Il Natale, Welby, Dio e il senso della
vita
Il
Natale, la vita che rinasce secondo il significato ancestrale della festa, mi
sembra che doni un senso positivo, un senso natalizio direi, alla stessa vicenda
di Welby, che invece è vista solo nei suoi aspetti negativi e funerei. Sul tema
dell'eutanasia molto si parla in termini politici, biologici, medici, giuridici.
E già questo è un segno di maturazione della coscienza collettiva in campo
etico. Poco si è parlato e si parla però delle radici inconsce che condizionano
le nostre scelte. Sono consapevole di addentrarmi in un tema complesso, che
richiede ben altro spazio. Ritengo ne valga la pena anche a costo di qualche
approssimazione.
La cosa più inquietante è che il rifiuto opposto
alla richiesta di Welby viene attribuito al volere di Dio, cioè parandosi dietro
al principio di natura. Ma il Dio che ha rifiutato a Welby, come a decine di
malati terminali, il diritto di essere aiutato a morire con dignità, il Dio a
cui si appellano le forze politiche d'ispirazione cristiana contrarie a
qualsiasi legge che regoli con saggezza l'eutanasia e altri aspetti dell'etica
come le coppie di fatto, la fecondazione assistita, ecc., è lo stesso tenero
bambinello del Natale, portatore di una profezia di universale rinascita? Sì,
bisogna ammetterlo è lo stesso Dio. L'identificazione di Gesù col Dio
onnipotente, creatore e padrone assoluto della vita e della morte, è frutto di
una codificazione iniziata fin dai primi secoli dell'era cristiana, con qualche
aggancio già nei Vangeli. Sta proprio in quella identificazione, la chiave della
grande vittoria del cristianesimo e il suo affermarsi come religione
dell'Impero. Il Dio della codificazione dogmatica cristiana scioglie i cuori
quando è nella mangiatoia, incute terrore quando è sul trono simbolico
dell'onnipotenza. Al fondo dei problemi etici che agitano il nostro tempo c'è
questo Dio tenero per certi aspetti e terrificante per altri. Il cristianesimo
codificato, al cui interno sempre c'è stata una ricerca alternativa condannata
però come eretica, ha umanizzato Dio onnipotente ma non l'ha detronizzato. Anzi
ha reso più condizionante la paura di lui.
Della paura di una onnipotenza che ci sovrasta, che
si chiami Dio o Natura o Destino, sono vittime credenti e non-credenti. Ci sarà
anche una certa dose di razionalità nell'intransigenza etica, ma ritengo per
lunga esperienza di anime, che l'irrazionalità della paura giochi un ruolo
fondamentale. La paura dell'onnipotenza che ci tiene in pugno è sepolta da
millenni nell'inconscio collettivo, nella zona più oscura della vita individuale
e sociale. Quella paura non basta esorcizzarla con esercizi solo mentali; non
ritengo sufficiente per es. il negazionismo ateista. Perché dal profondo essa
emerge in forme mascherate. L'appellarsi senza mediazioni al giuramento d'Ippocrate
o alla superiorità delle competenze scientifiche e tecniche e perfino all'insindacabilità
della magistratura, ad esempio, può essere usato proprio come esorcismo della
paura dall'astuzia di una mente astratta.
La paura, sepolta nella zona più oscura della vita,
ha bisogno innanzi tutto di essere riconosciuta, narrata e analizzata. Le
emergenze etiche possono essere l'occasione per dare finalmente cittadinanza a
esperienze essenziali del vivere umano, per elaborare le nostre paure e ridarci
il senso di una vita che ci appartiene non soltanto nella sua potenza ma anche
nella sua finitezza. La quale finitezza è dinamica, è creativa, è perennemente
generatrice. Tutto questo è anche un tema educativo. Dovremmo trovare i modi per
trasmettere ai bambini e ai giovani un tale senso della vita e della morte. Il
problema è che da soli non ci si fa e mancano luoghi per socializzare tali
elaborazioni e esperienze. O forse non si cercano. E quando è il momento
rimaniamo soli.
Lo stesso Natale, oltre quell'immaginario che viene
ribadito da mille simbologie, catechismi, luminarie, auguri, regali, presepi,
panettoni, può essere forse un tempo propizio per accendere anche solo un
lucignolo fumigante nell'interiorità e nelle relazioni che recuperi e attualizzi
il senso ancestrale della rinascita e diradi un po' l'oscurità sulla strada del
cammino verso la liberazione dalla paura del vivere e del morire. In questo
senso mi sento di rivolgere l'augurio natalizio a Welby e a tutto ciò che nasce
e muore e nasce senza fine.
Enzo Mazzi il manifesto 23/12/06