Lettera n. 143
Cerco di dirlo pacatamente, quanto più posso, ma debbo dirlo ad alta voce perché
mi accade
frequentemente che amiche e amici mi domandino (ed io lo domandi a me stesso)
cosa significhi
essere cattolico; e ne parlo in pubblico perché oggi più che in tante altre
occasioni sento il bisogno
di far parte di un gruppo che non accetta di vivere passivamente la storia. E
dunque grido: se
pensassi ancora, come un tempo, che essere cattolico vuol dire prestare ossequio
all’istituzione
vaticana (lo stato-Santa Sede, la burocrazia ecclesiastica, il centro di potere
che si incarica di
tradurre il vangelo in diplomatichese, sbiadendone il significato), allora
preferirei considerarmi
cristiano in diaspora, lontano da ogni denominazione. In queste ore,
infatti, sono travolto da un
sentimento che è più che indignazione o rabbia o sconforto: la parola esatta per
qualificarlo è schifo.
Molte delle persone che condividono la mia fede, spesso tormentata e confusa ma
non ignobile
(spero) nella sua ricerca di coerenza, hanno probabilmente già compreso a quale
sciagurato evento
mi riferisco. Il Parlamento italiano ha votato l’altro giorno il famoso
“pacchetto” sulla sicurezza, e
subito tutte le associazioni cristiane che, con competenza e generosità si
occupano di migranti,
hanno non solo dichiarato ma mostrato come esso sia del tutto inadatto allo
scopo e destinato,
invece, certamente, a generare una grande massa di dolori e di problemi; come
esso sia, per darne
una definizione assolutamente adeguata, non soltanto razzista ma nazistizzante.
Ed ecco intervenire
il Vaticano. Per confermare la denunzia e assicurare che la Chiesa intera,
congregata intorno al suo
fondatore, il quale non esitò a identificarsi nei poveri (“Ero straniero e tu mi
hai ospitato…”)
difenderà in tutti i modi la causa dei poveri giunti fra noi spinti dalla
miseria? Nient’affatto: per
chiarire, invece, che le critiche al provvedimento non provenivano dalla Santa
Sede.
Dichiarazione inoppugnabile. Il Vaticano aveva evidentemente
molte altre cose cui pensare. Ma
come non essere certi che essa sarebbe stata interpretata come autorevole e
quasi definitiva
delegittimazione dei dissenzienti? Questa lettura la trasmettono difatti a
catena tutti i tiggì e la
stampa del governo. La maggioranza sghignazza: vedete? La Chiesa (quella che
conta, il Papa e i
cardinali) non hanno niente da dire, dunque sono con noi, e i cattolici insorti
contro la legge sono i
soliti esaltati (o comunisti).
Mi sono occupato per tanti anni, da giornalista, di informazione religiosa e so
bene che cosa a chi
gli domandasse perché risponderebbe il fariseo con lo zucchetto rosso che ha
dato ordine di
diffondere quella precisazione. Direbbe che una cosa è la Santa Sede, presenza
statuale che si
occupa di questioni internazionali; e un’altra cosa è la Chiesa articolata nelle
sue presenze
territoriali e delegata a occuparsi di problemi “locali”; che la Santa Sede, il
Vaticano, patteggia i
concordati, diffonde principi generali, non interviene pubblicamente in
questioni nazionali. Non
bisogna confondere – direbbe sorridendo l’alto prelato - diplomazia e profezia.
Naturalmente è così soltanto dal punto di vista formale, almeno per quanto
riguarda l’Italia. Siamo
in molti, penso, a ricordare con quale pesantezza “alti” abitatori dei Sacri
Palazzi siano intervenuti
sul “caso Englaro”. Se qualcuno si preoccupò allora che la Santa Sede venisse
coinvolta nel
dibattito in quanto tale, quella volta i farisei in zucchetto rosso si
guardarono bene dal dire che il
Vaticano non c’entrava… Certi silenzi e certe informazioni non richieste sono
manovrate accuratamente,
razionalmente, addirittura sapientemente. Ma poiché - è un dato di fatto - la
Chiesa o è
profetica o è una misera centrale di potere, quando ascolta più la voce della
“prudenza” che quella
dello Spirito Santo, la burocrazia vaticana rivela una sconcertante aridità di
sentimenti, una
mancanza di “pietas” che allontana masse crescenti di cattolici e conferma nel
loro rifiuto quelli
che, spesso dolorosamente, si sono allontanati.
