“Le politiche
della paura creano un mondo pericolosamente diviso”
Presentato il Rapporto Annuale 2007 di Amnesty International:
Governi potenti e gruppi armati stanno volutamente fomentando la paura allo
scopo di erodere i diritti umani e creare un mondo sempre più polarizzato e
pericoloso: è questo il messaggio lanciato oggi da Amnesty International, in
occasione della presentazione del suo Rapporto Annuale 2007, il
volume che esamina la situazione mondiale dei diritti umani, pubblicato in
Italia da EGA Editore.
“Attraverso politiche miopi che danno luogo a paura e divisione, i governi
stanno compromettendo lo stato di diritto e i diritti umani, attizzando
razzismo e xenofobia, separando comunità, acuendo le disuguaglianze e
preparando il terreno per altre violenze e altri conflitti” – ha dichiarato
Paolo Pobbiati, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International.
“Le politiche della paura alimentano una spirale di violazioni dei
diritti umani in cui nessun diritto è più intoccabile e nessuna persona
è al riparo. La ‘guerra al terrore’ e la guerra in Iraq, col loro
campionario di violazioni dei diritti umani, hanno creato profonde
spaccature che stanno gettando un’ombra sulle relazioni internazionali,
rendendo così più arduo risolvere i conflitti e proteggere i civili”.
Dominata dalla sfiducia e dalla divisione, la comunità internazionale è
rimasta troppo spesso tiepida o impotente di fronte alle grandi crisi dei
diritti umani del 2006, che si tratti dei conflitti dimenticati come quelli
di Cecenia, Colombia e Sri Lanka o dei conflitti che sono sulle prime
pagine, come quelli in Medio Oriente.
Le Nazioni Unite hanno impiegato settimane prima di riuscire a chiedere il
cessate il fuoco nel conflitto in Libano, in cui hanno perso la vita
circa 1200 civili. La comunità internazionale non ha mostrato coraggio
nell’affrontare la disastrosa situazione dei diritti umani provocata dalle
gravi restrizioni alla libertà di movimento imposte ai palestinesi dei
Territori occupati, dagli incessanti attacchi dell’esercito israeliano e
dagli scontri tra le fazioni palestinesi.
“Il Darfur è una ferita sanguinante sulla coscienza del mondo” – ha
affermato Pobbiati. “L’azione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu è minata
dalla sfiducia e dal doppio standard adottato dai suoi Stati membri più
potenti. Il governo sudanese si prende gioco dell’Onu. Nel frattempo, sono
morte 200.000 persone, il numero degli sfollati è dieci volte maggiore e gli
attacchi delle milizie si stanno allargando al Ciad e alla Repubblica
Centrafricana”.
Prosperando in una fascia di instabilità che va dal Pakistan al Corno
d’Africa, i gruppi armati hanno gonfiato i muscoli e si sono resi
responsabili di massicce violazioni dei diritti umani e del diritto
internazionale umanitario.
Secondo il Rapporto Annuale 2007 di Amnesty International, “se i governi
non affronteranno le rivendicazioni di cui si servono questi gruppi, se
non mostreranno effettiva leadership per costringere questi ultimi a render
conto del loro operato, se non saranno loro stessi pronti a rispondere delle
proprie azioni, allora la prognosi per i diritti umani sarà nera”.
In Afghanistan, la comunità internazionale e il governo locale hanno
perso l’opportunità di costruire istituzioni realmente fondate sui diritti
umani e sullo stato di diritto. Hanno lasciato la popolazione in uno stato
di insicurezza permanente e di corruzione e in balia del ritorno dei
Talebani. In Iraq, le forze di sicurezza hanno incitato alla violenza
settaria piuttosto che frenarla, il sistema giudiziario si è rivelato
profondamente inadeguato e le peggiori pratiche del regime di Saddam Hussein
– torture, processi iniqui, pena di morte e stupri nell’impunità – sono
rimaste in auge.
“In molti paesi, agende dominate dalla paura alimentano la
discriminazione, allargando le distanze tra abbienti e nullatenenti, tra
‘loro’ e ‘noi’ e lasciando senza protezione i gruppi più emarginati” – si
legge nel Rapporto Annuale.
Nella sola Africa centinaia e centinaia di persone sono state
allontanate dalle proprie case senza una procedura equa, una ricompensa o
l’individuazione di un alloggio alternativo, e tutto questo spesso in nome
del progresso e dello sviluppo economico.
