Manifesto scientifico. La bufala delle razze umane
Le razze umane non esistono. Sono un mito. Un mito pericoloso. Ogni uomo è
geneticamente diverso da ogni altro. Ma l’umanità non è costituita da piccoli e
grandi gruppi diversi per struttura genetica. È piuttosto una rete estesa di
persone geneticamente e culturalmente collegate in maniera dinamica tra loro. E
quell’aggettivo, dinamico, è da sottolineare. Perché di fatto, nessun popolo nel
corso dei secoli può essere considerato isolato geneticamente.
E in particolare, è un mito senza fondamento che sessanta milioni di nativi
dell’Italia discendano da famiglie che abitano la penisola da almeno mille anni.
Il “meticciato” genetico e culturale è una caratteristica dell’Italia come
dell’intera umanità. Di più, è un bene. Sia sul piano strettamente biologico,
sia sul piano culturale.
È questo, in estrema sintesi, il contenuto del «manifesto antirazzista» che un
gruppo di scienziati italiani - tra i primi firmatari Rita levi Montalcini,
Enrico Alleva, Guido Barbujani, Laura Dalla Ragione, Elena Gagliasso Luoni,
Massimo Livi Bacci, Alberto Piazza, Agostino Pirella, Frencesco Remotti, Filippo
Tempia, Flavia Zucco - presenterà il prossimo 10 luglio a San Rossore
nell’ambito di una tradizionale manifestazione della Regione Toscana, dedicata
quest’anno alla mobilitazione «contro ogni razzismo».
Il «manifesto antirazzista» sarà illustrato dal biologo Marcello Buiatti e
introdotto dal Presidente della Regione, Claudio Martini, a sessant’anni dalla
pubblicazione, avvenuta il 14 luglio 1938, del «manifesto della razza» a opera
di un gruppo di scienziati fascisti. Quello di San Rossore è un vero e proprio
“contro-manifesto” in termini letterali. Perché a ciascuna delle dieci tesi del
famigerato “manifesto della razza” oppone una tesi diversa, alla luce delle
moderne conoscenze scientifiche. Dimostrando che con quel famigerato atto gli
scienziati fascisti tradirono insieme la scienza, i valori della comunità
scientifica e la loro stessa umanità.
Tradirono la scienza, perché già allora vi erano tutti gli elementi per
affermare che il concetto biologico di razza è una pura invenzione. Oggi tutti
gli studi genetici lo dimostrano al di là di ogni possibile dubbio.
La genetica, infatti, ha consentito di chiarire almeno cinque punti rispetto
alla variabilità tra gli individui e all’esistenza delle razze umane:
1. Ogni uomo è geneticamente diverso da ogni altro. È un organismo biologico
unico e irripetibile.
2. Se si considerano i singoli geni, essi sono sempre presenti in quasi tutte le
popolazioni umane, anche se con frequenza diversa. In pratica, la frequenza dei
singoli geni di tutte le popolazioni umane è largamente sovrapponibile. E, in
particolare, nessun gene specifico può essere utilizzato per distinguere una
popolazione umana dall’altra. Le popolazioni umane sono geneticamente molto
simili le une alle altre.
3. C’è invece una grande variabilità genetica tra gli individui, tra gli uomini.
Nessuno di noi porta i medesimi geni di un altro uomo. Tuttavia la gran parte di
questa variabilità è anteriore alla formazione delle diverse popolazioni ed è
probabilmente persino anteriore alla formazione della specie sapiens. In ogni
caso, diversi studi indipendenti hanno dimostrato che almeno l’85% della
diversità genetica (ovvero dell’insieme dei geni umani) è presente in ogni
popolazione del mondo, il 5% della variabilità genetica è presente tra tutte le
popolazioni del medesimo continente, e il residuo 10% si verifica tra
popolazioni di diversi continenti.
4. La variabilità genetica all’interno delle singole popolazioni, per esempio
tra gli europei o gli italiani, è elevatissima. Mentre le differenze genetiche
tra i tipi mediani delle diverse popolazioni, tra gli italiani e gli etiopi, per
esempio, sono modeste e pressocché irrilevanti rispetto alla variabilità interna
alle singole popolazioni. In pratica due italiani possono essere geneticamente
molto diversi tra loro. Molto più di quanto non siano diversi un italiano medio
e un etiope medio.