Questa volta, a me pare, il chiamarsi fuori è particolarmente
disgustoso perché gravissimo è quanto
è accaduto. Non è un fatto “locale”, è un fatto d’importanza universale. Un
intero Paese, a
maggioranza cattolica, almeno nei censimenti, si dà, attraverso il suo
parlamento, una legge,
intrinsecamente ma con ogni evidenza, anticristiana. Dal 2 luglio 2009
l’Italia potrebbe mutare
nome e chiamarsi Cainolandia perché è la legge dell’odio quella che è stata
approvata sotto il
controllo governativo del voto di fiducia. Una vena di autentica
crudeltà corre per i suoi articoli. Per
farne qualche esempio. la puerpera clandestina la quale ricorra a una struttura
pubblica sanitaria per
partorire non potrà riconoscere anagraficamente il suo bambino (che potrà dunque
esserle sottratto e
dato in adozione, a questa ferocia neppure Hitler era arrivato!); l’entità delle
multe che l’immigrato
dovrebbe pagare è fuori dalle possibilità economiche di qualunque lavoratore
“manuale”. Non
devono arrivare nuovi stranieri e sarebbe bellissimo se anche gli altri se ne
andassero o, nel caso
rimanessero “ si decidessero a stare “al loro posto”. Benvenuto in
Cainolandia, presidente Obama
figlio di un nero; benvenuto presidente Sarkozy, figlio di immigrato… Il
Bel Paese è dal 2 luglio
2009 una terra il cui popolo dichiara per legge che un milione di persone deve
andarsene
immediatamente o rendersi invisibile: comprese, perché il delitto di
“clandestinità” riguarda non
solo l’immigrazione ma anche il soggiorno, quelle badanti e colf che oggi
integrano la vita di tante
famiglie. Criminali anche loro: e non conta che molte di loro e le loro
datrici di lavoro stiano da
tempo cercando una regolarizzazione. Criminali anche i profughi politici. Che
c’entriamo noi, con
le loro beghe? Se i clandestini non se ne andranno rapidamente (e dove? E
come?), se i giudici,
magari opportunamente stimolati da delatori in camicia verde, dispenseranno gran
numero di
condanne, le carceri del nostro paese, già in situazione di collasso, si
trasformeranno rapidamente in
lager. Così i centri di espulsione. Aumenterà il numero degli aborti. Si
aprirà ben presto un conflitto
tra le forze dell’ordine, alle quali il governo nega basilari finanziamenti e le
ronde degli aspiranti
sceriffi, desiderosi di provare i loro muscoli e le loro mazze da baseball sui
nuovi sottouomini.
Un popolo che si dà leggi del genere cambia l’antropologia
mondiale, tanto più se era ricco di
tradizioni di civiltà e di realtà religiose. Il Papa è tedesco e forse non
può cogliere in tutta la sua
virulenza questa ideologia della paura, questa voglia di far del male a chi
involontariamente
ossessiona un’insicurezza che è, innanzi tutto, perdita di identità in un mondo
in mutamento, questo
antico simbolismo pre-cristiano per cui il forestiero è per definizione un
nemico. Ma la Santa Sede,
il Vaticano e – ahimé - la Conferenza episcopale italiana non possono pensare di
avere parlato ai
credenti con chiarezza. La preoccupazione di nuocere a un governo amico, a un
PdL definito
dall’”Osservatore Romano” singolarmente adatto a difendere i valori cristiani,
la stessa
preoccupazione che ha soltanto bisbigliato la deprecazione ecclesiastica per i
festini cavallereschi,
anche stavolta è prevalsa sulla necessità della chiarezza. Come avvenne,
purtroppo, per il fascismo
e per il nazismo, il “Non ti è lecito!” del Battista e di Ambrogio, sembra
eccessivo ai porporati
benpensanti, i discorsi dei vertici ecclesiastici sono ancora una volta sussurri
talmente vaghi che per
risultare comprensibili bisogna studiarli a lungo. Potranno forse essere
citati come alibi nel futuro.
Nell’oggi, accanto al pianto dei respinti, appaiono mormorii timorosi di
disturbare.
Ma è venuta domenica. Molti parroci, salendo all’altare, hanno preso impegno,
davanti alla loro
comunità (o addirittura insieme con la loro comunità) di violare la legge
leghista tutte le volte che il
Vangelo lo richieda. E noi?
Ettore Masina
Pax Christi, movimento internazionale
cristiano per la pace, ha diffuso un comunicato che mi
sembra importante:
IL RAZZISMO È ORMAI «A NORMA DI LEGGE»
«Ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,35). La Parola di
Cristo porta a compimento la logica
della Scrittura dal Levitico 19,33-34 – «Tratterete lo straniero che risiede fra
voi come colui che
è nato fra voi; tu l'amerai come te stesso», al Deutoronomio 10,19 – «Amate lo
straniero perché
anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto», alla Lettera agli Ebrei 13,2 –
«Non dimenticate
l'ospitalità, perché alcuni, pratican-dola, hanno ospitato senza saperlo degli
angeli».
