondazione che paghiamo caro il prezzo di nostri errori
riconosciuti e di generosità negate, e che ancora intendiamo agire, lottare, pensare perchè vi sia un
altro mondo possibile, che rifiuti con disgusto e vergogna di dividere le persone in nome di
qualsiasi "etnia" (una vera parolaccia).
Facciamo dunque partire un messaggio che dica solo " Basta!", nessuna causa merita che
diventiamo nemici, nessuna causa può chiedere che altre persone siano uccise, assassinate, negate.
Davvero si è alla disperazione, e non si può tacere, non si può assistere.
Anche se qualsiasi cosa ci venga in mente appare dolorosamente insufficiente, incredibile, non
possiamo tacere, diciamo "basta": che le organizzazioni politiche internazionali ritrovino una voce e
ascoltino i popoli. Le N.U. ritrovino le parole della loro carta fondativa: senza di ciò perdono tempo
in trattative che durano anni senza concludere nulla. La loro ragione fondativa fece dire che la
guerra è sempre un crimine e dunque a ciò bisogna appellarsi e premere. Contra spem. Anche contro
ogni speranza.

Lidia Menapace            Liberazione  10 agosto 2008