Il mistero del bambino
Miti
e storia dietro i simboli del natale. Fin dall´età pagana.
Quando Virgilio ne cantò la nascita.
Per molti fu una profezia dell´avvento di Cristo. Ma nel mondo classico bimbi
e culle ricorrono spesso
Nella quarta ecloga il poeta dell´Eneide annunciò l´avvento di un "puer" e di
una nuova era
Sarebbe stato l´imperatore Costantino a "cristianizzare" quei versi
Molte leggende riguardano fanciulli che avrebbero cambiato gli eventi
All´inizio della quarta ecloga Virgilio aveva avvertito le Muse: sto per cantare
qualcosa di più grande, arbusti e tamerici non bastano più! La poesia bucolica,
con le sue selve abitate da pastori innamorati, cede il passo a ben altro
annunzio. Di che si trattava? Nientemeno che di una nuova era, profetizzata
dalla Sibilla di Cuma. L´ordine dei tempi ricomincia da capo, aveva detto la
veggente, e una nuova progenie sta per scendere dal cielo. Torna l´età dell´oro,
mentre la Vergine, cioè la giustizia, scende nuovamente fra gli uomini. E se
ancora restano tracce della colpa, quella provocata dagli orrori della guerra
civile, con il "suo" avvento anch´esse saranno cancellate. Ma l´avvento di chi?
Di un bambino.
La grande invenzione che dà vita alla quarta ecloga è per l´appunto questa:
la fine dell´orrore e l´inizio di un tempo nuovo vengono fatti coincidere con la
nascita di un puer. Un bambino vero, al quale si chiede di sorridere ai
propri genitori - la madre lo ha portato in grembo per nove mesi, lo merita -
affinché essi ricambino a loro volta quel sorriso; ma nello stesso tempo un
bambino divino.
Il puer infatti è destinato a vivere con gli dei, mentre attorno alla sua culla
le meraviglie si moltiplicano. Cade il velenoso serpente assieme ad ogni erba
mortifera, le pecore non debbono più temere i leoni e le caprette offrono
fiduciose le mammelle gonfie di latte. Nel frattempo, la culla in cui giace il
puer si riempie spontaneamente di fiori profumati. La rinascita del mondo, nella
quarta ecloga di Virgilio, si annunzia dunque in questo modo. Vi era di che
colpire la fantasia di chiunque. Anche di un imperatore.
Quasi quattro secoli dopo, infatti, Costantino tenne un´omelia per il venerdì
santo indirizzandola «all´assemblea dei devoti di Dio». In questo discorso
l´imperatore - lo stesso che dichiarò cristiano l´impero - compì un atto che
avrebbe mutato il destino della quarta ecloga: la cristianizzò.
L´intenzione era chiara. Dimostrare che la nuova religione aveva dalla sua
perfino il maggior poeta di Roma. Secondo Costantino, infatti, Virgilio
aveva parlato in modo coperto, per timore di rappresaglie, ma la sua volontà di
annunziare il Salvatore era chiara. Chi altro poteva essere la «Vergine»
dell´ecloga se non Maria? E quale segno più esplicito del velenoso serpente che
«cade» contestualmente alla nascita del bambino? Anche sulla culla del puer, in
verità, Costantino compì un´operazione di sottile ermeneutica cristiana -
anzi, di abile falsificazione. Nella versione greca del testo di Virgilio,
offerta ai fedeli dall´imperatore, la «culla» in cui giace il bambino viene
sostituita dalle «fasce» che lo avvolgono.
Perché? La spiegazione è teologica. Nel Vangelo di Luca, quando l´angelo
annuncia ai pastori la nascita del Salvatore, lo fa con queste parole: «ed ecco
il segno: troverete il bambino avvolto nelle fasce e deposto in una mangiatoia».
Le fasce formano una parte imprescindibile dello scenario cristiano,
costituiscono addirittura un «segno» della divinità. Sostituendole alla «culla»
di Virgilio, Costantino identificava definitivamente il puer dell´ecloga con il
bambino Gesù.
Gli studiosi continuano a chiedersi se questa orazione sia davvero opera
dell´imperatore - o meglio, di qualche letterato di corte - oppure l´abile
montatura di un falsario. Ma questo importa poco. Negli stessi anni, infatti, un
analogo tentativo di cristianizzare l´ecloga era stato compiuto anche da
Lattanzio; e qualora l´autore dell´orazione fosse non Costantino, ma un
falsario, ciò non farebbe che confermare il desiderio, da parte della nuova
religione, di avere dalla propria parte il maggior poeta romano. In ogni caso,
al contenuto messianico dell´ecloga credettero fermamente, nel corso del tempo,
personaggi come Pietro Abelardo o Dante Alighieri; e innumerevoli generazioni di
cristiani hanno continuato a credervi. Ma allora, chi fu veramente il puer della
quarta ecloga?
