MAESTRA UNICA E CHIESA UNICA IN LIBERO STATO
I regolamenti attuativi del ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini hanno
ricevuto l'approvazione del Consiglio dei Ministri. In continuità con la Riforma
Gentile del 1932, la «riorganizzazione della scuola elementare» ostenta un
aperto disinteresse per la psicologia, la pedagogia e la didattica. Queste
discipline (insieme a biologia, neuroscienze e altre) costituivano il sistema
teorico di riferimento per docenti, genitori, ricercatori e studiosi impegnati,
dal dopoguerra in poi, a ridurre le distanze che separavano i bambini italiani
da quelli tedeschi, francesi, statunitensi. Quando già lo scolaro inglese di sei
anni imparava a osservare il comportamento dei conigli, allevati all'interno dei
perimetri scolastici, il suo coetaneo italiano imparava a colorare il disegno
del coniglio. Da allora la scuola elementare italiana ha lavorato molto su se
stessa per ridurre il suo gap e offrire le stesse opportunità dei bambini
d'oltralpe.
La caratteristica più importante degli studi dei ricercatori del secondo
Novecento stava nel fatto che il bambino fosse diventato interessante. Il
funzionamento del suo cervello, il rapporto ereditarietà-ambiente, l'importanza
dell'autonomia dalla madre ecc., dicevano che le sue potenzialità intellettive
erano più grandi e diversificate di quanto si fosse mai pensato prima e a questo
nuovo individuo andavano offerte occasioni che gli permettessero di accendere la
sua intelligenza. Gli insegnanti elementari cominciarono a laurearsi, ad
aggiornarsi, a discutere con gli studiosi e con i genitori per uscire insieme
dall'ignoranza. Questo è avvenuto grazie alle non calcolabili e mai pagate ore
di straordinario che maestre e maestri (troppo pochi) hanno devoluto a una
società sempre avara di riconoscimenti nei loro confronti.
Oggi l'operato del ministro Gelmini dimostra che alcune generazioni di
insegnanti, psicologi, pedagogisti e altri scienziati hanno buttato il loro
tempo, perché i bambini hanno bisogno di essere rassicurati da una figura unica
(questa la motivazione «scientifica» raccolta e sostenuta da giornalisti e
commentatori). Si torna quindi alla maestra-madre, confortante e
protettiva, in perfetto stile italiano. Poco importa se i bambini avranno meno
opportunità e stimoli. I più ricchi nel pomeriggio svolgeranno attività
integrative private. I più mammoni finiranno davanti alla televisione unica, i
più poveri e meno mammoni andranno al doposcuola dove personale dequalificato e
sottopagato starà attento che non si facciano male. I più ricchi e/o i più
mammoni di tutti vanno già alle scuole private finanziate da noi cittadini.
Amen.
Non conosciamo altri argomenti scientifici alla base della «riorganizzazione»
del ministro. Ma quelli politici radono al suolo in cinque mesi quel che si era
costruito in cinquant'anni. Ecco il bello della politica del fare e del disfare:
è veloce.
Il disegno del ministro ha tuttavia una sua coerenza. Che senso ha sostenere una
scuola elementare competitiva se poi non si possono garantire degni sbocchi di
studio e professionali? L'Italia non ha bisogno di scienziati e intellettuali,
ma della suddetta politica del fare e per fare, dunque è sufficiente una buona
istruzione di base o un po' di inglese. La scuola, nel promuovere la crescita di
bambini capaci di risolvere problemi complessi, collide con l'unicità dei
modelli, portatrice di sicurezza e ordine. Le maestre disoccupate, infine, con
tutte le altre donne private del lavoro, potranno tornare a occuparsi dei figli,
degli anziani e dei malati, come in ogni crisi e secondo ogni governo
autoritario che si rispetti.
Avremo quindi una maestra unica, un unico grembiulino, una televisione
unica e un'unica chiesa. Naturalmente in un libero Stato.
Eliana Bouchard Il manifesto 23 12 2008