"Siamo suore, non colf". E il vescovo le licenzia
Le missionarie non volevano servire i parroci
Da spose di Cristo a serve del parroco: il vescovo di Albano «licenzia» le suore
che non vogliono fare le colf. Tre suore missionarie di Santa Gemma, impegnate
nei servizi della catechesi e della pastorale giovanile nella parrocchia dei
Santi Pietro e Paolo di Aprilia, sono state cacciate per non aver accettato di
fare da colf al parroco ed al viceparroco. La diocesi, nel cui territorio si
trova il «Vaticano bis», la residenza pontificia di Castel Gandolfo, è retta dal
vescovo Marcello Semeraro, 60 anni, presidente del cda di «Avvenire», originario
della provincia di Lecce, sacerdote dal 1971. Ha insegnato teologia in diversi
istituti e facoltà fino ad occupare la cattedra di ecclesiologia all’Università
Lateranense. Dal 1998 al 2004 è stato vescovo di Oria (Brindisi) e nel 2001
Giovanni Paolo II lo ha nominato segretario speciale della decima Assemblea
generale del Sinodo dei vescovi. Monsignor Semeraro aveva subordinato il rinnovo
della convenzione di collaborazione (che prevedeva una retribuzione di 800 euro
al mese da dividere in tre) ad una precisa condizione: le suore dovevano
prestare servizio «materiale» ai due anziani sacerdoti presenti nella
parrocchia. La richiesta è stata giudicata «inaccettabile» dalla superiora della
casa generalizia di Lucca, e così il vescovo ha dato il benservito alle tre
sorelle, nonostante i parrocchiani gli avessero chiesto, con una petizione che
ha raccolto 1500 firme, di ritornare sui propri passi.
«Non le nascondiamo - avevano scritto i fedeli al vescovo - la nostra amarezza e
incredulità, poiché siamo consapevoli che le suore costituiscono una presenza
evangelizzatrice importante, di cui la nostra realtà ha potuto beneficiare
largamente nel cammino di fede intrapreso negli ultimi anni». Una vera e propria
mobilitazione, quindi, nella più popolosa delle diocesi suburbicarie. Una
diocesi importante, che supera i 500 mila abitanti ed è anche molto vasta, con
tre zone molto differenti tra loro. C’è la zona dei Castelli romani, con Albano,
Marino, Ciampino, poi la zona mediana industriale con Pomezia e Aprilia e infine
la zona costiera, da Tor Vajanica fino ad Anzio e Nettuno. Una diocesi in
espansione, con gravi problemi pastorali, tra cui la costruzione di nuove
chiese, ma così benvoluta dai papi che per il Giubileo Karol Wojtyla le concesse
un’udienza fuori programma a notte fonda. «Noi fedeli- continua la lettera -
speriamo vivamente che Sua Eccellenza non sia realmente convinto che
l’assunzione di un siffatto impegno costituisca una condizione perché le suore
possano permanere nella nostra Comunità e continuare così a collaborare con i
sacerdoti ed i laici nella missione di evangelizzazione del territorio. Tanto
più se si considera che gli attuali sacerdoti della parrocchia, interpellati da
noi, hanno affermato di non aver richiesto tale servizio, preferendo la loro
condizione attuale e la loro indipendenza». I toni pacati ma fermi della
lettera, non sono però serviti a far tornare il vescovo sulle sue decisioni. E
così, il 21 ottobre, le tre suore hanno dovuto abbandonare la parrocchia.
Molto dura è stata a questo punto la reazione dei parrocchiani di Aprilia. «Le
suore sono state cacciate - hanno riferito all’agenzia cattolica Adista - E’
un’affermazione dura e scomoda, che infastidisce il vescovo Semeraro, ma noi
sappiamo che è l’unica che descrive esattamente quanto è accaduto ed è inutile
affannarsi a dire o ripetere meccanicamente, come fa il vicario foraneo, don
Giuseppe Billi, che le suore hanno scelto di andarsene». Una protesta finora
senza esito. «Nessuno in Curia sembra aver considerato che le suore
rappresentano un punto di riferimento spirituale per la vita delle persone. La
loro presenza è un completamento della testimonianza del Vangelo, che viene
portata avanti in comunione da sacerdoti, religiose, laici nel pieno rispetto di
quanto disposto nel Concilio Vaticano II - lamentano i fedeli in un comunicato -
Abbiamo avuto di fronte una gerarchia ecclesiastica che riconosce un ruolo
all’interno della comunità alle donne consacrate se queste prima passano per la
casa del parroco e fanno le casalinghe; poi possono finalmente permettersi di
scendere e prestare il loro servizio a favore del popolo di Cristo». E i
parrocchiani difendono le suore.
GIACOMO GALEAZZI La Stampa 14/11/07