IL NOBEL DEI POVERI

 

Oslo ha conferito il premio Nobel per la pace alla Grameen Bank o Banca del villaggio e al suo fondatore, il banchiere dei poveri Mohammad Yunus, nel trentesimo anniversario della banca diversa da tutte. Il premio ha scandalizzato The Economist, che vorrebbe sospenderlo, in attesa di vere guerre sulle quali un mediatore politico, un diplomatico, una vera personalità insomma, possa esercitarsi. Non un premio a una parodia di banchiere, uno che arriva a prestare ai mendicanti, naturalmente senza garanzie di sorta. O Tempora, o mores...

Gli ultimi premi del resto non erano tali da piacere al settimanale inglese: non quello del 2003 a Shirin Ebadi, giurista iraniana; non quello del 2004 a Wanghari Maathai, ambientalista kenyana; tanto meno quello del 2005 all'egiziano Mohamed El Baradei che da direttore generale della agenzia atomica Aiea ha escluso l'esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq.

Noi che siamo di bocca molto più buona ci accontentiamo. Yunus ha inventato un modello di banca che capovolge le abitudini. Di solito i banchieri prestano ai ricchi, a chi ha solide garanzie o coperture finanziarie. Per Yunus invece è chi manca di tutto questo che ha più bisogno di credito. Non è un'opera di beneficenza ma una banca vera, forse la maggiore del Bangladesh, certo di gran lunga la più conosciuta. Vive e cresce dei suoi utili e appartiene per il 95% alla clientela e per un 5% allo stato. La clientela è soprattutto femminile e i prestiti sono per lo più di scopo: la ricostruzione della casa spazzata via dall'inondazione, la mucca per il latte, la macchina da cucire, la scuola per le bambine che rimarrebbero senza. In banca vanno le mamme, a gruppi di cinque, in modo di potersi consigliare e vergognarsi un po' meno di fronte all'impiegato che raggiunge la filiale di villaggio a giorni stabiliti, pagare gli interessi, discutere i nuovi piani, decidere insieme.

La Pace del Villaggio suona come una terribile eresia di fronte all'unica religione della Banca universale, conclamata a Est e a Ovest, a Sud e a Nord. E l'eresia diventa ancora più distruttiva quando si tratta di prestare anche ai mendicanti, ai senza dimora, ai reietti della società, aiutandoli a comprare un po' di merce per rivenderla e guadagnare il piccolo prezzo per vivere. In sostanza anche agli ultimi, ciechi o storpi che siano, si suggerisce di darsi da fare, rinunciando all'elemosina per cominciare a sostenersi da soli. Del resto anche la Grameen Bank ha rinunciato alle donazioni dall'esterno, ormai da dieci anni. Yunus infatti è molto geloso della propria autonomia e sa che solo così non dipenderà dai poteri forti, che esistono anche in Asia, anche a Dacca.

La banca di villaggio ha aperto filiali, conquistando spazi all'estero, in situazioni di povertà altrettanto gravi e radicate. Ha avuto talvolta successo come in Africa, in particolare nel Benin, o in Bolivia, in Bosnia, in Nepal.

I critici hanno detto che era un errore ricopiare senza varianti il modello, poco adatto a popolazioni con stili di vita differenti. In realtà si sono messe in funzione grandi dighe per il timore che l'onda della microfinanza fuoriuscisse dai poveri paesi del Golfo del Bengala per travolgerne altri in tutto il mondo, diventando la prima banca universale, la banca dei poveri.

 

Guglielmo Ragozzino        il manifesto 14 ottobre 2006