«Cari confratelli, siete stati ingiusti»


Alla fine di maggio i vescovi italiani si riuniranno a Roma per la loro assemblea, la prima dopo la
vittoria del centrodestra, e sarà interessante ascoltare ciò che dirà il cardinale Angelo Bagnasco alla
luce del responso delle urne. In attesa di conoscere il testo del presidente, un vescovo ha però
deciso di esprimersi per proporre ai confratelli qualche spunto di riflessione. È monsignor Luigi Bettazzi, 
vescovo emerito di Ivrea e presidente emerito di Pax Christi internazionale. “Emerito” vuol dire in
pensione, ma Bettazzi in pensione non c’è mai andato, e la prova sta proprio in questa lettera
sincera e appassionata.

Con il tono libero di chi non ha privilegi da difendere né patenti di ortodossia da mostrare, Bettazzi
entra subito in argomento. La nostra gente, dice, ha sempre pensato che i vescovi italiani, pur
astenendosi da interventi politici diretti, abbiano una spiccata simpatia per il centrodestra, forse
perché, almeno in apparenza, questo schieramento si dimostra più severo nella condanna
dell’aborto, più duro verso gli omosessuali e più favorevole, sempre in teoria, alle scuole cattoliche
e alle organizzazioni confessionali.

Quel che è certo, sostiene Bettazzi, è che siamo stati, come vescovi, poco generosi con Prodi. Non
tanto per la scarsa approvazione verso la sua politica (comunque «meritoria» per aver evitato il
fallimento finanziario del nostro stato di fronte all’Europa), quanto per aver riconosciuto meno di
quanto meritasse il suo esempio di «cattolicesimo vissuto», in campo personale, familiare e politico,
in una situazione e alle prese con compagnie «particolarmente problematiche».

Allargando lo sguardo al concetto di “valori non negoziabili”, tanto caro a Benedetto XVI e alla
Cei, Bettazzi scrive poi che accanto al rispetto per la vita nascente e per le famiglie “regolari”,
cavalli di battaglia degli appelli lanciati dalla Cei, andrebbe messo anche il rispetto per la dignità e
lo sviluppo della vita di tutti, «in tempi in cui si allarga la divaricazione già denunciata da Paolo VI
nella Populorum progressio (quarant’anni fa!) tra i popoli e i settori più sviluppati e più ricchi e
quelli più poveri e dipendenti, avviati a situazioni di fame inappagata e di malattie non curate ».
Ugualmente centrale dovrebbe essere poi l’impegno per il disarmo, come chiesto dal papa all’Onu,
e quello per la non violenza attiva, che dopotutto «è la caratteristica del messaggio e dell’esempio di
Gesù».

Bettazzi non è d’accordo con i vescovi «sempre più pronti a dare drastiche norme per la morale
individuale sfumando quelle per la vita sociale». Norme, queste ultime, che invece sono altrettanto
impegnative per ogni cristiano e di certo non meno importanti per una presenza cristiana che voglia
essere autentica e incisiva. Basta guardare al mondo dei giovani e agli esempi che gli adulti
forniscono loro. Come lamentarsi della fuga dei giovani nel disimpegno, nella droga, nel bullismo
quando gli adulti, compresi molti di quelli che si dichiarano cattolici, nel mondo economico come
in quello politico non fanno che dare esempi di arrivismo, illegalità, soprusi e furberie varie? Ci
siamo stracciati le vesti, si rammarica Bettazzi, quando a Prodi scappò detto che non aveva mai
sentito predicare l’obbligo di pagare le tasse, ma non ce le siamo stracciate quando un altro
esponente politico ha esortato a non pagarle. Il cardinale Bagnasco, dice Bettazzi, ha fatto bene a
chiedere di ripartire dagli ultimi nel lavoro pastorale. Ed è altrettanto importante che dalla settimana
sociale dei cattolici sia uscito l’impegno per il bene comune. Su questo terreno i vescovi dovrebbero
“compromettersi” in un tempo in cui troppi, a tutti i livelli, lavorano per beni particolari e per i
privilegiati, dimenticando tutti gli altri. Che questo, conclude Bettazzi, sia il l’impegno «concreto e
quotidiano», anche sfidando «riserve e mugugni».
 
 Aldo Maria Valli      in “Europa” del 7 maggio 2008