No al razzismo
Settecentottantotto provvedimenti comunali contro gli immigrati emessi nel solo
Nord in 14 mesi
(luglio 2008 - agosto 2009). Che cosa sta succedendo all'Italia e agli italiani?
L'Anpi, l'Associazione
nazionale partigiani ha organizzato per oggi, a Mirano (Venezia), una
«manifestazione nazionale
contro il razzismo».
E' un «basta» a ingiustizie e cinismo, un basta «in ricordo delle vittime delle
leggi razziali e della
barbarie nazifascista». Siamo un popolo - scrive l'Anpi - che ha
conosciuto l'odio razziale imposto
per legge». Amara la sintesi: «Chi ci governa sembra aver perso la memoria».
Immigrati «respinti
alla morte quando chiedono accoglienza», «denunciati quando hanno bisogno di
cure». L'Italia di
oggi. «Siamo un popolo che ha il dovere di reagire», dice l'Anpi.
Alessandra Longo la Repubblica 12
dicembre 2009
«Noi, quelli del
Crocefisso. Loro tutti talebani»
Per capire come sia possibile, nell'anno di grazia 2009, conciliare la
fede religiosa nel cattolicesimo
con quella politica nel padanismo lumbard non bisogna aver paura di
guardare in quell'abisso fatto
di contraddizioni, gretto utilitarismo e paradossi che negli ultimi anni ha
fatto proseliti nei cuori e
nelle menti di tanti "fedeli" del Nord Italia. Perché, bisogna dirlo, di abisso
si tratta: crocifisso e
rastrellamenti di massa contro i migranti, presepe e ronde, messa di Natale e
voglia di «farla pagare
a qualcuno di questi extracomunitari: non lavorano, sono troppi e pretendono di
imporci la loro
cultura, il burqa e tutto il resto». Da diverso tempo parole di questo tenore
non sono più
appannaggio dei militanti leghisti più accesi, magari coinvolti in una
discussione nei tantissimi bar
della sterminata provincia lombarda. Le si possono ascoltare anche, ad
esempio, fuori dagli oratori,
di fatto l'unica agenzia sociale a basso costo in cui ancora oggi migliaia di
bambini e famiglie
passano una parte del loro tempo libero.
La zona di territorio più "calda", al riguardo, è la fascia
indistinta di borghi, abitazioni e capannoni
che corre fra le città di Bergamo e Brescia, dove i recenti fatti di cronaca
hanno fatto lievitare
pericolosamente il livello di tensione sociale ed intolleranza, specie nei
confronti dei migranti. Fra
gli abitanti delle due province divise dal fiume Oglio, si sa, non è mai corso
buon sangue, ma la
sincrasi fra una parte del mondo cattolico (specie di base) e il leghismo
intollerante è riuscita ad
unire quel che politica, calcio e altre mille piccole rivalità avevano
contribuito a tenere ben diviso
nel corso degli anni. Tornare a Coccaglio, il paese bresciano divenuto
tristemente famoso nel corso
delle ultime settimane per il provvedimento antimigranti denominato "White
Christmas", consente
di avere l'esatta percezione di questo cortocircuito dagli esiti
devastanti per il vivere civile delle
comunità: «Quando mio figlio - ha detto una signora coccagliese in una
delle tante interviste ad
abitanti del paese pubblicate ultimamente sui media mainstream - gioca
con i suoi amici ci sono
anche alcuni marocchini e kosovari (le etnie più presenti nell'ovest bresciano,
ndr ). A me questo
non piace. Sarei più sicura se mio figlio trascorresse il suo tempo con gli
italiani, e non con gli
altri». In questa frase, ed in altre di questo tenore che è facile ascoltare fra
le colline della
Franciacorta e la pianura circostante, c'è il nocciolo del discorso. Da una
parte, la realtà dei fatti, che
parla di una società già multiculturale ormai da tempo, con importanti momenti
di integrazione e
confronto reciproco, specie fra le giovani generazioni. Dall'altra,
invece, i timori indotti dal rumore
mediatico, da alcuni fatti di cronaca e soprattutto dalla crisi economica ed
occupazionale (la Tenaris
di Dalmine, con i suoi 700 e passa licenziamenti annunciati, è qui a due passi).
Tutto questo anima,
fra la gente comune, la paura dell'"altro" in quanto tale. Ma l'altro, qui
nella zona a cavallo fra il
Bresciano e il Bergamasco, non è identificabile con certezza. La linea di
confine fra "noi" e "loro",
non potendo passare dal colore della pelle, attraversa così il campo della
religione: "noi" siamo i
cattolici, "loro" sono i musulmani. «Perché alla fine - dice infatti un ragazzo
studente universitario
nel bar di fronte alla chiesa di un comune della bergamasca -: noi siamo quelli
del crocifisso, del
presepe, dell'amore per tutti, della solidarietà. Loro, invece? Il burqa, i
talebani e tutte quelle robe
lì». Analisi agghiacciante e brutale, nella sua capacità di esser però esempio
di un sentire comune
diffuso in nella società lombarda.
E fa niente se anche l'intolleranza mediata attraverso la
divisione religiosa, per assurdo, non regge:
molti albanesi non praticano alcuna religione, mentre in Africa sono milioni i
cristiani di diverse
confessioni. L'immagine dell'invasione islamica, di una nuova Lepanto, su
cui da anni la Lega Nord
batte in ogni gazebo fa presa sull'immaginario collettivo ed è perfettamente
funzionale alla
repressione dei conflitti intensificatisi in questi mesi di dura crisi.
«La religione - dice un frate di un
Convento del bresciano, impegnato sui temi dell'integrazione - è solo un mezzo:
il più utile, se si
vuole, perché arriva a tutti gli strati sociali della provincia lombarda, ma un
mezzo. La vera
questione è che la gente non conosce più né i propri vicini di casa né il
proprio territorio: tanto più
ci si allontana dal reale, anche in campo religioso, tanto è più facile che
nascano ibridi difficilmente
collocabili all'interno del solco di solidarietà e attenzione agli altri che
caratterizza buona parte della
Chiesa lombarda». Non occorre scomodare lo psicanalista francese Jacques Lacan e
le sue
riflessioni sul "localismo identitario", o lo scrittore argentino Luis Borges e
la sua "identità di
sabbia" per capire dove vuole andare a parare il religioso: in un
territorio sfigurato da anni di
disastri ambientali, obeso di centri commerciali, appartamenti sfitti e boom
demografico
incontrollato, la gente impaurita da crisi e mancate risposte cerca di
recuperare un'identità
riadattando quell'idea di cattolicesimo con lo spadone tanto cara ai militanti
lumbard. Causa del
problema, la Lega riesce anche questa volta a passare all'incasso del
supermarket della paura,
trascinando dalla propria parte ampi strati di "fedeli" dell'ultima ora e
parroci di paese. Incurante
degli strappi provocati al tessuto sociale , il Carroccio continua a scherzare
con il fuoco della
polveriera politica e sociale che oggi è diventata la cosiddetta "Lombardia
diffusa".
PZ, redattore "Radio Onda d'Urto"
“Liberazione 12 dicembre 2009