“La norma filo-preti? Un regalo alla Chiesa oltre il Concordato”

intervista a Francesco D'Agostino a cura di Giacomo Galeazzi


«E’ arrivata da Palazzo Chigi una sistemata iper-garantista, una concessione benevola attraverso cui
il governo garantisce le autonomie processuali della Santa Sede oltre quanto stabilito dal
Concordato». A illustrare l’origine e gli effetti della clausola-preti è il professor Francesco
D’Agostino, presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani.

Professore, cosa cambia adesso nei rapporti Stato-Chiesa?

«Lo Stato italiano con questa norma concede ai sacerdoti, ai religiosi e soprattutto ai vescovi più di
quanto il Concordato non richieda. Deriva da un’intesa concordataria che lasciava ancora delle
ambiguità interpretative. Questo disegno di legge è un modo benevolo con cui l’Italia garantisce
ulteriormente alcune autonomie, in questo caso processuali, alla Santa Sede. Si tratta di un
riconoscimento di particolari prerogative, un po’ come accadde nel 1929 quando tutti i cardinali
furono equiparati dallo Stato ai principi del sangue».

La clausola è stata richiesta dalla Santa Sede?

«Per certi aspetti è una norma che generosamente concede ulteriori garanzie, per altri è una norma
che la Santa Sede attendeva e ha implicitamente sollecitato per impedire il ripetersi di casi come
quelli del cardinale di Napoli, Michele Giordano, intercettato per una vicenda di usura alla quale
risultò poi del tutto estraneo. La parte della nuova normativa sulle intercettazioni ha voluto
escludere ogni equivoco e dare una sistemata iper-garantista a questo punto. Il punto-chiave,
comunque, è la dilatazione del principio concordatario».

Perché?

«Nel caso Giordano si discusse molto in Vaticano se ci fosse stata una violazione del Concordato
per il fatto che il cardinale fosse stato sottoposto a intercettazioni. Adesso viene data
un’applicazione dettagliata e si è rimesso mano all’intera materia fissando, tra l’altro, che l’autorità
ecclesiastica debba essere avvertita in caso di coinvolgimento di un sacerdote o di un religioso e
che, di fronte ad ogni misura cautelare personale, il pubblico ministero sia tenuto a inviare subito
l’informazione alla Chiesa. Ma soprattutto la novità è che quando è indagato o imputato un vescovo

o una figura equivalente, il pm deve informare non il presidente della Cei, che non è un alter ego
dello Stato, bensì il cardinale Segretario di Stato vaticano».
 

in “La Stampa” del 15 giugno 2008
 

 

 

Bindi, no a eccezioni sui sacerdoti: niente privilegi


«Sono assolutamente contraria a una norma che crei privilegi per qualunque esponente di qualsiasi
religione». Così Rosy Bindi, intervistata da Lucia Annunziata nel corso di In mezz'ora, ha
commentato il ddl sulle intercettazioni che prevede che per intercettare un prete si debba avvisare il
vescovo. Questa norma era presente anche nel disegno di legge preparato da Mastella, ma la Bindi è
stata decisa: «Se c'era, io non me ne ero accorta e chiedo scusa, perché sono contraria a questo
provvedimento». Un no unanime al ddl è arrivato anche dalla Federazione europea dei giornalisti:
«Un'iniziativa che mette il bavaglio alla stampa».

in “Corriere della Sera” del 16 giugno 2008
 

 

 

 

Una legge di Bolzano: «Le scuole diffondano le radici cristiane»