Torniamo all´inizio della vicenda. Siamo nel 43 avanti Cristo, nel pieno della
sanguinosa guerra civile fra Ottaviano e Antonio. Inutile dire che, a questa
data, Virgilio non poteva avere alcuna nozione del cristianesimo, per il
semplice fatto che esso non era ancora nato. L´ecloga è dedicata a Pollione,
console di quell´anno, per cui si potrebbe semplicemente pensare che il puer
fosse figlio di costui. Ma davvero Virgilio avrebbe potuto celebrare il rampollo
del console come se si fosse trattato di un fanciullo divino, il cui avvento
doveva segnare un rinnovamento cosmico?
Sarebbe stato troppo. Non sono mancate perciò interpretazioni più mistiche, o
esoteriche, dell´ecloga, secondo le quali il poeta si sarebbe ispirato a culti
egiziani o a testi giudaici. Ma quale senso avrebbe avuto, per il pubblico di
Virgilio, la ripresa di temi o motivi biblici di cui in quel tempo a Roma si
conosceva ben poco? Non facciamoci ingannare dall´importanza che il giudaismo,
specie attraverso la mediazione cristiana, ha assunto nel seguito della storia
occidentale: la cultura dei Romani, nel primo secolo a. C., era ben diversa
dalla nostra. In realtà, non sapremo mai chi fu il puer della quarta ecloga.
Ma forse possiamo saperne di più sulla sua culla.
Nella
tradizione antica, infatti, altri bambini giacquero in una culla dai caratteri
divini. Dioniso prima di tutto, deposto dopo la nascita in un lìknon, un
ventilabro: ossia una sorta di cesto, aperto su uno dei lati, che veniva
utilizzato per separare il grano dalla pula. Gli antichi definivano «mistico» il
lìknon di Dioniso, e liknìtes, «quello del ventilabro», era uno dei nomi con cui
il dio veniva invocato nei misteri. Ma anche Zeus, nella grotta di Creta che lo
ospitò neonato, fu deposto in una «culla dorata», mentre la capra Amaltea gli
porgeva la mammella e l´ape Panacride gli dispensava il proprio miele; e ancora
in una «sacra culla» giacque Hermes, il futuro uccisore di Argo.
Sono gli innumerevoli miti che ci raccontano la storia di bambini, destinati a
cambiare il corso degli eventi, che proprio per questo ebbero anche una nascita
straordinaria. Non solo Dioniso o Zeus, ma anche Ciro il grande o Romolo e Remo,
eroi che, quando vennero al mondo, trovarono ad accoglierli una natura
inaspettatamente benevola. Acque che placano il loro corso vorticoso, piante che
nutrono, animali del bosco o della campagna - un lupa per i gemelli romani, una
cagna per Ciro - che esibiscono mansuetudine, e in questo modo forniscono un
«segno» indiscutibile del superiore destino che attende l´eroe. Proprio quel che
avviene attorno al puer di Virgilio.
Di questa medesima schiera fa parte anche il piccolo Gesù del Vangelo di Luca.
Anche lui deposto in una culla insolita, la mangiatoia, proprio come Dioniso nel
ventilabro; anche lui circondato da una natura splendente e miracolosa. Guardata
con gli occhi dell´antropologo del mondo antico, l´interpretazione della quarta
ecloga fornita da Costantino finisce in realtà per rovesciarsi. Se
l´imperatore credeva che il puer virgiliano fosse una metafora del Salvatore, a
noi sembra piuttosto il contrario. La tradizione cristiana della nascita di Gesù
- con il suo scenario di meraviglie, le sue greggi, la sua coppia di animali
soccorrevoli - ricorda molto il modo in cui Virgilio, oltre un secolo prima che
i vangeli fossero redatti, aveva descritto l´avvento del misterioso puer
destinato a rinnovare il mondo.
Il fatto è che entrambe queste nascite sono episodi del ciclo millenario del
bambino meraviglioso. All´interno di questo ciclo miti e racconti hanno
continuato ad inseguirsi, ad alludersi, a cercarsi, in un gioco che non si è mai
interrotto. Come dire che, quando oggi si sparge il muschio attorno alla
mangiatoia, nel presepio, o si dispongono le caprette fuori dalla grotta,
si ricompone uno scenario al quale ha verosimilmente contribuito anche Virgilio.
Maurizio Bettini Repubblica 24.12.08