Lucio Villari. Lo storico è deluso: testo culturalmente datato.
L’uomo può avere speranza anche senza cercare Dio, cercando valori semplicemente
umani
«La Ragione ha insegnato alla Chiesa il valore della libertà»
«In questa enciclica non avverto il soffio della grande novità, mi pare un testo
culturalmente datato. Non colgo la grande speranza che ha contraddistinto la
«Rerum Novarum» di Leone XIII, la «Pacem in Terris» di Giovanni XXIII e la «Populorum
Progressio» di Paolo VI». Lucio Villari, professore di Storia contemporanea
all’Università di Roma, commenta a caldo la seconda enciclica di Papa Benedetto
XVI. «C’è la cristallizzazione di un rifiuto per alcuni passaggi cruciali nella
lotta dell’uomo per la conquista della libertà di pensiero, delle libertà
politiche e civili: l’illuminismo, la rivoluzione francese, il liberalismo e
anche il socialismo solidaristico. Accanto a riflessioni condivisibili sui
rischi del mondo moderno, mi pare che ci sia un tentativo di chiusura verso
alcuni temi portanti del Concilio: a partire dall’ apertura a un cristianesimo
più duttile negli aspetti normativi, e più capace di scendere nell’essenza del
rapporto degli uomini fra loro, di rappresentare un messaggio di socialità».
Partiamo dall’illuminismo. Il Papa scrive che l’Europa illuminista ha guardato
«affascinata» alla rivoluzione francese, poi di fronte ai suoi sviluppi «ha
dovuto riflettere in modo nuovo su ragione e libertà».
«È probabile che questa Europa illuminista sia servita anche alla Chiesa per
riflettere sul rapporto tra ragione e libertà, facendole scoprire l’importanza
di questi valori che aveva per secoli negato. Dalla Controriforma fino alla
rivoluzione francese la Chiesa ha negato il valore della libertà dell’uomo. Se
dunque il Papa può giustamente rivendicare il valore della speranza, non può
negare che nel mondo moderno nato dalla rivoluzione francese questa speranza
trovò legittimità etica e culturale proprio nella libertà illuministica. Basti
pensare all’opera di Kant e alla sua esaltazione dell’autonomia e della moralità
dell’uomo, fondate sulla ragione e sulla libertà».
Benedetto XVI. Scrive che «un regno dell’uomo solo, realizzato senza Dio, si
risolve inevitabilmente nella “fine perversa” di tutte le cose descritta da Kant».
«La solitudine kantiana dell’uomo è innanzitutto fondata sulla sua coscienza
morale, che è non solo un valore metafisico e “religioso” e un presupposto della
vita morale, ma è l’unico percorso che l’uomo può fare per raggiungere, se
vuole, anche la fede».
C’è anche un passaggio sul marxismo: il suo vero errore è aver ridotto l’uomo
alla sua mera condizione materiale.
«Condivido il messaggio evangelico secondo cui non si vive di solo pane. Ma il
concetto di materialità non può essere riferito solo al dato economico, perché è
materialità anche la limitazione della libertà dell’uomo e della sua coscienza
in nome di principi imposti, come il principio di autorità e i dogmi religiosi.
Un uomo costretto all’ubbidienza religiosa è schiavo al pari di un uomo
sottoposto alle leggi dell’economia».
Il Pontefice invita anche a cogliere i rischi della scienza. «È solo l’amore a
redimere l’uomo», «la scienza può anche distruggere il mondo».
«L’evoluzione dell’uomo moderno comporta dei rischi di un eccesso di certezza e
sicurezza date dalla scienza. Quando la scienza assume forme dogmatiche, diventa
pericolosa quanto i dogmi ideologici e religiosi. Dunque l’avvertimento del Papa
è giusto, ma in questo senso: il valore positivo e socratico del dubbio deve
essere rivendicato anche nei confronti dei dogmi della scienza. Su amore e
speranza sono d’accordo. Questi valori sono il fine ultimo cui tendere, un uomo
che non li perseguisse sarebbe un mostro. Ma tutto questo passa attraverso
difficoltà, conflitti, dubbi, che vanno rivendicati all’interno del libero agire
dell’uomo. Il Papa, invece, nega all’individuo la libertà di procedere nella sua
esistenza senza avere l’obiettivo di Dio».
L’uomo ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza, dice Benedetto XVI.
«È giusto che lo dica. Ma credo che l’uomo possa avere speranza anche senza
cercare Dio, cercando valori semplicemente umani. Rivendico il principio
dell’umanesimo integrale come una speranza laica, altrettanto importante di
quella religiosa».
Andrea Carugati l’Unità 1.12.07