Non «se» ma «quando» attaccheranno l’Iran
Da diverse settimane era già evidente che
il momento dell’attacco contro l’Iran si stava avvicinando. Ma la gran
parte dei commentatori sembrava sorda a ogni suono e cieca di fronte ai
segnali. Tutti fermi alla stolida constatazione, politically correct”,
secondo cui gli Stati Uniti non potrebbero invadere l’Iran, non avendo
la forza di farlo. Il problema è che nessuno, al Pentagono, pensa di
invadere l’Iran.
Non era bastata la secca dichiarazione di Sarkozy al suo ritorno da
Washington: o via la bomba iraniana oppure si dovrà bombardare l’Iran.
Parve una battuta e non lo era. Poi è arrivata la replica del ministro
degli esteri francese Bernard Couchner, ancora più esplicita:
“prepararsi". Alle conseguenze, s’immagina, visto che ce ne saranno
molte.
D’Alema, unico europeo a parlare fino ad ora, ha detto una cosa saggia:
“la guerra non serve”. Ma bisognava farlo prima e dirlo più forte.
Perché ormai siamo alla vigilia. “Il momento è ancora da scegliere, la
decisione è già stata presa". Lo dicono ormai in molti. C’è stata una
miriade di "fughe di notizie", più o meno pilotate, alcune delle quali
provenienti direttamente dalle vicinanze del vice-presidente Cheney. E
c’è un considerevole numero di analisti ed esperti molto rinomati, sia
nel campo dei falchi che delle colombe, che giungono tutti alla stessa
conclusione.
A fine agosto il sito Raw Story ha pubblicato la sintesi di un ampio
studio condotto da Dan Plesh (Direttore del Centro di Studi
Internazionali e Diplomazia della Scuola di Studi africani e orientali
dell’Università di Londra) e da Martin Butcher (Direttore del Consiglio
Britannico Americano per l’ Informazione sulla Sicurezza ed ex
consigliere della Commissione Esteri del Parlamento Europeo) che
afferma, senza mezzi termini, che "gli USA hanno preparato le loro forze
armate ad un ’massiccio’ attacco contro l’Iran che è di fatto già pronto
e che non prevede un’invasione sul terreno". L’obiettivo, che sarebbe
raggiunto colpendo svariate migliaia di obiettivi militari e civili,
avrebbe come scopo di "eliminare le armi di distruzione di massa
iraniane, il sistema energetico nucleare, il regime, le forze armate,
l’apparato statale, e le infrastrutture economiche in pochi giorni, se
non poche ore dal momento in cui il presidente Bush darà l’ordine di
attacco".
La stessa conclusione è stata pubblicata da Timesonline (Sunday Times )
il 2 settembre, riportando le parole che Alexis Debat (direttore per il
Terrorismo e la Sicurezza Nazionale del Nixon Center), pronunciò a un
incontro organizzato dalla rivista dei neocon The National Interest. Gli
USA - ha detto Debat - non si preparano a "qualche puntura", ma
"coinvolgeranno l’intera forza militare iraniana", con l’obiettivo di
"annichilirla nello spazio di tre giorni". Nell’articolo del Sunday
Times , firmato da Sarah Baxter, citando fonti informate di Washington,
si parla di "temperatura in crescita" e di "segnali inviati da Bush a un
certo numero di indirizzi", dove si esprime l’intenzione di fare i conti
con Teheran "prima che sia troppo tardi". E che, quando la decisione
sarà presa, "sarà prudente usare una forza rapida e straripante".
Ma i segnali più direttamente politici sono ancora più inquietanti. Il
deputato democratico Kucinch, fa sapere in riunioni ristrette (che però
rimbalzano su decine di siti web) che il vertice del suo partito ha già
dato via libera a Bush. Hillary Clinton ripetutamente dichiara di non
escludere l’uso della forza contro l’Iran. E, quando, recentemente, il
Senato USA ha approvato il "Defense Appropriations Bill", con il
consenso di Nancy Pelosi, non solo sono stati concessi i 100 milioni di
dollari aggiuntivi chiesti dal Presidente per la guerra irachena, ma è
sparita dalla risoluzione la condizione (inizialmente prevista) secondo
cui il Presidente avrebbe dovuto affrontare un voto del Congresso prima
di poter decidere l’attacco. Altri due tentativi per reintrodurre la
clausola, fatti dal democratico Jim Webb (Senate Bill 759) e dall’altro
democratico Mark Udall (House Resolution 3119) sono stati insabbiati. E’
chiaro che Bush non avrà ostacoli politici. E, appena prima della pausa
di agosto, il Senato ha votato - 97 voti a favore nessuno contro - una
risoluzione proposta dal democratico Joe Lieberman che duramente
accusava l’Iran di complicità nell’uccisione di soldati americani in
Irak.
Quando l’attacco ci sarà, sarà dunque bipartizan.
I toni si sono fatti durissimi, e si accompagnano ormai ad azioni
dirette di tipo militare, mentre è in discussione se attaccare le
"infiltrazioni" iraniane in territorio iracheno, o se inseguire gli
"infiltrati" anche dentro il territorio iraniano. E mentre la stampa
americana è ormai inondata di accuse all’Iran come esportatore verso la
resistenza sciita antiamericana di quei tremendi IED e EFP (ordigni ad
alta penetrazione) che stanno mietendo vittime americane in Irak, Bush
rende noto, parlando di fronte alla convenzione della American Legion,
di avere "autorizzato i nostri comandanti militari ad affrontare le
attività criminali di Teheran" , rivelando che "noi abbiamo già
effettuato operazioni contro agenti iraniani che fornivano munizioni
letali ai gruppi estremisti".
La chiusa è una dichiarazione di guerra: "I dirigenti dell’Iran non
potranno sfuggire alla responsabilità di avere sostenuto attacchi contro
le forze della coalizione, provocando la morte di iracheni innocenti".
Quindi non più soltanto la bomba atomica iraniana, che Washington
intende stroncare prima che nasca, ma la voglia di eliminare l’ultimo
antagonista rimasto nell’area. Il tema della bomba si è incaricato di
svolgerlo uno dei principali organizzatori e sobillatori dell’attacco
contro l’Irak, Michael Ledeen, che, proprio il 6 settembre, con l’attivo
supporto dell’American Enterprise Institute ha lanciato il suo ultimo
libro: "La bomba a tempo iraniana: la necessità di distruggere i Mullah
Zeloti" (St Martin Press). Dove ripete, calcando la mano, ciò che dice e
fa da anni: "Questa Amministrazione presidenziale, o la prossima,
dovranno fare fronte a una scelta terribile: accettare un Iran nucleare,
o bombardarlo prima che le sue armi atomiche siano pronte a partire".
E poichè Ahmadinejad non accenna a cedere, la conclusione non lascia
spazio a dubbi. Questo pensano coloro che guidano l’America, inutile
farsi llusioni. Hanno convinto anche la Francia di Sarkozi. Cosa pensi
l’Europa non è dato sapere. Noi, a quanto pare, ci occupiamo solo di
pagare gli effetti del disastro della finanza americana, ma a fare due
più due non siamo capaci.
Giulietto Chiesa
09/10/07
da
http://www.megachip.