«Via Bregantini, che schiaffo per la Locride»

Il vescovo rimosso Il sindaco di Roccella Jonica Sisinio Zito: ha riportato la speranza tra i calabresi

Nella sua Roccella Jonica ogni estate arrivano i grandi della musica jazz. C'è un festival, uno dei più importanti nell'intero bacino del Mediterraneo. Roccella, per certi versi, rappresenta l'immagine di una Locride che non si arrende, un paesino che ha scelto la cultura per combattere l'emarginazione e l'oppressione dei clan. Lui, Sisinio Zito, ne è sindaco da un po' di tempo. Conosce come le sue tasche vita, opere e miracoli di un'area che, adesso, deve fare i conti pure col trasferimento a Campobasso del vescovo coraggio, quel monsignor Giancarlo Maria Bregantini che, uscito dalle fabbriche, ha indossato l'abito talare e si è messo a combattere la 'ndrangheta.
Sindaco Zito, il Vaticano ha sferrato un brutto colpo alla Locride.
Inevitabilmente. Bregantini è una presenza forte sul territorio, un punto di riferimento non soltanto per la chiesa. Lui ha spostato questa terra. Non capisco proprio come si sia potuto arrivare a tanto.
Un vescovo antimafia, ma non solo.
E' vero. Negli ultimi anni è partita una fase di restauro per la chiesa. Penso a quante parrocchie, grazie al contributo di Bregantini, sono ritornate a vivere spiritualmente e materialmente. L'immagine della curia è stata completamente rivalutata, ha acquistato il consenso anche di chi non crede.
Poi ci sono le battaglie sul territorio.
Ricordo come fosse ieri quando, a Roccella, monsignor Bregantini occupò i binari della ferrovia. Protestava per una linea ferrata jonica che era da terzo mondo. Se lo immagina un prete che blocca decine di treni? Sarà proprio il suo impegno che mancherà a questa terra.
Come pensa la Locride senza Bregantini?
Non riesco proprio a pensarla. Uno dei suoi grandi meriti è stato quello di riportare la speranza nei calabresi. C'è, purtroppo, un diffuso sentimento che qui non esista futuro. Il suo trasferimento rappresenta una mazzata per ogni possibilità. Chi arriverà al suo posto raccoglierà una grossa eredità. L'importante è che il nuovo vescovo non pensi che la chiesa debba farsi solo i fatti della chiesa.
In effetti ci sono tanti problemi, a partire dalla 'ndrangheta.
Bregantini, in questo senso, è uno che si sporca le mani. Affronta a muso duro le questioni e con coraggio si prende molti rischi. Le cosche hanno risolto a modo loro la questione meridionale offrendo delle opportunità. L'abilità del vescovo è stata quella di dare una prospettiva alla gente. Lui si è posto il problema di sottrarre l'acqua alla mafia. Dice sempre: "Noi siamo in competizione con la 'ndrangheta per quanto riguarda l'animo della gente".
Pensa che la Locride e la Calabria da oggi siano un po' più sole?
Diciamo che i rischi sono aumentati. In verità la Calabria, anche per colpa dei calabresi, è sempre stata sola.
Avverte l'assenza dello Stato?
Se guardo all'omicidio Fortugno, rispondo di sì. All'indomani dell'uccisione del vicepresidente della Regione se ne sono sentite tante. Volevano fare cose straordinarie e hanno fatto poco o nulla. Capisco che si possa dire che la Calabria sia la figlia prediletta del governo, capisco pure i sindacati quando fanno il primo maggio a Locri. Ma non afferro se gli altri la percepiscano come la macina al collo che farà affondare il paese o se da questa regione si decida di far emergere le risorse migliori. Il problema è che la gente ha difficoltà a comprendere che non dipende dalla benevolenza del macellaio se oggi mangiamo carne. Adesso dobbiamo reagire e non guardare più soltanto al chiuso del nostro orto.

 Francesco Paolillo     Il manifesto 8/11/07

 

 

 

 

 

Bregantini, uno strano trasferimento

 La decisione di spostare il vescovo di Locri, simbolo della lotta alla criminalità organizzata, alla diocesi di Campobasso non è una buona notizia né per la Chiesa calabrese né per i cittadini. Quali possono essere le motivazioni?

 Il trasferimento di Monsignor Bregantini dalla diocesi di Locri a quella di Campobasso non è una buona notizia né per la Chiesa calabrese né per i cittadini calabresi.
Vescovo in un territorio di frontiera, dal 1994 Bregantini è riuscito a diventare concreto punto di riferimento non solo per il popolo dei fedeli. La sua è stata la testimonianza forte di una Chiesa vicina al territorio ed ai suoi bisogni, ma netta nelle scelte di campo contro la mafia e la sua cultura pervasiva, così come contro i ritardi e le ingiustizie di cui la Calabria ha storicamente sofferto.

Trentino di nascita e di formazione, il vescovo ha molto investito nella contaminazione tra storie e realtà diverse, costruendo solide relazioni tra la sua regione d'origine e la locride, e fornendo spunti, aiuti concreti, sostegno alla nascita di cooperative sociali, associazioni di volontariato, reti di solidarietà in una realtà in cui non solo le istituzioni sono deboli, ma anche la società civile drammaticamente lo è. Un investimento di lungo periodo, quindi, non il pronunciamento di un solo giorno, per costruire dal basso le condizioni di una liberazione (così come si chiamava una delle sue comunità): dalle mafie, dal bisogno, dalla disoccupazione, dalla rassegnazione.

Vorrei non si dimenticasse che, prima di Bregantini, il Santuario affascinante della Madonna di Polsi, nel cuore dell'Aspromonte, era il luogo privilegiato dei principali summit di ‘ndrangheta e la Chiesa della provincia era piuttosto quella di Don Stilo, parroco di Africo, così bene descritta nel libro di Corrado Stajano.
Ecco perché il Vescovo è riuscito, passo dopo passo, a conquistare l'affetto ed il sostegno di tanti, ma anche il sospetto di molti, comunque la stima ed il rispetto di tutti.
Ed ecco il perché di tanta amarezza ed incredulità oggi, di fronte all'annuncio del suo trasferimento. Certamente il suo lavoro non poteva considerarsi completato ed il venir meno della sua figura carismatica rischia di mettere seriamente in discussione quanto sino ad ora realizzato.

Quali possano essere le motivazioni che hanno portato le autorità ecclesiali a questa decisione che sa tanto di "normalizzazione" non è dato sapere. Certamente non è il segnale di cui la Calabria e l'Italia avevano bisogno.

Nuccio Iovene  Senatore Sinistra Democratica          Aprile Online  08 novembre 2007