Lo sfasamento di
Benedetto XVI rispetto alle realtà umane
Al termine del primo viaggio in Africa di Benedetto XVI, lunedì 23 marzo, è
troppo presto per
parlare degli effetti del messaggio papale sull'evangelizzazione dei popoli
africani. Ma una cosa è
certa: questo nuovo viaggio, molto mediatizzato, non ha migliorato l'immagine
del Vaticano
nell'opinione pubblica europea, e in particolare in quella francese, dove dei
cattolici contestano
ormai Roma con inedita virulenza.
Tre avvenimenti recenti e quasi concomitanti hanno messo in luce il rifiuto, da
parte di un numero
crescente di fedeli, della parola della Chiesa su certi argomenti: la revoca
della scomunica dei
vescovi integralisti, tra i quali un negazionista, la scomunica di medici
brasiliani che avevano
praticato un aborto su una bambina stuprata, e le dichiarazioni controverse del
papa sui danni del
preservativo nella lotta contro l'aids. Una serie di incomprensioni che spiega
il fatto che il 43% dei
cattolici francesi si dica oggi a favore delle dimissioni di Benedetto XVI,
secondo un sondaggio
pubblicato domenica 22 marzo su Le Journal du dimanche.
Come si è arrivati a questo punto dopo quattro anni di pontificato? L'immagine,
innanzitutto.
Poiché, dal 2005, l'essenza della dottrina della Chiesa non è affatto cambiata!
Però è sorprendente il
contrasto tra il carisma di Giovanni Paolo II e il riserbo, se non la distanza,
che interviene per
Benedetto XVI nei suoi rapporti con i fedeli. Non un gesto, non
un'improvvisazione, nessun “colpo
di scena” che, durante i suoi viaggi, gli avrebbe potuto conferire la statura
del “buon pastore”,
sapientemente mantenuta dal suo predecessore. “Giovanni Paolo II, dopo aver
denunciato la
distribuzione di preservativi, sarebbe andato ad abbracciare un bambino malato
di aids”, giurano i
vaticanisti esperti. Invece Benedetto XVI ha incontrato dei cattolici che
aiutano dei malati di aids.
Il nuovo papa è un teologo, un dottrinale, un intellettuale, si è continuato a
ripetere. Non un pastore.
Allora resta la dottrina, sulla quale una parte della Chiesa sembra oggi
ripiegarsi. Lo scandalo del
Brasile è l'esempio caricaturale di questo atteggiamento legalistico ed
ideologico, per non dire
fondamentalista, di questa corrente. Là dove i fedeli si aspettavano una parola
di compassione, la
Chiesa ha loro risposta con la “legge”. La posizione di Benedetto XVI sul
preservativo è stata
vissuta come una prova ulteriore di “autismo” da parte di un uomo
particolarmente lontano dalle
realtà umane.
In queste situazioni, la Chiesa non ha visto levarsi un Abbé Pierre o una Madre
Teresa capaci di
controbilanciare l'immagine disastrosa data dalle gerarchie cattoliche.
Solo il papa incarna oggi tutta
la Chiesa. Il suo sistema di governo, sclerotico e portato avanti da
settuagenari o ottuagenari,
sembra essere giunto ad un punto limite.
Altrimenti, cosa pensare delle dichiarazioni del cardinale Castrillon Hoyos,
artefice del
riavvicinamento con gli integralisti, in seguito al “caso” del vescovo
negazionista? Alla domanda se
fosse a conoscenza o meno delle convinzioni di monsignor Williamson, il
cardinale ha dichiarato:
“Non si trattava di studiare la vita dei vescovi. La sola cosa che bisognava
sapere era che fosse
stato ordinato da monsignor Lefebvre senza autorizzazione.” Come se,
definitivamente, le faccende
della chiesa potessero essere sistemate al di fuori dalle contingenze del mondo.
Questo
atteggiamento è tanto meno sostenibile in quanto una parte della Chiesa pretende
giustamente di
essere “nel mondo”. E il Vaticano stesso prende regolarmente posizione su temi
di carattere
economico, climatico, sociale, bioetico, geopolitico, rivendicando con questo il
suo ruolo di
“coscienza del mondo”.
La crisi attuale è spesso paragonata alla sfiducia espressa da una parte dei
cattolici alla
pubblicazione dell'enciclica di Paolo VI Humanae Vitae, che, nel 1968,
aveva espresso la
proibizione di ogni forma di contraccezione. La differenza è che essa avviene in
una Chiesa che, in
Europa almeno, è indebolita, e che la sfiducia non riguarda “solo” dei punti di
morale sessuale. La
mano tesa agli integralisti ha indignato, poiché è apparsa a certi come una
rimessa in discussione
del Vaticano II, il concilio della “modernità” rifiutato dai lefebvriani.
Queste reazioni hanno mostrato una profonda preoccupazione rispetto alla
direzione presa dalla
Chiesa cattolica. In questo clima di crisi, le critiche venute dall'interno
della Chiesa hanno senza
dubbio accentuato l'attuale “pope's bashing” (attacco al papa), che
consiste nello screditare ciò che
fa o dice il papa. Questo contesto favorisce in ogni caso l'emergere di due
movimenti antagonisti e
alla lunga conflittuali in seno al mondo cattolico. Da un lato lo “scisma”
silenzioso dei fedeli, che
ritengono di non aver più niente a che fare con la Chiesa come istituzione,
incarnata da un papa che
essi giudicano “reazionario”. Dall'altro, il nocciolo duro dei credenti, che,
desiderosi di rafforzare la
loro identità, venerano senza presa di distanza il “loro” papa e la sua parola,
dimenticando però
l'importanza della coscienza individuale “illuminata”.
Alla fine ci si può chiedere se, dallo stretto punto di vista
dell'evangelizzazione predicata da tutti i
papi, l'energia dispiegata da Benedetto XVI per far passare il suo messaggio
sulla contraccezione o
l'aborto non sarebbe meglio impiegata, se non ad attirare, almeno a trattenere i
fedeli legati al
messaggio sociale della dottrina cattolica.
Stéphanie Le Bars in “Le Monde” del 24 marzo 2009