L'Alto Adige, la scuola, il cristianesimo. E la rana di Kippenberger: cioè la «scandalosa» scultura
(un anfibio verde inchiodato alla croce, con la lingua fuori e il boccale di birra nella mano destra),
esposta al Museinon di Bolzano, che nelle scorse settimane ha suscitato clamore in città, facendo
insorgere i cattolici più intransigenti, con il sostegno delle gerarchie ecclesiastiche e del presidente
Luis Durnwaldner, impegnato a chiederne la rimozione. Sembra incredibile, eppure le polemiche
attorno a questa opera dell'artista tedesco hanno creato il clima favorevole affinché il Consiglio
provinciale approvasse una legge scolastica (asili, elementari e medie inferiori) che, nell'articolo 1
(comma C) introduce quel concetto rimasto fuori dalla Costituzione europea, nonostante le
discussioni e le pressioni. Tra le politiche d'indirizzo educativo, la Provincia di Bolzano ha inserito
«la diffusione e il rafforzamento del pensiero e della cultura europea, fondata su radici cristiane».
«È vero, la rana di Kippenberger ci ha messo del suo — conferma Arnold Tribus, direttore del
quotidiano, laico e corsaro, Tageszeitung —. Poiché si stava varando la riforma dell'istruzione, ecco
che si è avuto gioco facile ad influenzare il dibattito». «Ma vuole tutta la verità? — continua —. A
ottobre si vota e questa, a mio parere, è una manovra preelettorale. La SVP di Durnwaldner sta
perdendo qualche colpo. Si si cerca di recuperare a destra».
Anche se i supporter del codicillo contestato minimizzano e puntualizzano («è scritto cultura
cristiana, che io intendo nel senso più ampio», fa notare la pasionaria sudtirolese Eva Kloz), i contrari parlano di obiettivi di «evangelizzazione ». «È una legge anticostituzionale », insiste
Tribus. «Non mi pare che questo sia il momento. In Alto Adige e in Italia », ribatte Laura Gnecchi,
neodeputata del Pd e vicepresidente della Giunta Provinciale di Bolzano. L'onorevole Gnecchi
aveva tentato una mediazione, proponendo di emendare il comma C con un testo più articolato
(«conoscenza» invece di «diffusione e rafforzamento », «cultura classica, ebraismo e
cristianesimo», invece di «cristianesimo»), senza tuttavia riuscire nell'intento. Il fronte trasversale
ha fatto muro. Dalla sua, aveva 5 consiglieri su 35 tra i quali, il «dissidente» liberal/forzista Alberto
Pasquali. Che si è preso una bacchettata dalla collega Michaela Biancofiore, onorevole di punta del
Pdl. «Resto convinta che il mio emendamento sarebbe potuto passare se non fosse scoppiata la
bufera attorno alla rana di Kippenberger. Determinante è stato l'intervento del vescovo, Wilhelm
Egger. Sembrava che a Bolzano, la religione cattolica fosse minacciata». Durissimo il j'accuse
all'articolo della discordia, da parte del presidente del Consiglio provinciale (leader dell'opposizione
interetnica), Riccardo Dello Sbarba. «Questa legge toglie ogni cenno all'interculturalità e al
plurilinguismo, l'essenza di questa terra», ha dichiarato al Corriere dell'Alto Adige. E dire che la
Klotz avrebbe voluto inserire nel testo anche il concetto di «patrimonio culturale tirolese ». «Sì,
intendevo richiamarmi allo Statuto Catalano», conferma. Sul comma C, il suo pensiero è netto: «La
cultura cristiana non c'entra con il fondamentalismo cattolico».

 

Vassalli: «È la cultura della Controriforma»

intervista a Sebastiano Vassalli a cura di Marisa Fumagalli


«La matrice cattolica del Sud Tirolo è quella Controriformista. Non mi meraviglio di un articolo di
legge, che rispecchia tale humus culturale». Lo scrittore Sebastiano Vassalli (autore di «Sangue e
suolo», incentrato sull'«apartheid» degli italiani in Alto Adige), laico, boccia il comma C. E avverte:


«Questo è solo il piccolo indizio locale di una tendenza che riguarda l'Italia, e forse l'Europa».

Allude al cattolicesimo invasivo?

«La Chiesa sta riprendendosi l'Italia. Ha in mente Graecia capta e i romani che furono riconquistati?
Ebbene, 150 anni dopo la breccia di Porta Pia, la Chiesa torna vincitrice».

Stiamo parlando della Provincia di Bolzano.

«Papa Ratzinger ha dato una sterzata di 180 gradi, rispetto alla politica ecclesiastica di Giovanni
Paolo II».

Spieghi meglio.

«Il predecessore si occupava di missioni planetarie, ponendosi come il paladino di una nuova
Controriforma; il Pontefice di oggi ha orizzonti più limitati, ma occupa spazio e terreno, come non
succedeva da decenni».

La politica italiana?

«Prendiamo il progetto di svincolare il clero dalla giustizia dei Tribunali. Inaudito. E non
contemplato né dal Concordato di Mussolini, né da quello di Craxi».

Sotto accusa il governo di centrodestra?

«Il centrosinistra era pure peggio».
 

di Marisa Fumagalli     in “Corriere della Sera” del 16 giugno 2008