L´inutile aumento dei prof di religione

risponde Corrado Augias

Gentile dott. Augias, i docenti di religione, retribuiti dallo Stato ma giudicati idonei dal vescovo, sono aumentati. Vale la pena ricordare qualche altro elemento che caratterizza la posizione di questi docenti: è vietato accorpare gli studenti di più classi, cosa prevista invece per gli insegnamenti curricolari, minimi gli obblighi didattici, scatti biennali di stipendio aboliti per tutti gli altri insegnanti e sostituiti da scaglioni di cui la recente finanziaria prevede il congelamento. Da quest'anno è stato persino riconosciuto il credito scolastico, preludio ad una probabile introduzione del voto numerico che costituirebbe una grave discriminazione ai danni di chi non si avvale e di chi non può svolgere attività alternativa perché i soldi non ci sono. Da docente di storia devo inoltre constatare, negli studenti che si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica, l'enorme ignoranza delle nozioni di storia del cristianesimo e delle nozioni teologiche di base. Una sinistra laica e moderna avrebbe potuto impegnare il mondo della scuola e della cultura su questo deplorevole stato delle cose.
Maria Francesca Gulotta, liceo artistico di Brera (Milano) fgulot@libero.it


La posizione dei prof di religione è (al di là del possibile valore dei singoli) assurda e incostituzionale. L'art. 33 della Carta detta: «l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento». Nel caso della 'religione' non è così. Idoneità ed eventuale revoca sono nelle mani dei vescovi. Il prof. Remo Cacitti (Storia del Cristianesimo, Statale Milano) mi faceva osservare che l'insegnamento della religione è stato dismesso dallo Stato e appaltato alla chiesa cattolica in tutte le scuole di ogni ordine e grado, ad eccezione dell'università. In questo modo: «la catechesi confessionale si è sostituita all'insegnamento pubblico, poiché la prima deve conformarsi a un sistema teologico, il dogma, l'altro è, come sancito nella carta fondamentale, libero». Cacitti faceva questo esempio: «di fronte alle attestazioni evangeliche secondo cui Gesù aveva quattro fratelli e alcune sorelle (Mc 6,3 par), il prof di religione può, in buona e formata coscienza, farsi persuaso che si tratti di veri e propri fratelli e sorelle, ma non potrà mai insegnarlo, pena la revoca dall'insegnamento per difformità dalla dottrina cattolica». La conseguenza, come osserva anche la prof Gulotta, è la profonda ignoranza degli italiani in materia religiosa, la superficialità di conoscenze limitate a pochi eventi leggendari vagamente edificanti. Mentre dall'università escono giovani molto preparati che non potranno utilizzare le loro conoscenze «poiché nessun laureato in queste discipline può andare liberamente a insegnare ciò per cui è stato formato».

Repubblica 7.7.10

 

 

Un cattolicesimo di chiusura

Tempi duri per il Vaticano: lo dicono le statistiche e soprattutto lo dice tutta una letteratura, anche
cattolica. Le ondate anticlericali si sono avvicinate addirittura ai «palazzi» e li criticano, senza
riserve. Un'atmosfera decisamente peggiorata in confronto a non molti anni fa. Come si spiega? Che
cosa è accaduto? Non è facile rispondere, ma si può provare ad avanzare qualche spiegazione.
Come punto di partenza, il Concilio Vaticano II. Un tempo felice, che ora appare lontano non
decenni, ma secoli. Basti pensare a tutto il movimento ecclesiale che si era mosso intorno alla
teologia della liberazione. Larghe masse di credenti che si avvicinavano alla chiesa, alla Bibbia, ai
dogmi. Nonostante una certa incertezza da parte dei «palazzi» romani, timorosi delle novità e soprattutto del pericolo nascosto di un latente comunismo.

È proprio qui che va ricercato l'insuccesso o, meglio, il «fermo», se non addirittura il ritorno indietro. Il successo di un aspetto
importante del Concilio era visto da Roma come un successo del comunismo ateo. Perciò fu
combattuto, perciò la vittoria dei «palazzi» romani. Con i tradizionali alleati, quelli del mondo
capitalista e dei suoi sostenitori in tutto il mondo. Perciò l'arresto di quel movimento che era appena
iniziato e che sarebbe continuato, ma in maniera piuttosto nascosta, quasi clandestina. Dall'America
Latina a Roma e viceversa. Con la fine della teologia della liberazione si chiudevano anche molti
altri passi avanti che il Concilio Vaticano II aveva indicato, anche se non imposto
. Forse appena
accennato. Così, per fare qualche esempio, il ruolo della donna nella vita della chiesa e una
maggiore autorità delle chiese locali, senza bisogno del continuo e incessante ricorso ai «palazzi»
romani. Così anche per una maggiore apertura del cattolicesimo agli altri cristianesimi e alle altre
religioni. Tutte importanti aperture che il Concilio aveva accennate ma che avevano bisogno di un
approfondimento.
Gli anni seguenti, invece, sono stati di sostanziale chiusura. Ma è anche vero che i mass media
sono, per così dire, in cattedra e che necessariamente imporranno, a lungo termine, la loro voce. Già
se ne sente qualche affermazione, anche se soffocata da una censura generalizzata. Prima o poi le
voci nuove prevarranno.


Filippo Gentiloni     il manifesto  27 giugno 2010