«No al reato di clandestinità. E poi? Verrà l'ora della caccia al povero?»
intervista a Andrea Olivero a cura di Angela Mauro
"Famiglia Cristiana" se ne è già lamentata: nel nuovo
governo Berlusconi non c'è un nemmeno un
ministro cattolico dichiarato, scrive in un editoriale. Ma non
sarà certo solo per questo che il mondo
cattolico proprio non riesce a mandar giù i primi annunci del
nuovo esecutivo in materia di
sicurezza e immigrazione. Giorni fa, la Caritas aveva espresso
le sue critiche al pacchetto
annunciato dal ministro dell'Interno Maroni. E ieri, giornata
del vertice a Palazzo Chigi di prima
messa a punto delle nuove misure, hanno preso posizione le
Acli. «E' inimmaginabile pensare alla
clandestinità come reato», dice il presidente delle
Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, Andrea
Olivero.
Ci spieghi.
Sarebbe come dire che è reato il desiderio di vivere in un
paese che può garantirti una esistenza
migliore. Se andiamo avanti di questo passo, finisce che
istituiamo la povertà come reato. Siamo
davvero preoccupati. Un conto è la campagna elettorale,
periodo in cui tutti forzano i toni. Un conto
è legiferare: bisogna essere attenti e saggi. Ci preoccupa che
si continui a ragionare in termini di
emergenza su temi che invece sono ormai strutturali nella
società italiana. Su immigrazione,
sicurezza, degrado urbano non si può agire sull'onda
dell'emotività, improvvisando.
Nel nuovo governo non ci sono ministri
cattolici dichiarati. Vi sentite senza interlocutori?
Ci confronteremo con chi c'è, la cosa non ci spaventa.
Però è noto che un ex ministro
dell'Interno come Pisanu è molto critico sul provvedimento
Maroni.
Non abbiamo problemi ad ammetterlo: con Pisanu abbiamo
lavorato bene e ci dispiace che non
abbia un ruolo di governo. Ha dimostrato attenzione al tema
dell'immigrazione, anche se quel
governo Berlusconi non ha mai convocato un tavolo con noi
operatori, a differenza del governo
Prodi che lo ha fatto, anche se poi non ha prodotto leggi.
Maroni vuole convocarvi.
Vedremo, mi auguro tenga fede agli annunci. Ad ora, il
governo sta dimostrando un'impronta
ideologica, nonostante che i suoi esponenti, in campagna
elettorale, abbiano annunciato di voler
lavorare senza fare ideologia. Penso che nessuno di noi, che
lavoriamo con il mondo
dell'immigrazione, possa accettare che si parli di
immigrazione clandestina come reato. Gli
immigrati sono una risorsa per questo paese, piaccia o non
piaccia. Almeno due terzi di coloro che
ora sono regolari hanno attraversato un periodo di
clandestinità. Questo non significa difendere un
atteggiamento lassista.
Cosa proponete?
I reati commessi da cittadini stranieri vanno perseguiti,
ma non vanno demonizzati gli stranieri
presenti sul territorio, come se fossero gli unici
responsabili di una percezione di insicurezza che
sembra pervadere i cittadini italiani e gli stessi immigrati.
Non servono proclami tesi a
criminalizzare un'intera realtà, tipo l'annuncio di utilizzare
l'esercito. E' necessario invece favorire
l'emersione dei lavoratori immigrati irregolari, situazione
favorita da un sistema legislativo limitato
e poco lungimirante che rende angusto l'accesso regolare e
molto spesso facilita la caduta
nell'illegalità anche di chi è riuscito a entrare in Italia
nel rispetto delle norme. Ci sono centinaia di
migliaia di immigrati che lavorano in Italia e contribuiscono
a svolgere compiti che lo Stato non
assolve, penso all'assistenza sociale, alle badanti. Non sono
loro la vergogna, è l'illegalità che è la
vergogna. Va dunque individuato un
percorso certo verso la regolarità e verso la cittadinanza: cosa
avverrebbe in Italia se anche qui, come in Francia,
scioperassero i "senza documento"? Imprese e
famiglie sarebbero fortemente penalizzate. Il governo, le
amministrazioni locali sarebbero capaci di
rispondere alle richieste di welfare che ne deriverebbero?
Oggi il welfare di queste famiglie è "fatto
in casa" senza il supporto dello Stato, grazie anche a questi
lavoratori e lavoratrici. Perché invece
non costruiamo dei tavoli locali sulla sicurezza e
l'integrazione? Per costruire una società sicura
servono iniziative che incidano sulla qualità della vita delle
persone, italiani e stranieri, che si
sviluppa nei vari spazi di socializzazione: la scuola, il
quartiere, il lavoro, il tempo libero.
C'è un'attenzione (ossessione)
concentrata sui rom, per loro il governo pensa ad un
commissario straordinario. E' esagerato il timore di leggi
razziali?
Questo lo vedremo. Di certo noto che anche in questo caso
l'approccio comprende ancora la parola
"straordinario". I rom vivono nel nostro paese da decenni, non
è un'emergenza. Bisognerebbe
lavorare per la loro integrazione e invece che si fa? Si parla
di chiusura dei loro campi, di rispedirli
a casa. Ma che vuol dire? Molti di loro sono apolidi, non ce
l'hanno un paese d'origine...
Liberazione 14 maggio 2008