5. La contaminazione genetica tra le diverse popolazioni umane è costante ed
elevatissima. Lo confermano persino gli ultimi sequenziamento dell’intero genoma
umano. Nei mesi scorsi il premio Nobel per la biologia James Dewey Watson,
scopritore con Francis Crick della struttura a doppia elica del Dna, ha
pubblicato i risultati del sequenziamento del suo Dna. E non senza una sua certa
costernazione - Watson aveva detto che i neri sono meno intelligenti dei bianchi
- ha scoperto che il 9% dei propri geni ha un’origine asiatica e che uno dei
suoi bisnonni o, comunque, dei sui antenati recenti era di origine africana.
Ma il “contro-manifesto” di San Rossore dimostra anche - e soprattutto - che gli
scienziati fascisti tradirono non solo la scienza (intesa come conoscenza
rigorosa), ma anche i valori fondanti della comunità scientifica, mettendo il
loro sapere non al servizio dell’intera umanità - come indicava già nel ’600
Francis Bacon - ma al servizio di un’ideologia pericolosa che voleva dividere
gli uomini gli uni dagli altri, per discriminarli.
E con ciò, quegli scienziati fascisti, si macchiarono della colpa più grave:
tradirono la loro stessa umanità.
Il “contro-manifesto della razza” che gli scienziati italiani presenteranno a
San Rossore il prossimo 10 luglio non ha, dunque, solo un valore storico e
scientifico (e non sarebbe certo poca cosa). Ma ha un valore politico di
stringente attualità. Troppe parole, troppi episodi, persino qualche
disposizione di governo nel nostro paese stanno alimentando il fuoco della
discriminazione razziale. È ora - ci dicono gli scienziati preoccupati di San
Rossore - che questi venti cessino di soffiare e che il fuoco della
discriminazione razziale venga definitivamente spento. Prima che scoppi,
improvviso, un nuovo incendio.
Pietro Greco l’Unità 8.7.08
Il documento: «Le razze non esistono. Ce n’è solamente una: quella umana»
Demografi, genetisti, filosofi, psichiatri e ricercatori: ecco l’appello
contro le discriminazioni
«Il razzismo è contemporaneamente omicida e suicida. Gli ebrei italiani sono
ebrei e italiani»
I. Le razze umane non esistono. L’esistenza delle razze umane è un’astrazione
derivante da una cattiva interpretazione di piccole differenze fisiche fra
persone, percepite dai nostri sensi, erroneamente associate a differenze
«psicologiche» e interpretate sulla base di pregiudizi secolari. Queste astratte
suddivisioni, basate sull’idea che gli umani formino gruppi biologicamente ed
ereditariamente ben distinti, sono pure invenzioni da sempre utilizzate per
classificare arbitrariamente uomini e donne in «migliori» e «peggiori» e quindi
discriminare questi ultimi (sempre i più deboli), dopo averli additati come la
chiave di tutti i mali nei momenti di crisi.
II. L’umanità, non é fatta di grandi e piccole razze. È invece, prima di tutto,
una rete di persone collegate. È vero che gli esseri umani si aggregano in
gruppi d’individui, comunità locali, etnie, nazioni, civiltà; ma questo non
avviene in quanto hanno gli stessi geni ma perché condividono storie di vita,
ideali e religioni, costumi e comportamenti, arti e stili di vita, ovvero
culture. Le aggregazioni non sono mai rese stabili da DNA identici; al
contrario, sono soggette a profondi mutamenti storici: si formano, si
trasformano, si mescolano, si frammentano e dissolvono con una rapidità
incompatibile con i tempi richiesti da processi di selezione genetica.
