Negata l'autonomia della persona

Più volte, nel corso degli anni, ci è capitato di dire (talvolta distrattamente, talvolta futilmente): "da
oggi siamo tutti meno liberi",
come ribaltamento polemico di una antica e ottimistica affermazione
nenniana. Ora, dopo l'approvazione in Senato della legge sulle Dichiarazioni anticipate di
trattamento, quelle parole corrispondono alla più elementare verità dei fatti: e alle concrete
condizioni della libertà individuale nel nostro Paese. Lo sappiamo bene: gli attentati ai diritti e alle
garanzie si sono ripetuti nei decenni e hanno inferto lesioni profonde al nostro ordinamento
giuridico e agli spazi di autonomia individuale e di protagonismo collettivo. Ma sono convinto che
quanto previsto dalla legge approvata in Senato rappresenti una ferita ancora più lacerante per il
nostro sistema di diritti. Per una ragione essenziale: perché penetra in profondità in ciò che
costituisce il fondamento stesso della identità personale e della soggettività umana, comprimendo
entrambe laddove esse trovano fondamento: nel corpo stesso dell'individuo.
Quella legge, cioè,
compromette gravemente il principio stesso e la sostanza più forte su cui poggia l'autonomia della
persona: la sovranità su di sé e sul proprio corpo. Cos'altro mette in discussione, se non esattamente
questo, una normativa che sottrae al titolare del corpo malato la possibilità di decidere sui
trattamenti sanitari ai quali dovrà essere sottoposto? E che subordina la volontà del paziente a quella
del medico e - ancor peggio - al dominio di macchine e di biotecnologie, sottratte alla possibilità di
conoscenza e di controllo del diretto interessato?
E, con ciò, lo stato arriva ad invadere e a "colonizzare" la sfera più intima dell'identità individuale.
Ancora: guai a pensare che si sta parlando solo ed esclusivamente di questioni che un linguaggio
codardo e ipocrita definisce "eticamente sensibili". Tali questioni hanno una relazione strettissima
con problemi terribilmente, e talvolta drammaticamente, materiali come il nascere e, appunto, il
morire, il procreare e il guarire, il soffrire e il diventare genitore. Tutte tematiche che riguardano
l'esistenza quotidiana di donne e uomini, la loro possibilità di emancipazione dal dolore e dalla
fatica, la loro speranza di essere felici (o almeno meno infelici), quanto le condizioni economiche e
sociali, il lavoro e il non lavoro, l'ambiente e la natura. Dunque, le si consideri con la massima
attenzione, quelle questioni: tanto più che esse costituiscono, e ancor più costituiranno, la posta in
gioco di intensi conflitti in tutti i paesi industrializzati. Sono, sì, straordinarie occasioni di
riflessione morale e di elaborazione giuridica: ma sono anche essenziali terreni di lotta.
Dunque,
quella iniziata al Senato e per ora conclusasi con una sconfitta, va considerata una partita ancora
tutta aperta e tutta da giocare.

Luigi Manconi      Liberazione  27 marzo 2009