Gli esponenti politici hanno sfruttato la paura di un’immigrazione priva di
controllo per giustificare misure più dure contro migranti e rifugiati in
Europa Occidentale. In tutto il mondo, dalla Corea del Sud alla
Repubblica Dominicana, i lavoratori migranti sono rimasti senza
protezione e sfruttati.
La divisione tra musulmani e non musulmani si è acuita, alimentata
nei paesi occidentali da strategie anti-terrorismo discriminatorie. Gli
episodi di islamofobia, antisemitismo, intolleranza e di attacchi contro le
minoranze religiose sono aumentati un po’ ovunque.
Contemporaneamente, i crimini dell’odio contro i cittadini stranieri hanno
conosciuto una grande diffusione in Russia e in vari paesi europei si
sono fatte evidenti la segregazione e l’esclusione delle comunità Rom, prove
della clamorosa mancanza di leadership nel combattere il razzismo e la
xenofobia.
“L’aumentata polarizzazione e le crescenti paure per la sicurezza nazionale
hanno ridotto lo spazio per la tolleranza e il dissenso. Ovunque nel mondo,
dall’Iran allo Zimbabwe, molte voci indipendenti per i diritti umani
sono state ridotte al silenzio” – ha detto Pobbiati.
La libertà d’espressione è stata soppressa in molti modi diversi:
incriminando scrittori e difensori dei diritti umani in Turchia,
uccidendo gli attivisti politici nelle Filippine, minacciando, sorvegliando
e arrestando sistematicamente i difensori dei diritti umani in Cina, fino
all’assassinio di Anna Politkovskaya e alle nuove leggi sulle Organizzazioni
non governative in Russia. Internet è diventata la nuova frontiera del
dissenso: attivisti on line sono stati arrestati e le aziende hanno
collaborato coi governi nel restringere l’accesso all’informazione sulla
Rete in paesi come Bielorussia, Cina, Iran, Siria e Vietnam.
La repressione “vecchio stile” ha trovato nuova linfa vitale camuffata come
lotta al terrorismo in vari paesi, tra cui l’Egitto, mentre leggi contenenti
definizioni vaghe di terrorismo hanno posto una potenziale minaccia alla
libertà d’espressione nel Regno Unito.
Cinque anni dopo l’11 settembre, sono emerse nuove prove sul modo in cui
l’amministrazione Usa abbia considerato il mondo come un terreno di
scontro tra giganti nella sua “guerra al terrore”, attraverso sequestri,
arresti, detenzioni arbitrarie, torture e trasferimenti di sospetti da una
prigione segreta all’altra del pianeta, in un contesto marcato dall’impunità
e dalle cosiddette extraordinary rendition.
“Nulla può esemplificare la globalizzazione delle violazioni dei diritti
umani meglio della ‘guerra al terrore’ guidata dagli Usa e il programma di
extraordinary rendition, che ha coinvolto governi di paesi lontani tra loro,
come Italia e Pakistan, Germania e Kenya. Strategie antiterrorismo mal
concepite hanno fatto poco per ridurre la minaccia della violenza o
assicurare giustizia alle vittime del terrorismo, ma hanno fatto molto per
danneggiare a livello globale i diritti umani e il primato della legge” – ha
sottolineato Pobbiati.
Amnesty International chiede ai governi di rigettare le politiche della
paura e investire nelle istituzioni dei diritti umani e nello stato di
diritto, sia a livello nazionale che internazionale.
Secondo Pobbiati, “vi sono segnali di speranza. Le istituzioni
europee hanno raggiunto un risultato importante in termini di trasparenza e
assunzione di responsabilità sul fenomeno delle rendition. Grazie alla
pressione della società civile, l’Onu ha accettato di sviluppare un trattato
per il controllo delle armi convenzionali. In diversi paesi, nuovi dirigenti
e nuovi parlamenti hanno l’opportunità di rimediare ai fallimenti dei
passati governi che hanno segnato il panorama dei diritti umani negli anni
scorsi. Il nuovo Congresso Usa potrebbe dare il la a un’inversione di
tendenza, ripristinando il rispetto per i diritti umani nel territorio
nazionale e all’estero”.
“Così come il riscaldamento globale richiede un’azione basata sulla
cooperazione internazionale, allo stesso modo la situazione dei diritti
umani può essere affrontata solo attraverso la solidarietà globale e il
rispetto per il diritto internazionale” – ha concluso Pobbiati.