III. Nella specie umana il concetto di razza non ha significato biologico.
L’analisi dei DNA umani ha dimostrato che la variabilità genetica nelle nostra
specie, oltre che minore di quella dei nostri «cugini» scimpanzé, gorilla e
orangutan, è rappresentata soprattutto da differenze fra persone della stessa
popolazione, mentre le differenze fra popolazioni e fra continenti diversi sono
piccole. I geni di due individui della stessa popolazione sono in media solo
leggermente più simili fra loro di quelli di persone che vivono in continenti
diversi. Proprio a causa di queste differenze ridotte fra popolazioni, neanche
gli scienziati razzisti sono mai riusciti a definire di quante razze sia
costituita la nostra specie, e hanno prodotto stime oscillanti fra le due e le
duecento razze.
IV. È ormai più che assodato il carattere falso, costruito e pernicioso del mito
nazista della identificazione con la «razza ariana», coincidente con l’immagine
di un popolo bellicoso, vincitore, «puro» e «nobile», con buona parte
dell’Europa, dell’India e dell’Asia centrale come patria, e una lingua in teoria
alla base delle lingue indo-europee. Sotto il profilo storico risulta
estremamente difficile identificare gli Arii o Ariani come un popolo, e la
nozione di famiglia linguistica indo-europea deriva da una classificazione
convenzionale. I dati archeologici moderni indicano, al contrario, che l’Europa
è stata popolata nel Paleolitico da una popolazione di origine africana da cui
tutti discendiamo, a cui nel Neolitico si sono sovrapposti altri immigranti
provenienti dal Vicino Oriente. L’origine degli Italiani attuali risale agli
stessi immigrati africani e mediorientali che costituiscono tuttora il tessuto
perennemente vivo dell’Europa. Nonostante la drammatica originalità del razzismo
fascista, si deve all’alleato nazista l’identificazione anche degli italiani con
gli «ariani».
V. È una leggenda che i sessanta milioni di italiani di oggi discendano da
famiglie che abitano l’Italia da almeno un millennio. Gli stessi Romani hanno
costruito il loro impero inglobando persone di diverse provenienze e dando loro
lo status di cives romani. I fenomeni di meticciamento culturale e sociale, che
hanno caratterizzato l’intera storia della penisola, e a cui hanno partecipato
non solo le popolazioni locali, ma anche greci, fenici, ebrei, africani,
ispanici, oltre ai cosiddetti «barbari», hanno prodotto l’ibrido che chiamiamo
cultura italiana. Per secoli gli italiani, anche se dispersi nel mondo e divisi
in Italia in piccoli Stati, hanno continuato a identificarsi e ad essere
identificati con questa cultura complessa e variegata, umanistica e scientifica.
VI. Non esiste una razza italiana ma esiste un popolo italiano. L’Italia come
Nazione si é unificata solo nel 1860 e ancora adesso diversi milioni di
italiani, in passato emigrati e spesso concentrati in città e quartieri
stranieri, si dicono e sono tali. Una delle nostre maggiori ricchezze, é quella
di avere mescolato tanti popoli e avere scambiato con loro culture proprio
«incrociandoci» fisicamente e culturalmente. Attribuire ad una inesistente
«purezza del sangue» la «nobiltà» della «Nazione» significa ridurre alla
omogeneità di una supposta componente biologica e agli abitanti dell’attuale
territorio italiano, un patrimonio millenario ed esteso di culture.
VII. Il razzismo é contemporaneamente omicida e suicida. Gli Imperi sono
diventati tali grazie alla convivenza di popoli e culture diverse, ma sono
improvvisamente collassati quando si sono frammentati. Così é avvenuto e avviene
nelle Nazioni con le guerre civili e quando, per arginare crisi le minoranze
sono state prese come capri espiatori. Il razzismo é suicida perché non colpisce
solo gli appartenenti a popoli diversi ma gli stessi che lo praticano. La
tendenza all’odio indiscriminato che lo alimenta, si estende per contagio ideale
ad ogni alterità esterna o estranea rispetto ad una definizione sempre più
ristretta della «normalità». Colpisce quelli che stanno «fuori dalle righe», i
«folli», i «poveri di spirito», i gay e le lesbiche, i poeti, gli artisti, gli
scrittori alternativi, tutti coloro che non sono omologabili a tipologie umane
standard e che in realtà permettono all’umanità di cambiare continuamente e
quindi di vivere. Qualsiasi sistema vivente resta tale, infatti, solo se é
capace di cambiarsi e noi esseri umani cambiamo sempre meno con i geni e sempre
più con le invenzioni dei nostri «benevolmente disordinati» cervelli.
