Il no alle unioni civili. Non doveva accadere
Se la considerassimo una gaffe, faremmo un errore di sottovalutazione. Se
dicessimo che è stato un errore politico probabilmente capiremmo molto poco di
quello che è accaduto ieri a Roma, in consiglio comunale, con la bocciatura del
«Registro delle unioni civili» già istituito in varie altre città, come Padova,
Ancona, o Bari. Perché Roma è la città amministrata dal segretario del Partito
Democratico. Perché Roma dovrebbe essere il modello di un Paese che cambia. E
invece ha ragione chi dice che quarant’anni fa eravamo più laici e più civili.
La Chiesa faceva la sue debite pressioni, lo Stato laico si comportava da Stato
laico. Punto. Dunque sì al divorzio, dunque sì alla legge sull’aborto. Sembrava
un cataclisma, ed era solo un po’ di modernità e di civiltà, che non ha prodotto
cataclismi. Tutt’altro. E adesso?
1. Adesso sappiamo quanto la Chiesa stia perseguendo la strada di un ritorno al
braccio di ferro, quello vero. Adesso vediamo quanto si cerchi di influenzare la
politica, e in modo trasversale, affinché tutte le conquiste della cultura laica
vadano a finire nel cestino.
E per fare questo la Chiesa si pone come soggetto politico: influenza,
scoraggia, convince. Solo che a Roma non doveva accadere quello che è accaduto
ieri. Perché Roma è la città di Walter Veltroni, e perché è la capitale di
questo paese. Non si può avere la sensazione che esiste un’ambiguità, anche
minima, del partito democratico sui temi della laicità, e sui diritti
elementari. E non doveva accadere che, come al solito, temi che sono appartenuti
nel passato alla cultura illuminata di questo paese, dall’azionismo al
socialismo liberale, dai cattolici progressisti, al pensiero radicale e
liberale, possano diventare appannaggio e bandiera soltanto della sinistra
radicale, e talvolta con quelle consuete venature provocatorie che non
dovrebbero fare da corollario a temi serissimi come questi. Per dirla tutta, ci
riferiamo ai folcoloristici baci lesbo bloccati dal vigile in consiglio
comunale. Non possiamo delegare temi fondamentali per il paese, alle
provocazioni e al folclore un po’ idiota. Sarebbe invece il caso di farsi un
bell’esame di coscienza, e chiedersi in che direzione voglia andare il partito
democratico, soprattutto per capire che tipo di paese ha in mente. Se ha in
mente un paese dove i diritti delle coppie di fatto sono diritti fondamentali, o
se invece, dobbiamo rassegnarci a mediare di continuo con le gerarchie
ecclesiastiche sempre più aggressive e determinate. Un registro delle unioni
civile non ha nulla di rivoluzionario. E Roma non può essere da meno di Padova,
di Bari, e di Ancona. Anzi.
2. L’intervista che ieri ha rilasciato monsignor Elio Sgreccia, presidente della
Pontificia accademia per la vita, al quotidiano Repubblica è davvero
sconvolgente. Monsignor Sgreccia dice sostanzialmente tre cose. La prima: siamo
soddisfatti che la proposta di un Registro a Roma non sia passata. E pazienza.
Poi fa intendere chiaramente la seconda cosa: se non è passata è perché noi
abbiamo fatto tutte le pressioni possibili sul Comune perché non passasse.
Tradotto: il comune è di centro sinistra, le pressioni sono sui consiglieri di
centro sinistra. Poiché è facilmente immaginabile che Monsignor Sgreccia non
faccia pressioni sui consiglieri di Rifondazione, è probabile che le abbia fatte
su quelli del partito democratico. E soprattutto sull’area dentro il Pd
costituita da quella che fu la Margherita.
Ed è inutile fare gli ipocriti, e fingere che non sia così. Terza cosa. La più
agghiacciante, che va citata tra virgolette: «Le coppie di fatto vanno aiutate a
superare le loro momentanee difficoltà per accompagnarle al matrimonio. Chi ha
particolari tendenze sessuali, come gli omosessuali, non va discriminato, ma
aiutato con interventi di tipo psicologico e con terapie adeguate». Parole di
monsignor Sgreccia. O meglio ultime parole dell’intervista. Perché, e vai a
capire il motivo, la domanda successiva del giornalista dopo affermazioni di
questo genere non c’è mai. Permettiamo che sui nostri giornali laici e
democratici il presidente della «Pontificia accademia per la vita» definisca gli
omosessuali dei «malati da curare», e «con terapie adeguate», senza chiedere
spiegazioni, senza una replica, una forma di indignazione. Ma il clima che si
sta creando nel paese è questo, e l’intolleranza è purtroppo una polvere sottile
che entra dappertutto.
3. Il problema politico non si può sottovalutare. Forse metà del paese è
contrario a coppie di fatto o a registri civici. Ma l’altra metà è figlia di una
tradizione laica, liberale e progressista, che ritiene certe conquiste, e certi
diritti, fondamentali per il rispetto e la convivenza civile. Questa metà è
quella che vota, di norma a sinistra (ma non solo), questa metà vorrebbe una
posizione chiara dei partiti a cui fa riferimento, e a cui dà il proprio voto.
La sinistra prima di essere un’area politica è una galassia culturale, con i
suoi distinguo, le sue litigiosità, le sue contrapposizioni, ma anche con i suoi
punti fermi. Tra i pochi punti fermi c’è la laicità dello Stato, c’è il rispetto
per tutti, c’è il rivendicare una storia lunga e importante, che inizia con
l’Assemblea Costituente e dovrebbe arrivare fino a oggi, e che è un patrimonio
della parte migliore di questo paese. Il Partito Democratico ha dei doveri, e
forse mai come oggi ha bisogno di mostrare la più assoluta chiarezza su questi
temi, senza se e senza ma, come si diceva un tempo, e senza soccombere a troppo
inutile folclore.