Il modello dell'agorà

Comincia con l'antica Grecia e oggi diventa virtuale
 

I limiti della materia
La discontinuità tra l´antichità e l´oggi sta nei corpi, nel tempo e nello spazio. Allora le parole erano accompagnate dai gesti, i gesti dagli sguardi, e gli sguardi potevano smascherare il gioco tra menzogna e verità


In occasione del no-B Day i corpi si sono materializzati nella piazza, ma la loro convocazione è avvenuta attraverso quella realtà dematerializzata che è la Rete, dove lo spazio viene abolito, il tempo reso istantaneo e le persone fanno la loro comparsa con la vicaria complicità di quel loro sosia che è l´alter ego digitale. Certo c´è una bella discontinuità tra l´agorà antica, dove le parole erano accompagnate dai gesti, i gesti dagli sguardi, e gli sguardi, tradendo le intenzioni, potevano smascherare il mai risolto gioco tra menzogna e verità. Ma se guardiamo le cose più da vicino questa discontinuità si riduce, se è vero che il modo occidentale di pensare, nelle sue espressioni matematiche e filosofiche, ha preso avvio proprio dal rifiuto della percezione sensibile, per inaugurare quel pensiero immateriale che trova la sua articolazione nei costrutti della mente, che consentono di approdare a quella realtà considerata perfetta, perché liberata dai limiti della materia.
Non a caso, scrive Platone: «Ci avvicineremo tanto più al sapere quanto meno avremo relazioni col corpo». E 2000 anni dopo, Cartesio, inaugurando il metodo scientifico, scriveva: «Dato che i sensi a volte ci ingannano, volli supporre che nessuna cosa fosse tal quale i sensi ce la fanno percepire, perché non conosciamo i corpi per il fatto che li vediamo o li tocchiamo, ma per il fatto che li concepiamo per mezzo del pensiero».

Se questa è la tradizione del pensiero occidentale, che ha preso avvio nell´agorà greca dove si insegnava a prescindere dai limiti della materia, quindi dai corpi e dai sensi, c´è perfetta continuità tra l´iperuranio platonico, l´astrazione matematica, il cogito cartesiano e la realtà virtuale, capace di dare, nella comunicazione dematerializzata, l´effetto della realtà materiale senza i condizionamenti della materia.
La diffusione del telelavoro, l´osservazione di realtà altrimenti inosservabili proprie della biologia molecolare e della genetica, fino al sesso virtuale con partner virtuali, o l´ideazione di una second life rispetto a quella insoddisfacente che ci capita di vivere hanno fatto dell´agorà virtuale qualcosa di più potente e di non meno reale dell´antica agorà materiale. Ma ciò che è davvero sorprendente è che l´agorà virtuale trae spunto proprio dal tipo di pensiero che nell´antica agorà greca è stato inaugurato.
Protagonisti della società virtuale sono i giovani, che nella società reale nessuno convoca, nessuno chiama per nome. Trascurati dal mondo adulto, essi inaugurano una piazza dove si incontrano, e dove il mondo adulto, che li ha esclusi, con qualche difficoltà ha accesso. Il loro comunicare, chiamarsi e convocarsi per via telematica segnala una modalità di socializzazione e di scambi relazionali non ancora abbastanza considerato dal mondo adulto, che sotto questo profilo appare arcaico. E in questa segnalazione c´è la configurazione del futuro, che solo chi è giovane è in grado di progettare e sognare.
Nella proiezione del futuro ci sono i segni del cambiamento. Si tratta di un cambiamento che è radicale perché avviene in un linguaggio, quello virtuale, che un potere troppo vecchio nelle sue abitudini mentali e nei suoi schemi percettivi non solo fatica a capire, ma neppure ne scorge la forza e la potenza. Perché è potenza comunicare senza i limiti dello spazio, senza le attese del tempo, senza la grevità dei corpi, senza l´ingombro della materia. E proprio qui può nascere quello spiraglio di speranza che Pier Luigi Celli giustamente vedeva preclusa ai giovani se attesa dal mondo adulto. Il futuro i giovani non lo attendono più dagli adulti. Con la loro piazza virtuale semplicemente se lo prendono.

Umberto Galimberti     Repubblica 10.12.09