MASTROLINDO

Avevo deciso di non guardarlo più. Invece quel martedì sera l’ho fat­to. Avevo deciso di dimenticarlo. Invece l’ho addirittura sognato e nel sogno mi era simpatico. Mi sono spaventato di me stesso, ma so­no grato al sogno. Ho capito come funziona. E’ come la pubblicità: una netta separazione tra ragione ed emozione. E’ così che funziona la pubblicità, per esempio delle sigarette. Tutto ciò che la tua ragione e la tua esperienza sanno sulle sigarette è nega­tivo: sono una schiavitù, ingialliscono denti e pelle, ti fanno ammalare e invecchiare, e ti uccidono. Ma la pubblicità è il contrario: paesaggi sconfinati, denti bianchi, cowboy giovani e liberi. E funziona. Funziona perché un’emozione veicolata da un’immagine è più forte di qualunque concetto. E’ così che funziona anche Mastrolindo. Il mio cervello lo ha ascoltato per due ore: quasi tutto quello che diceva a Porta a Porta il 31gennaio era falso o esagerato o ingiurioso. Il mio cervello lo sapeva. Ma il mio cuore era con lui, con la sua vitalità, la sua simpatia, la sua gigioneria, la sua voce rotonda ma leggermente incrinata.

È quasi inutile contestare una per una le falsità, perché il gioco è emotivo non razionale. Per chiedere la rielezione un capo di governo deve spiegare uno per uno i suoi successi e le sue promesse mantenute e perché i programmi dell’opposizione non farebbero bene al paese op­pure perché non possono essere realizzati. Voci autorevoli come l’agenzia Standard & Poor’s o il quotidiano conservatore zurighese Neue Zürcher Zeitung ritengono che il capo del governo non ab­bia mantenuto gran parte delle sue promesse elettorali. Secondo i suoi stessi impegni quindi non dovrebbe più ricandidarsi. Eppure Mastrolindo non ha fatto il minimo accenno al “contrat­to con gli italiani”. Invece ha dedicato due ore a dipingere i suoi oppositori come dei delinquenti e dei deficienti, chiamandoli sempre la sinistra; anche se i suoi critici più severi (per esempio Indro Montanelli o L’Economist) non sono di sinistra. Ha denunciato “un Pentagono rosso” che dominerebbe l’informazione e il potere in Italia attraverso i comuni rossi, le giunte rosse, le coop rosse, la finanza rossa, la scuola rossa, la stampa rossa, la magistra­tura rossa. È vero, in Italia c’è una situazione di dominio poli­tico dei media incompatibile con la democrazia. Infatti la Free­dom House, la “casa della libertà” quella vera, fondata negli Stati Uniti da Eleanor Roosevelt quando Mastrolindo aveva i calzoni corti, definisce l’Italia “paese semilibero”, al 77° posto nella classifica mondiale della libertà di stampa. Però secondo Freedom House il dominio mediatico in Italia non è del “Pen­tagono rosso” ma di Mastrolindo e delle sue aziende,

Lui e “la sinistra” - ha detto - sono come l’agnello e il lupo nella favola di Fedro. Lui è l’agnello e l’opposizione il lupo, che minaccia la libertà in Italia. Lo strapotere mediatico e finanziario della “sinistra” - ha detto - accusa lui, l’agnello, di abu­sare degli affari e dei media. Proprio come il lupo accusava l’agnello di sporcargli l’acqua del fiume, anche se in realtà era lui a sporcare l’acqua dell’agnello, che si abbeverava più a valle.

Ma in quale paese democratico il capo del governo ha la faccia tosta di definire sé un agnello e l’opposizione il lupo? Poi: da quando governo io il prestigio dell’Italia nel mondo è au­mentato. Sono stato io a far fare la pace tra Putin e Bush. Odio andare in tv, lo faccio per spirito di sacrificio. Di enormità del genere “l’uomo che mente anche quando respira”, come lo chia­mava Montanelli, ne ha dette molte. Eppure è inutile argo­mentare. La cosa che conta di più in tv non sono gli argomen­ti, ma il transfert emotivo. La carica di vitalità e di simpatia a buon mercato è la qualità più efficace di Mastrolindo per far presa su un pubblico di bocca buona, quei due o tre milioni me­no informati che sono l’ago della bilancia di ogni elezione.

Il transfert emotivo a favore di Mastrolindo organizzato dalla Rai con i nostri soldi è per la ver­gogna della tv pubblica. Lui si era portato un suo pubblico che lo applaudiva non quando espone­va qualche argomento razionale ma ogni volta che alzava la voce, scherniva o denigrava la magi­stratura e l’opposizione. Nessun antagonista, né tanto meno i quattro giornalisti-marionette in studio, contestavano le maggiori enormità. Nes­suno competeva con lui con contro-argomenti per strappare qualche applauso. Tutti gli applausi erano per lui e per le affermazioni più esagerate secondo la tecnica tipica degli show, dove il pub­blico applaude a comando anche al solo apparire della star e poi ogni volta che si accende il cartello “applausi”.

In tutti i paesi con libere elezioni le tribune politiche televi­sive si svolgono senza falso pubblico in studio oppure con un pubblico silenzioso. Quando ci sono applausi, vanno in parti uguali a tutti i dibattenti, perché il pubblico in studio è rap­presentativo di varie tendenze. Lukashenko in Bielorussia, Castro a Cuba e Mastrolindo in Italia sono i soli capi di governo che possono fare un comizio e uno show di due ore senza con­traddittorio sulla televisione pubblica con un pubblico su mi­sura che li applaude e possono clonarlo quasi ogni giorno su diversi canali per due settimane.

 Beppe Grillo

Questo testo è tratto dallo spettacolo Incantesimi. L’indirizzo del blog di Beppe Grillo è www.beppegrillo.it. L’intera raccolta degli articoli è on line: www.intenwzionale.it/beppegrillo