“Indifferenza, male peggiore dei rifiuti”


Il cardinale Sepe su Torregaveta: che tristezza quelle bimbe morte in mezzo ai bagnanti. Il
cardinale: scene orribili che a Napoli non vorremmo mai più vedere


Le foto ritraggono i corpi senza vita di due ragazzine appena annegate, adagiati in riva al mare e
coperti pietosamente con un asciugamano. Sullo sfondo si vedono bagnanti rimasti tranquillamente
in spiaggia, «forse perfino infastiditi dalla visione di quei due teli che ingombravano l´arenile».
Scene «tristi e orribili», che fanno più male di quelle scattate durante la crisi dei rifiuti, le definisce
l'arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe. È indignato, il presule, per l´indifferenza seguita alla
tragica morte di Violetta e Cristina, rispettivamente 12 e 11 anni, le cuginette rom andate sulla
spiaggia di Torregaveta per vendere oggetti e annegate sabato tra le onde del litorale flegreo.
«Sono queste le immagini che della nostra città non vorremmo mai vedere, perfino più di quelle che
hanno mostrato per il mondo una Napoli sommersa dalla spazzatura - dice il cardinale - la tristezza
viene non solo da quei due corpi sotto i teli, segno di una tragedia ancor più penosa di quelle
catalogate come "morti sul lavoro", ma proprio dalla gente sull´arenile che non prendeva parte e
non si sentiva per niente coinvolta. Girarsi dall´altra parte, o farsi gli affari propri, può essere a volte
più devastante degli stessi eventi che accadono», è il monito lanciato dall´arcivescovo che intravede
all´orizzonte i fantasmi di un´altra spina per la città appena uscita dal disastro dei rifiuti: quella
dell'indifferenza: «Questo non è un sentimento per gli esseri umani - ragiona il cardinale Sepe - e
meno che mai poteva e doveva essere per Violetta e Cristina, già segnate da una vita di stenti e forse
debilitate dal peso di pregiudizi difficili da sopportare per la loro età». Per Napoli, aggiunge
l'arcivescovo, «è tempo di parole chiare. E non vorremmo che proprio l´indifferenza, in una
comunità così generosa e ricca di umanità, possa profilarsi come una, e più grave, emergenza».
L´analisi del presule è lucida, amara. «Dal fronte delle tante crisi è stato appena possibile tirare un
sospiro di sollievo per una città indubbiamente più pulita e presentabile - dice - ma la Chiesa ha il
compito di guardare fin dentro l´animo dei suoi figli. E se il velo dell´indifferenza si ispessisce,
tutto diventa più opaco e tutto può diventare irrimediabilmente sporco». Violetta e Cristina avevano
raggiunto la spiaggia di Torregaveta dal campo nomadi di Secondigliano-Scampia per vendere
calamite e oggetti insieme ad altre due ragazzine di 15 e 8 anni che sono riuscite a salvarsi grazie
all'intervento dei soccorritori. La Procura ha aperto un´inchiesta per far luce sulle cause
dell'annegamento. Ieri le parrocchie di Monte di Procida e Bacoli hanno dedicato alle piccole
vittime la preghiera domenicale. Il cardinale Sepe auspica che con il loro sacrificio Violetta e
Cristina possano «entrare nell´anima e finanche nella storia di questa Napoli così complessa e
difficile». Un modo per cancellare l´immagine di quegli sguardi incapaci di tradire emozioni,
davanti al dramma di due ragazzine.

Dario Del Porto        la Repubblica 21 luglio 2008

 

 

 

Violetta, Cristina e gli indifferenti


Violetta e Cristina Ebrehmovic, due bambine rom sono annegate a Napoli vicino Pozzuoli.
Avevano 12 e 11 anni ed erano di origine slava.
Ora queste due bambine non potranno più essere vendute come la loro coetanea di Brescia e
sposarsi a dodici anni, non potranno mai più essere costrette a elemosinare o a commettere piccoli
furti, non potranno più rubare i bambini alle brave mamme napoletane, non saranno rappresentate
nei disegni dei bambini di Ponticelli come cattivi da bruciare.
Dunque va tutto bene. Non c’è bisogno di agitarsi, di lasciarsi andare al sentimentalismo o, peggio
che mai, ai sensi di colpa per una morte che poteva essere evitata se solo qualche bagnante in più si
fosse distratto dalle sue occupazioni. Questa volta nell’acqua non c’erano i bambini italiani e fuori
non c’era il solito extracomunitario generoso disposto a morire pur di salvarli come è successo
spesso. Questa è tutt’altra storia. Questa volta dal mare vengono estratti due piccoli corpi dalla pelle
scura, che forse hanno pure infastidito gran parte dei bagnanti offrendo loro qualche cianfrusaglia.
Fuori dal mare, vicino a chi è intervenuto salvando due altre bambine del piccolo gruppo, ci sono le
persone «normali» che continuano a prendere il sole, che sorseggiano una bibita fresca e chiamano i
loro amici e parenti con il loro cellulare ultimo modello a pochi metri dai corpi senza vita di due
piccole zingare che volevano fare un bagno in una calda giornata d'estate e divertirsi come tutti i
bambini del mondo.
Di fronte a questo fatto, come a tutti quelli che si sono succeduti in questi ultimi mesi, io mi ripeto
la stessa domanda, una domanda dolorosa: l’indifferenza delle persone «normali» di fronte a questa tragedia a cosa è dovuta?

È possibile che sia dipesa dal fatto che erano annegate «solo» due
bambine rom? Oppure ormai questa società è diventata un enorme tritacarne che macina qualsiasi
orrore? Di solito in questi casi ci si interroga sulle responsabilità. Di chi sono: della società, della
politica, dei media? Se c’è qualcuno che ancora lo vuole fare forse è bene che però parta da se
stesso, perché ciascuno di noi si deve interrogare sulla sua parte di responsabilità, sulla sua
indifferenza, sul suo egoismo, senza aspettare che sia sempre un qualche ente esterno, in questo
caso il portavoce dell’alto commissario dell’ONU per i rifugiati che si indigni.
Nel frattempo Violetta e Cristina non potranno più subire gli sgomberi, i roghi dei campi, i loro
giocattoli non saranno più distrutti dalle ruspe, non avranno più il terrore che i poliziotti vengano
per accertare la loro appartenenza religiosa ed etnica e a prendere le loro impronte digitali.
 

Dijana Pavlovic    l'Unità  21 luglio 2008

dijana.pavlovic@fastwebnet.it