“Mai come oggi così
forte la chiesa si candida come collante sociale”
intervista a Daniele Menozzi, docente di storia del cattolicesimo, a cura
di Tonino Bucci
Se non ci fosse di mezzo l'astuzia della Realpolitik verrebbe da dire che
davvero la Chiesa non è di
questo mondo. Perché il paese dipinto da Benedetto XVI nel suo intervento ieri
davanti
all'assemblea della Conferenza episcopale italiana, è lontano anni luce dalla
realtà quotidiana. Il
Papa ha parlato di «un clima nuovo, più fiducioso e costruttivo» nello scenario
politico italiano. Ha
esaltato lo spirito bipartisan nelle istituzioni. Non potrebbe essere
altrimenti. La "semplificazione"
della politica prefigura un assetto di governo più malleabile alle richieste del
mondo ecclesiale.
Nei rapporti della Chiesa con le istituzioni Benedetto XVI inserisce anche
quella che ritiene
«un'emergenza educativa». Sul piatto dello scambio con lo Stato ci sono le
scuole private cattoliche,
presentate come l'ultimo baluardo a «una società e una cultura segnate da un
relativismo pervasivo e
non di rado aggressivo». La Chiesa offre a «genitori» e «insegnanti» il suo
armamentario assoluto
contro la crisi dei valori.
Per il resto, nel discorso di Benedetto XVI, non trapela nessuna preoccupazione
per i fenomeni di
xenofobia, per le aggressioni di stampo fascista e per la recrudescenza delle
culture fondamentaliste
di destra. Anzi, dipinge un paese irreale, fiducioso nel futuro. «Ciò che
conforta -dice -è che tale
percezione sembra allargarsi al sentire popolare, al territorio e alle categorie
sociali». Sarà, ma le
città in questo momento ci offrono un altro spettacolo. Il commento l'abbiamo
chiesto a Daniele
Menozzi, docente di Storia della chiesa all'Università di Firenze e autore di
numerosi saggi.
Il discorso suona come un appoggio al governo di centrodestra. Non le pare?
Più che un appoggio indiretto al governo di centrodestra, il Papa dà un giudizio
positivo nei
confronti del clima generale del paese. Vede con favore il convergere delle
forze politiche su alcune
scelte fondamentali che sembrano essere da tutti condivise. Benedetto XVI
rivendica l'intervento
ecclesiastico proprio su queste scelte comuni. Sullo sfondo riemerge la tesi che
le basi della
convivenza civile non possono essere costruite senza la Chiesa.
Sorprende, invece, che il Papa colga un clima fiducioso persino nel sentire
popolare. Non è
singolare che sottovaluti o finga di ignorare il senso di frantumazione e
insicurezza e,
soprattutto, i fenomeni di xenofobia?
Il Papa non fa analisi sociologica, ma ripropone il suo schema ideologico: il
cattolicesimo come
religione civile, come fattore identitario in un Occidente fortemente in crisi.
Affermare che esiste un
vasto consenso popolare a questo nuovo clima vuol dire che l'operazione del
Papato di fornire le
basi identitarie alla convivenza civile è riuscita. Non si possono costruire
valori comuni senza
ricorrere a quella Chiesa capace di compiere una tale operazione. Rivendica il
merito al
cattolicesimo di fungere da collante.
L'insistenza sul relativismo come nemico principale non rischia di fomentare un
malessere
già diffuso? Non può essere che l'insicurezza finisca per alimentare culture
politiche
fondamentaliste e per sfuggire al controllo della stessa Chiesa?
Non possiamo insegnare al Papa la strategia da tenere. Il nostro compito è
analizzare quello che fa.
Secondo me la sua strategia è questa: esiste una modernità che avanza e crea
paure e il modo in cui
il cattolicesimo può essere presente in questa modernità -dalla quale è stato a
lungo emarginato -è
proprio quello di far leva su queste paure. Il relativismo etico sintetizza
l'elemento debole della
società contemporanea. Che poi questa strategia di riconquista di spazi nel
mondo attuale riesca o
meno, è tutt'altra questione. Personalmente sono convinto che sia una strategia
perdente. Nella
società contemporanea gli spazi di autonomia dell'individuo sono diventati
sempre più grandi. Non
vedo perché questa tendenza dovrebbe essere messa in discussione. La gerarchia
ecclesiastica
ritiene, invece, di potersi offrire come alternativa a questo processo. In
passato la scelta di
richiamarsi all'assolutezza come rimedio alle paure suscitate si è rivelata però
perdente.
Oggi però sembra che ci siano culture politiche altrettanto fondamentaliste e
meglio
attrezzate per incanalare quelle paure. O no?
Credo di no. In passato altre culture politiche hanno tentato di porsi sul
terreno religioso, ma alla
fine ha prevalso chi organizza istituzionalmente la religione. Le religioni
politiche sono fallite di
fronte alla capacità di egemonia e di gestione del sacro della istituzione
Chiesa. E' un dato che ci
aiuta a capire il perché della linea del Vaticano.
Benedetto XVI parla di emergenza educativa. Offre appoggio al governo in cambio
di aiuti
alle scuole private cattoliche?
La Chiesa propone uno scambio. Fornisce insegnamenti e valori universali in
materia di scuola,
bioetica e famiglia che valgano come coordinate per qualsiasi convivenza. Il
governo di centro-
destra può scegliere se accettare o meno queste impostazioni. La Chiesa lascia
libertà di aderire o
meno, trattando da una posizione di forza. Se il governo rifiuterà di difendere
la laicità dello Stato e
dell'istruzione, e di subordinarsi, otterrà dei risultati. Viceversa dovrà fare
a meno della
ricomposizione della convivenza civile che la Chiesa gli offre. E sappiamo bene
quanto difficile sia
gestire questa società.
“Liberazione” 30 maggio 2008