Lo sapete che diedi le dimissioni da abate di San Paolo per colpa dello
Ior?



Secondo il secolare insegnamento della morale cattolica, l'interesse sul denaro prestato era proibito
perché equiparabile all'usura. Solo ai Monti di pietà era consentito di prendere qualcosa per
retribuire il personale addetto; ma mai era consentito prendere interesse. Quindi era inconcepibile
che ci fossero delle banche cattoliche; con l'irruzione della modernità nella società si è verificato,
fra i moralisti cattolici, un progressivo cambiamento di pensiero.
Col nascere dello Stato Città del Vaticano le cose si sviluppano e Pio XII, nel 1942, crea l'Istituto
per le Opere di Religione - Ior - che è una vera e propria banca che, pur non avendo sportelli
accessibili ai miseri mortali, accetta depositi e compie operazioni finanziarie. Riformato da
Giovanni Paolo II nel 1990, dopo gli scandali intorno alle gigantesche operazioni finanziarie
compiute da mons. Paul Marcinkus, che ne era stato presidente, e che portarono al fallimento del
Banco Ambrosiano e alla morte tragica di Calvi, trovato impiccato a Londra, sotto il ponte dei Frati
Neri, ormai, quasi certamente, non suicida ma assassinato da gente del clan della Magliana.
L'ombra dello Ior ritorna però, di tempo in tempo, ad oscurare il cielo di Roma e della Chiesa
cattolica nonché le coscienze dei credenti. Succede così che una signora - Sabrina Minardi dichiarando
di aver avuto in custodia Emanuela Orlandi, chiama di nuovo in causa Marcinkus e il
clan della Magliana e scatena l'ipotesi di disseppellire il corpo di Enrico De Pedis, boss del clan,
sepolto nella chiesa di Sant'Apollinare e quindi in zona extraterritoriale di competenza del Vaticano.
Alle domande dei giornalisti circa un così alto privilegio (solo i papi e i sovrani sono sepolti nelle
chiese), il custode di Sant'Apollinare pare abbia risposto che De Pedis era stato un generoso
benefattore. Viene da domandarsi, ma se muore - fra cento anni - Bill Gates, dove lo seppelliranno?
Accanto a San Pietro?
Non è mio compito fare l'investigatore e quindi lascio agli inquirenti di chiarire le cose. Ciò che mi
tocca e mi turba è il fatto che tante coscienze, laiche o religiose che siano, rimangano ferite da
queste notizie e, anche se fossero false, dal miscuglio di sacro e profano che seguita a imperversare
intorno al fatto religioso.
La mia memoria ritorna al 1973, quando fu proprio uno scandalo dello Ior il fatto occasionale che
provocò le mie dimissioni da abate di San Paolo e mi strappò dal consorzio fraterno con i miei
monaci, dalla collaborazione con alcuni confratelli della Conferenza episcopale italiana e del
Comitato italiano dei Superiori Maggiori. La mia situazione era già delicata per le provocazioni e
gli assalti squadristici in Basilica, dei cattolici ultra-conservatori. Avevo avuto, senza esito, una
visita canonica e due visite apostoliche. Infine fui chiamato in Vaticano da mons. Mayer, segretario
della Congregazione dei religiosi, che mi disse: «Ormai i due terzi della sua comunità
preferirebbero le sue dimissioni. Lei che è così democratico dovrebbe tenerne conto. Comunque il
Santo Padre, nella sua liberalità, desidera che lei resti al suo posto, a due condizioni: tutti gli atti
interni all'abbazia siano concordati col Consiglio degli anziani e tutti gli atti esterni col Vicariato».
Accettai e, tornato a San Paolo, convocai i miei collaboratori nell'estensione della lettera pastorale
La terra è di Dio dicendo che bisognava sospendere perché se avessi avuto il controllo del Vicariato
l'avrebbero limata e resa irriconoscibile.
Una notte di aprile, lo Ior compì una spregiudicata operazione sul dollaro, tanto da meritare una
nota di deplorazione da organismi di vigilanza bancaria. Arriva la domenica e un giovane studente
va al microfono per la preghiera dei fedeli e dice: «Signore! Ti prego! Fai che se avrò un figlio,
possa crescere in una Chiesa che non sia deplorata perfino dal sistema bancario internazionale!».
Lunedì mi richiama Mayer: «Ma lei aveva promesso! Non controlla le preghiere dei fedeli?».
«Posso provare, risposi, ne parlerò in comunità». Convoco la comunità e si accende una animata
discussione sul che fare. A un certo punto si alza Vincenzo Meale e dice: «Padre abate, è inutile che
stiamo qui a chiacchierare, poi chi paga è solo lei. Vogliono fare come il ministro degli Interni
farebbe con un prefetto. Lei ha aperto una porta per la nostra fede. Loro non vogliono chiuderla:
vogliono usare lei come una maniglia che chiude la porta che ha aperto. Mi dia retta, obbedisca.
Però voglio sinceramente dire che con questo, la mia esperienza di fede si chiuderebbe». Risposi
«Ho capito». E sciogliemmo l'assemblea. Il giorno dopo andai da Mayer e gli dissi: «Io sapevo fare
l'abate in un certo modo, se non può andare è meglio che concordiamo le dimissioni».
Concordammo la data del 12 luglio e così ebbi il tempo di finire La terra è di Dio e di pubblicarla.
Non porto rancore personale verso lo Ior ma mi resta l'amaro in bocca, perché certe istituzioni
uccidono la fede e poi, sotto la maschera del trionfalismo di piazza, praticano il culto della
personalità e la superstizione.

Giovanni Franzoni         Liberazione  9 luglio 2008