Lourdes e il segreto delle acque miracolose
Sono oltre
due milioni e mezzo i nostri concittadini che si recano ogni anno a Lourdes
nella speranza di un miracolo o, semplicemente, per testimoniare la propria fede
e partecipare a un rito collettivo. Se, però, quello che si cerca presso la
fonte francese è la guarigione da un male (dunque il miracolo), ci sarebbe da
domandarsi perché, visto che l’ultimo «evento inspiegabile» cui la Chiesa romana
ha conferito il crisma del miracoloso è avvenuto nel lontano 1976, peraltro a
vantaggio dell’italiana Delizia Cirolli da Catania. Da quel momento si sono
analizzati solo tre casi e solo per uno c’è qualche certezza: in pratica sono
oltre trent’anni che a Lourdes non guarisce più nessuno. Quali sono allora le
ragioni delle milioni di statuine della Madonna in plastica che contengono acqua
miracolosa e benedetta, dei treni della speranza o delle migliaia di corpi
immersi nelle vasche sotto la roccia calcarea?
Dall’anno della visione di Bernadette (1858) i miracoli certificati dalla Chiesa
di Roma sono stati 65 o 68, ma con una curiosa distribuzione nel tempo: i
candidati al miracolo furono circa 1.536 dal 1892 al 1917, per scendere solo a 3
nei successivi 18 anni, quando cambiò il responsabile del santuario. Il 40% dei
65 casi miracolosi era relativo alla tubercolosi, malattia un tempo mortifera
come oggi il cancro, ma che si è dimostrata controllabile dal sistema
immunitario e in cui sono state testimoniate decine di remissioni spontanee
(addirittura più numerose lontano da Lourdes). Naturalmente tutto questo non
toglie nulla al mistero del miracolo: non è necessario verificare se le
guarigioni siano o meno «inspiegabili» per la scienza e sono molti i fenomeni
naturali di cui ancora non si comprendono i meccanismi. Il miracolo è atto di
fede e non si cura di corrispondere a un accadimento «vero»: poco importa, a chi
crede, che la Sindone sia un particolare telo di lino, ma di età medievale, o
che ci siano, sparsi per il mondo centinaia di chiodi della crocifissione di
Gesù o tonnellate di legno della stessa croce. L’importante è il valore
simbolico e questo merita tutto il rispetto anche da chi non crede. Altra cosa è
porsi delle domande a proposito della natura del miracolo e verificarne spesso
una spiegazione scientifica, magari scoperta dopo secoli.
È il caso delle fonti e delle sorgenti indicate come miracolose, una costante
dell’Europa e del Medio Oriente, soprattutto lungo i percorsi dello spirito che
portavano da Canterbury a Compostela e poi in Palestina passando per Roma. Le
Terme di Mosé a Tiberiade e le altri fonti di acqua calda a Gadara, il fiume
Giordano, il Mar Morto, le fonti delle antiche foreste della Francia e
dell’Italia del Nord, le sorgenti mineralizzate della Toscana e dell’alto Lazio
(l’acqua santa di Roma, prima protetta dalla ninfa Egeria) erano tutti
riferimenti obbligati per i pellegrini del Medio Evo e presso quelle fonti
avvenivano i miracoli più insperati. Le acque calde sanavano i lebbrosi e
lenivano la gotta, quelle minerali aiutavano i paralitici e i rachitici, mentre
tutti traevano giovamento per polinevriti, glaucomi, tracomi e cecità di vario
tipo. Presso le sorgenti più efficaci nascevano veri e propri santuari e ancora
oggi cippi e edifici ricordano le virtù taumaturgiche dei vari santi delle
fonti.
Mario Tozzi La Stampa 15/2/08