Dolore e orrore. Il 2 luglio 2009 è stata votata una legge che rompe l'unità
della famiglia umana e
ne offende la dignità, prende piede l'idea che esistano esseri umani di seconda
e terza categoria , un
popolo di «nonpersone», di esseri umani, uomini e donne invisibili. É una
perdita totale di senso
morale e di sentimento dell'umano; questo accade, nel nostro paese che ha
prodotto milioni di
emigranti. La legge «porterà solo dolore», osserva Agostino Marchetto del
Pontificio Consiglio dei
Migranti. Il dolore nasce dall'orrore giuridico e civile del «reato di
clandestinità», dall'idea del
povero come delinquente e della povertà come reato. La legge votata non è
solo contraria alla
nostra Costituzione ma a tutta la civiltà del Diritto. Punisce una
condizione di nascita, l'essere
straniero, invece che la commissione di un reato. Dichiara reato una condizione
anagrafica.
Infermieri, domestiche, badanti, lavoratori (vittime spesso di morti nei
cantieri) o persone in cerca
di lavoro e di dignità diventano delinquenti. A questo punto, quanti stranieri
frequenteranno un
servizio sociale o si rivolgeranno, se vittime della "tratta", ad associazioni
volontarie o istituzionali,
forze di Polizia comprese, oggi messe in un angolo dalla diffusione delle
cosiddette "ronde"? Quanti
stranieri andranno a far registrare una nascita, si presenteranno in ospedale
per farsi curare? Quali
gravi conseguenze questo potrà produrre sulla salute di tutti i cittadini è già
stato evidenziato da
moltissime associazioni di medici. Siamo il paese di Caino? Abbiamo una
legge cattiva che
ostacola i matrimoni, rompe l'unità delle famiglie. Si introduce il divieto per
le donne straniere, in
condizioni di irregolarità amministrativa, di riconoscere i figli da loro stesse
generati che diverranno
"figli di nessuno", potranno essere sottratti alle madri e messi nelle mani
dello Stato. Neanche il
fascismo, hanno rilevato alcuni scrittori, si era spinto fino a questo punto.
Infatti le leggi razziali del
1938 non privavano le madri ebree dei loro figli, né le costringevano all'aborto
per evitare la
confisca dei loro bambini da parte dello Stato. La legge è pericolosa
perché accrescerà la
clandestinità che dice di combattere, favorirà il "si salvi chi può", darà
spazio alla criminalità
organizzata, aumentando l'insicurezza di tutti. Non c’è futuro senza
solidarietà. La legge, tra
l'altro, è inutilmente crudele, ricorda don Ciotti.
Ci fa tornare ai tempi della
discriminazionerazziale. É una forma di accanimento contro i poveri
anche se la povertà più grande, oggi, è la
nostra: povertà di coraggio, di umanità, di capacità di scommettere sugli altri,
di costruire insieme
una sicurezza comune. La sicurezza basata sulla paura sta
diventando un alibi per norme ingiuste e
dannose, per scaricare il malessere di molti italiani sugli immigrati, capro
espiatorio della crisi,
bersaglio facile su cui sfoghiamo il tramonto di ogni etica condivisa e della
testimonianza cristiana.
La tutela della vita e della dignità umana va assunta nella sua interezza per
tutti e in ogni momento
dell'esistenza. «Non c'è futuro senza solidarietà» scrive il cardinal Tettamanzi.
Non c'è sicurezza
senza l'aiuto reciproco, senza l'esercizio dei diritti e dei doveri dentro
un'azione comune per il bene
comune. Costruire comunità e città conviviali. Benedetto XVI da tempo ci invita
come comunità
ecclesiale a diventare «casa ospitale per tutti, segno e strumento di comunione
per l'intera famiglia
umana». Per il Papa ogni comunità cristiana deve «aiutare la società civile a
superare ogni possibile
tentazione di razzismo, di intolleranza e di esclusione [...]. Solo nella
reciproca accoglienza di tutti è
possibile costruire un mondo segnato da autentica giustizia e pace vera»
(Angelus 17 agosto 2008).
Invitiamo, quindi, le comunità cristiane e tutti gli operatori di pace a
mobilitarsi per costruire la
pace nella vita quotidiana spesso prigioniera di solitudini, governata dalla
paura e coinvolta in
progetti tribali e autoritari. La gloria di Dio. Nessuno ci è
straniero anche perché la distanza che ci
separa dallo straniero è quella stessa che ci separa da noi stessi e la nostra
responsabilità di fronte a
lui è quella che abbiamo verso la famiglia umana amata da Dio, verso di noi,
pronti a testimoniare
la profezia del Risorto che annuncia la pace. «Dio non fa preferenze di persone»
(Atti 10,34,
Romani 2,11 e 10,12; Galati 2,6 e 3,28; Efesini 6,9; 1 Corinti 12,13; Colossesi
3,11) poiché tutti gli
uomini hanno la stessa dignità di creature a Sua immagine e somiglianza. Poiché
sul volto di ogni
uomo risplende qualcosa della gloria di Dio, la dignità di ogni uomo davanti a
Dio sta a fondamento
della dignità dell’uomo davanti agli altri uomini (Compendio della dottrina
sociale n. 144). Questi
nostri giorni sono difficili ed oscuri. É stata oscurata la gloria di Dio.
Ettore Masina lettera del giugno-luglio 2009