Nodi reali e illusioni mediatiche

Troppo papa. Si potrebbe sintetizzare così il primo anno di pontificato di Benedetto XVI. La sua presenza non soltanto in piazza San Pietro ma sui media di mezzo mondo - principalmente italiani ma non solo - è stata massiccia, invadente. Soprattutto contraria a quella discrezione che sembrava dover caratterizzare il nuovo pontificato. L'ultima settimana, poi - fra la Pasqua, il compleanno e l'anniversario del papa - ha registrato una presenza pontificia nei media veramente esorbitante.
Come mai? Forse perché Ratzinger ha dovuto mantenere i livelli che Wojtyla aveva raggiunto ed esaltato? Forse perché sono gli stessi media a dettare e imporre i loro programmi e le loro priorità?
Ma soprattutto ci dobbiamo chiedere se questa «invasione» rappresenti un vantaggio vero e proprio per la diffusione di quel messaggio di cui il papa e il Vaticano si dicono portatori. O se, piuttosto, non si tratti di una illusione.
Un certo mondo cattolico probabilmente è soddisfatto: più se ne parla, meglio è. La fine di Giovanni Paolo II e gli inizi di Benedetto XVI segnerebbero l'uscita del messaggio cattolico dalle sacrestie e dai silenzi che avevano segnato una certa parte del secolo XX. Si comprende , in questo senso, una certa esultanza cattolica alla vista delle piazze strapiene e dei programmi radiotelevisivi che le esaltano e le moltiplicano.
Ma le perplessità non mancano e sono rilevanti. Le prime riguardano proprio il mezzo. I mass media esaltano ma livellano. Tutti i messaggi rischiano di omologarsi al piano della pubblicità. Riesce Il messaggio cristiano a prendere le distanze dai dentifrici e dalle automobili? Se ne può dubitare.
Gli appelli pontifici al mondo, d'altronde, non sembrano andare al di là di una certa scontata ritualità. Anche quelli accorati per la pace fra israeliani e palestinesi. E si può anche ragionevolmente dubitare del rapporto fra questa presenza e l'ecumenismo. Non sarà dannosa all'ecumenismo questa «superpresenza» di Roma e del papa cattolico? Lo stesso Wojtyla aveva ammesso che il pontificato romano rappresenta il principale ostacolo all'ecumenismo.
Così per ogni sua sottolineatura. E' vero che Roma non può nascondersi, ma è anche vero che forse potrebbe evitare gli eccessi di presenze in prima pagina. A vantaggio di un maggiore silenzio, più ecumenico. E forse anche più cristiano.

 

FILIPPO GENTILONI  il manifesto 23/04/2006