Magdi Allam
Per ragioni di metodo e di merito, la conversione al cattolicesimo di Magdi Allam nella notte di Pasqua oltrepassa, ci sembra, il caso personale, aprendo problemi complessi sui quali anche noi vogliamo dire la nostra opinione (ovviamente… opinabile).
Conquista «non negoziabile» della modernità è il rispetto della libertà religiosa, in linea di principio e di fatto; le Chiese hanno impiegato più tempo ad arrivare a questo approdo: la Chiesa cattolica romana vi è giunta solo nel 1965, durante il Concilio Vaticano II, con la dichiarazione «Dignitatis humanae».
Sarà bene ricordare che per secoli il magistero papale e conciliare rifiutò assolutamente il principio della libertà religiosa, ritenendo che non si potessero mettere sullo stesso piano tutte le religioni, ma, al contrario, che tutti dovessero accogliere la «unica vera religione», quella cristiana. Sempre si affermò, anche, che l’atto di fede doveva essere libero; ma, nel contempo, nella «Societas christiana», si tentò di punire chi non aderisse a quella fede o, peggio, l’abbandonasse. Il Concilio Lateranense IV (1215) concesse la stessa indulgenza – remissione della pena legata ai propri peccati – che si dava ai Crociati anche «a coloro che avessero sterminato gli eretici»: in quel caso, i catari della Francia meridionale, poi uccisi a migliaia. Il rogo, spesso usato dall’Inquisizione contro gli «eretici» (così definiti, si badi, dal potere dominante), rientrava nella stessa logica: non s’ammetteva che un cattolico avesse idee teologiche difformi dal magistero ufficiale. Tra il Cinquecento e il Seicento «guerre di religione» insanguinarono l’Europa: non cristiani contro musulmani, ma cristiani cattolici contro cristiani protestanti.
Nell’Ottocento, Gregorio XVI e Pio IX definirono «delirio» la tesi di chi – seguace dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese – rivendicava il principio della libertà religiosa: secondo quei papi, sarebbe stato assurdo porre sullo stesso piano il diritto alla verità e quello all’errore, la «vera religione» (cattolica) con la «eresia». Invece, il Vaticano II affermerà: il diritto di seguire le proprie idee religiose è costitutivo della persona umana; spetterà a Dio, poi, giudicarla se avrà seguito o no quella che in coscienza pensava essere la verità; e la Chiesa, ovviamente, continuerà a proclamare quella che ritiene la verità, ma dovrà rispettare chi non la segue. Tuttavia, anche il nuovo Codice di Diritto canonico, varato da papa Wojtyla nel 1983, persiste nel definire «apostata» chi «ripudia la fede cristiana», e questi è scomunicato. Una condanna che oggi non ha effetti civili; ma un tempo…
L’Islam – nella sua concreta attuazione storica – ha faticato anch’esso ad accettare il principio della libertà religiosa. In realtà, essa è affermata con chiarezza da alcuni passaggi del Corano, ma messa in ombra da altri. O, meglio, se il Corano riconosce il diritto di cristiani ed ebrei a seguire la propria religione, ritiene però inammissibile che un musulmano ripudi l’Islam, la «vera religione» che corona l’Ebraismo e il Cristianesimo. Dal punto di vista teologico, il suo atteggiamento è analogo a quello del magistero cattolico; la differenza, oggi, è nella legislazione civile. Infatti, in alcuni paesi islamici la «apostasia» può essere punita, per legge, con la morte; e questo perché l’interconnessione tra legislazione civile e legislazione religiosa è inestricabile, oppure solo la Sharia – legge islamica – è normativa. In altri paesi musulmani non è la legislazione civile, ma la mentalità diffusa che pretende perfino l’eliminazione fisica dell’«apostata».
Merito grande dell’Occidente è aver affermato, erga omnes, verso tutti, come principio fondante, il diritto alla libertà religiosa, e dunque il diritto a cambiare religione. La legislazione civile nulla ha da dire in proposito, se non quello di rispettare, e far rispettare, tale diritto. Anche come semplici osservatori, dunque – e veniamo alla cronaca – per Magdi Allam dovremmo solo dire che era un suo pienissimo diritto cambiare religione, e farsi cattolico. Ma, nel suo caso, vi sono circostanze «aggiuntive» che fanno problema. A parte le affermazioni del neo-convertito, che definisce l’Islam «fisiologicamente violento» (generalizzazione che ignora i milioni di musulmani, uomini e donne, che danno esempi di altruismo e di rispetto anche per i non musulmani), la questione cruciale è che a battezzarlo sia stato il papa in persona, in una cerimonia trasmessa per televisione.
In Medio Oriente e nel Sud-Est asiatico, oggi la religione è pretesto per guerre che in realtà si combattono per motivi politici e per il petrolio; e certamente vi sono gruppi – come quelli legati a Bin Laden – disposti a tutto per punire l’Occidente «cristiano» (il cristiano George W. Bush ha invocato Dio per attaccare l’Iraq), e per eliminare gli «apostati» dall’Islam. In tale, aspro contesto, se il capo della Chiesa cattolica pubblicamente battezza un (ex) musulmano, ben noto per le sue battaglie ideologiche anti-islamiche, compie un gesto gravido di conseguenze, perché da alcuni (non da tutti) sarà considerato provocatorio.
Al di là delle smentite ufficiali, e delle intenzioni, nei fatti Benedetto XVI ha lanciato un guanto di sfida all’Islam, per affermare il diritto alla libertà religiosa e, ancor più, sottolineare «urbi et orbi» che unico salvatore del mondo è Cristo, e unica Chiesa pienamente tale quella guidata dal pontefice romano. Tutto si può fare: ma, dopo il già deplorato incidente di Ratisbona (nel 2006, citando un imperatore bizantino, Ratzinger aveva detto: il profeta Muhammad ha portato «solo cose cattive e disumane»), l’affermata volontà papale di voler dialogare con l’Islam (ribadita dal papa in Turchia; e tema dell’incontro che dovrebbe esserci a Roma, nel novembre prossimo, tra personalità musulmane e cattoliche) viene svuotata da gesti come quello della notte di Pasqua. Del resto, se Magdi Allam voleva il battesimo, perché mai le autorità ecclesiastiche non gli hanno consigliato di celebrarlo nella sua parrocchia? Non dovrebbe essere la piccola Chiesa locale in cui abitualmente vive ad accoglierlo, senza clamore? L’eccesso di visibilità che il Vaticano ha voluto dare a questo battesimo ha oscurato, agli occhi di molti, il senso stesso del proclamarsi discepolo di Gesù.
Luigi Sandri "L'Adige", Trento 26 marzo 2008