VIII. Il razzismo discrimina, nega i collegamenti, intravede minacce nei
pensieri e nei comportamenti diversi. Per i difensori della razza italiana
l’Africa appare come una paurosa minaccia e il Mediterraneo è il mare che nello
stesso tempo separa e unisce. Per questo i razzisti sostengono che non esiste
una «comune razza mediterranea». Per spingere più indietro l’Africa gli
scienziati razzisti erigono una barriera contro «semiti» e «camiti», con cui più
facilmente si può entrare in contatto. La scienza ha chiarito che non esiste una
chiara distinzione genetica fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una
parte gli Orientali e gli Africani dall’altra. Sono state assolutamente
dimostrate, dal punto di vista paleontologico e da quello genetico, le teorie
che sostengono l’origine africana dei popoli della terra e li comprendono tutti
in un’unica razza.
IX. Gli ebrei italiani sono contemporaneamente ebrei ed italiani. Gli ebrei,
come tutti i popoli migranti ( nessuno é migrante per libera scelta ma molti lo
sono per necessità) sono sparsi per il Mondo ed hanno fatto parte di diverse
culture pur mantenendo contemporaneamente una loro identità di popolo e di
religione. Così é successo ad esempio con gli Armeni, con gli stessi italiani
emigranti e così sta succedendo con i migranti di ora: africani, filippini,
cinesi, arabi dei diversi Paesi , popoli appartenenti all’Est europeo o al Sud
America ecc. Tutti questi popoli hanno avuto la dolorosa necessità di dover
migrare ma anche la fortuna, nei casi migliori, di arricchirsi unendo la loro
cultura a quella degli ospitanti, arricchendo anche loro, senza annullare,
quando é stato possibile, né l’una né l’altra.
X. L’ideologia razzista é basata sul timore della «alterazione» della propria
razza eppure essere «bastardi» fa bene. È quindi del tutto cieca rispetto al
fatto che molte società riconoscono che sposarsi fuori, perfino con i propri
nemici, è bene, perché sanno che le alleanze sono molto più preziose delle
barriere. Del resto negli umani i caratteri fisici alterano più per effetto
delle condizioni di vita che per selezione e i caratteri psicologici degli
individui e dei popoli non stanno scritti nei loro geni. Il «meticciamento»
culturale é la base fondante della speranza di progresso che deriva dalla
costituzione della Unione Europea. Un’Italia razzista che si frammentasse in
«etnie» separate come la ex-Jugoslavia sarebbe devastata e devastante ora e per
il futuro. Le conseguenze del razzismo sono infatti epocali: significano perdita
di cultura e di plasticità, omicidio e suicidio, frammentazione e implosione non
controllabili perché originate dalla ripulsa indiscriminata per chiunque
consideriamo «altro da noi».
Enrico Alleva, Docente di Etologia, Istituto Superiore di Sanità, Roma; Guido
Barbujani, Docente di Genetica di popolazioni, Università Ferrara; Marcello
Buiatti, Docente di Genetica, Università di Firenze; Laura dalla Ragione,
Psichiatra e psicoterapeuta, Perugia; Elena Gagliasso, Docente di Filosofia e
Scienze del vivente, Università La Sapienza, Roma; Rita Levi Montalcini,
Neurobiologa, Premio Nobel per la Medicina; Massimo Livi Bacci, Docente di
demografia, Università di Firenze; Alberto Piazza, Docente di Genetica Umana,
Università di Torino; Agostino Pirella, Psichiatra, co-fondatore di Psichiatria
democratica, Torino; Francesco Remotti, Docente di Antropologia culturale,
Università di Torino; Filippo Tempia, Docente di Fisiologia, Università di
Torino; Flavia Zucco, Dirigente di Ricerca, Presidente Associazione Donne e
Scienza, Istituto di Medicina molecola
l’Unità 8.7.08