Libertà di stampa. L’Italia arretra al 49ºposto nella classifica
mondiale della libertà di stampa di Reporters sans Frontières.
Questo per
interferenze, pressioni e intimidazioni da parte di Berlusconi. Salgono gli Usa
di Obama. Il rapporto di Reporters sans frontieres: lo scorso anno era al
44 ̊
posto. È dietro agli africani.
Sotto accusa le minacce ai
giornalisti, il controllo di Berlusconi sui media, il ddl intercettazioni.
Italia declassata al 49
̊
posto per la libertà di stampa, nella classifica mondiale stilata per il
2009 da Reporters sans Frontières. L’anno scorso era al 44 posto
̊,ma
in tre anni il nostro paese è sceso di ben quattordici posizioni: era al 35
̊
nel 2007. Ora si colloca appena prima della Romania e dopo Hong Kong;
retrocedono anche la Francia e la Spagna (posti 43 e 44), mentre l’America di
Obama guadagna venti punti salendo al 20
̊
posto della classifica, che esamina le violazioni sulla libertà di stampa
effettuate tra il primo settembre 2008 e il 31 agosto 2009.
Per l’Italia si parla di «degrado», dovuto «alle vessazioni di Berlusconi
nei confronti dei media; le ingerenze crescenti, le violenze della mafia contro
i giornalisti che si occupano di criminalità organizzata», e anche per
il disegno di legge sulle intercettazioni approvato alla Camera e che passerà
al Senato, ddl che «ridurrebbe drasticamente la possibilità dei media di
pubblicare intercettazioni telefoniche».
Tutto questo ha fatto perdere punti all’Italia in questi anni. Il segretario
generale di Rsf, organizzazione internazionale indipendente, Jean-François
Julliard, commenta che «è sconcertante vedere alcune democrazie europee, come
la Francia, l’Italia e la Slovacchia perdere, anno dopo anno, dei posti nella
nostra classifica».
EUROPA
REPRESSIVA
Insomma, la vecchia Europa, «che dovrebbe essere di esempio per le libertà
civili», limita la libertà, spiega Rsf, in contraddizione con le condanne verso
le violazioni dei diritti umani all’estero. Lo stesso centrodestra italiano,
infatti, come ricorda Beppe Giulietti di Articolo21, «osanna a Reporters sans
Frontières solo quando condanna la Cina, Cuba o il venezuelano Chavez,
osannato a Venezia». Ma già nella conferenza stampa di Rsf l primo ottobre,
Silvio Berlusconi stava per essere inserito nella lista dei «predatori della
libertà di stampa». Questo per il controllo delle televisioni di sua proprietà
e le interferenze sulla tv pubblica, per gli attacchi diretti ai media, le
citazioni in giudizio a l’Unità e a Repubblica con richieste milionarie di
risarcimento danni, le minacce di querela a El Pais per la pubblicazione
delle foto o ai media del gruppo Murdoch. E ancora, spiegava Rsf, le pressioni
esercitate sulle sue tv Mediaset per imporre una visione «edulcorata e
positiva del suo operato, e quelle sulla Rai per ritardare programmi o
intralciarne la messa in onda (compreso il divieto imposto alla Rai di
trasmettere il trailer di Videocracy). Poi le minacce dirette a giornalisti, e
persino per il tentativo di condizionare la posizione della Commissione Europea
sull’immigrazione. E oggi a Strasburgo l’Europarlamento vota sulla
libertà d’informazione in Italia.
LA
TRAGEDIA RUSSA
In testa alla classifica di Reporters sans Frontières ci sono Danimarca,
Finlandia e Irlanda: le prime tredici caselle restano occupate da paesi europei,
ma la Slovacchia precipita di 37 posti, ( pur sempre prima dell’Italia al 44
̊).
Scende anche la Francia, per le inchieste giudiziarie su alcuni giornalisti, le
perquisizioni nelle redazioni e le «ingerenze di politici» compreso Sarkozy.
Spiccano le giovani repubbliche del Baltico: al 6
̊
posto l’Estonia, poi Lituania e Lettonia (10 e 13), L’Europa si è fatta
superare dalle «giovani democrazie africane», Mali, Sudafrica e Ghana, e latino
americane: Uruguay, Trinidad e Tobago (tra il 25
̊
e il 35 ̊
posto). Perde ben 47 caselle Israele, che dopo l’offensiva «Piombo Fuso» va a
quota 93. La Russia è sotto la voce «tragedia»: scende al 153
̊
posto, ne perde 12 a causa delle uccisioni di giornalisti, tre anni dopo
l’assassinio di Anna Politkovskaya, con l’aumento di censura e impunità per
mandanti e killer.
L’Iran a 172 è quartultimo nel «trio infernale» dei paesi con violenze, arresti
illegali e censure contro giornalisti e blogger (Turkmenistan al 173, Corea del
Nord 174 e, ultima, l’Eritrea al 175
̊
posto.
Natalia Lombardo l’Unità 21.10.09