Lo strano incontro con il presidente

All'ultimo momento il programma è cambiato per motivi di sicurezza: non più Bush a Sant'Egidio, ma Sant'Egidio da Bush, all'ambasciata americana. La sostanza, comunque, è immutata. Dalla visita a Roma di Bush la comunità di Sant'Egidio ha ricevuto una specie di autorevolissima e solenne legittimazione. Una sorta di documento ufficiale con il quale il Vaticano investe la comunità a rappresentarlo e con il quale il mondo ne riconosce la rappresentanza ufficiale. Sembra che gli organismi tradizionali non contino più, passino la mano: nunziature, ambasciate, delegazioni, e così via. Niente è abolito, ma tutto conta meno. Il Vaticano, se deve trattare con i grandi della terra, anche i grandissimi, preferisce un laico. E il leader di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, rappresenta il papa meglio di qualsiasi altro. Oggi con George W. Bush, domani forse con Putin o, chissà, con la Cina.
Come mai? Come è avvenuto questo spostamento, questa rivoluzione? Come si spiega e che cosa nasconde? Non basta rispondere ricorrendo alla autorevolezza di Andrea Riccardi e della sua comunità. Penso che sia necessario ricorrere anche ad altri motivi.
Fra gli altri, l'entrata del Vaticano nel grande anfiteatro della politica mondiale, nel quale non vale tanto la veste talare quanto un autorevole vestito laico. Serve un laicato che sostenga con abilità e competenza le tesi care alla Chiesa, quelle che sostengono la pace e i poveri del mondo. È quello che cerca di fare, con maggiore o minore successo, proprio Sant'Egidio. Il riconoscimento degli Stati Uniti vale come riconoscimento mondiale. Come se il mondo cattolico fosse rappresentato da un Vaticano A per le questioni religiose e da un Vaticano B per le questioni laiche. È così anche se non lo si dice esplicitamente. E anche se il Vaticano B, entrando nella politica mondiale, non potrà evitare pericoli e contaminazioni. Lo sta già constatando la comunità di Sant'Egidio, costretta a fronteggiare problemi di schieramento e relative critiche. Chiunque entra in politica, anche se in nome di una chiesa, deve scendere dal cielo per prendere posizione, rinunciando, volta per volta, alla comodità dell'universalismo.
Lo abbiamo constatato anche in questi giorni. La visita di Bush ha costretto tutti, anche Sant'Egidio, a prendere posizione. E con la comunità di Sant'Egidio, anche il Vaticano. Ma il consenso del Vaticano, dobbiamo ricordarlo, non comporta il consenso di tutti i cattolici italiani.

Filippo Gentiloni       il manifesto 10/6/07