No al nero in prima
serata
Il 22 maggio 1979 un giovane somalo Amhed Ali Giama viene
arso vivo vicino alla chiesa di Santa Maria della Pace a Piazza Navona, Roma. È
un homeless, non ha niente, solo la sua piccola vita avvolta di stracci.
Dell’omicidio sono accusati due giovani poi assolti per non aver commesso il
fatto. Alcuni giornali parlano di una giustizia di parte.
Il 21 settembre 2009 alcuni ciclisti nel parco della Caffarella (sempre a Roma)
notano il cadavere di Ali Farah Hassan e chiamano la polizia. Ali Hassan Farah
era un profugo somalo. Lo conoscevano tutti nel quartiere, era solito lavare i
vetri al semaforo dell’incrocio tra via Appia Pignatelli e via dell’Almone.
Viveva in una tenda all’interno del parco. Era una persona tranquilla.
L’unica sua “colpa” era la sua povertà. Non rivedrà più la Somalia.
A trent’anni di distanza non è cambiato nulla per i somali in Italia. La
situazione per certi aspetti è addirittura peggiorata. L’Italia si è
chiusa in se stessa. Invece di scendere in piazza per i diritti, alcuni trovano
più facile prendersela con i settori più deboli della società. Per fortuna
c’è una Italia sana, ma quella malata comincia a farmi davvero paura. Come mai
questo odio per chi non si può difendere?
Ahmed e Ali erano rifugiati politici. Scappavano uno dalla dittatura feroce di
Siad Barre e l’altro da una guerra in-civile che ha divorato tutti i sogni (e
che è molto “alimentata” dall’Occidente che trova molto utile gettare i rifiuti
tossici in mare somalo). E come sono stati accolti? Con il fuoco e le
sprangate. Non si conoscono gli assassini di Ali Farah, ma l’Italia
lo ha già ammazzato ignorandolo. All’inizio i cronisti non sapevano
collocarlo nemmeno geograficamente. Senegalese? Ivoriano? Somalo? Se fosse stato
bianco ora al parco della Caffarella ci sarebbe stato Bruno Vespa con una
puntata speciale di Porta a Porta. Ma no i neri non meritano la prima
serata.
Igiaba Scego l'Unità 23
settembre 2009