Il modello pagano
FILIPPO GENTILONI

I mass-media, soprattutto italiani, stanno registrando un grande successo nella Giornata mondiale della gioventù di Colonia, anche al di là di quelle che l'hanno preceduta. Papa Benedetto si è posto in piena continuità con il suo predecessore: è inutile, a quanto sembra, rilevare qualche piccola differenza di impostazione: più popolare Giovanni Paolo II, leggermente più teologico Benedetto XVI. La sostanza del messaggio è la stessa e su di essa vale la pena di riflettere. Quale modello di cristianesimo - meglio di cattolicesimo - le Giornate mondiali della gioventù vogliono trasmettere al mondo? E quale rapporto fra questo e gli altri modelli? Ce lo domandiamo anche se è troppo arduo chiedersi quale sia il modello più vero, più autentico. E quale successo il modello «giovanile» potrà avere. Non si deve dimenticare, comunque, che nel cattolicesimo convivono da sempre modelli diversi, anche contrapposti: non soltanto don Giussani e l'Opus Dei, ma anche Madre Teresa di Calcutta e padre de Foucauld.

Oggi è tempo di crisi. Pochi fedeli a messa la domenica, poche vocazioni sacerdotali, morale sessuale dimenticata. E allora i giovani. Con i mass-media che ne diffondono il messaggio. Un messaggio di vitalità, di speranza, di coraggio. I giovani di Colonia dicono anche il prevalere dei nuovi «movimenti» sulle vecchie parrocchie: più attivi, più entusiasti, soprattutto più giovani. Il messaggio di Colonia non esclude certamente le verità del Vangelo, ma sottolinea piuttosto la felicità: quella vita «piena» che solo Cristo potrebbe procurare e che, tutto sommato, si accorda abbastanza bene con quel capitalismo che sta trionfando nel mondo, occidentale e non solo.

Ai non cristiani (cattolici) rimarrebbe l'incertezza, e con essa l'infelicità. E anche l'insuccesso. Un messaggio che non può non lasciare perplessi, soprattutto in tempi di ecumenismo e di globalizzazione. D'altronde il vitalismo, nelle sue varie forme, è sempre stato di matrice più pagana che cristiana. Nel mondo moderno poi e nella sua cultura, il vitalismo porta la firma più di Nietzsche che di Kierkegaard o di altri pensatori cristiani.

Il cristianesimo come religione prima di un bambino inerme poi di un crocefisso si è imposto nel mondo piuttosto come consolazione dei sofferenti che come bandiera dei vincitori, più come speranza di un'altra vita che come celebrazione di una vita già vissuta e vincente. In questo senso le famose beatitudini del vangelo: i poveri, gli assetati, i perseguitati, gli affamati ...: non i giovani né i baciati dalla felicità. Perciò possono apparire stonate le immagini del papa che entra a Colonia su una nave, quasi come nei trionfi degli antichi imperatori. Era meno peggio il più modesto papa mobile di Giovanni Paolo II: diceva paura e insicurezza più che trionfo.

È forse apparso a qualcuno quasi significativo quel vento che ha abbattuto il braccio della grande croce che i giovani portavano come bandiera della Giornata. Un incidente paradossalmente loquace? Come se la croce avesse voluto prendersi la sua rivincita.

 

Il manifesto 19/8/05