Lettera aperta al Cardinale Ruini
Il parroco della parrocchia più ''rossa'' d'Italia critica le dichiarazioni del presidente Cei. L'altra Chiesa fa sentire la sua voce

 Caro Cardinale,
mi perdoni l’ardire, ma sono parroco della parrocchia più “rossa” d’Italia dopo Alfonsine e Argenta, ed il suo ultimo intervento mi pone dei problemi notevoli in questo squarcio pre-elettorale. Tanto per capirci da queste parti ancora non gli è andata giù la scomunica del ’48, con la quale la nostra “ditta” buttò fuori dalle chiese la metà del Popolo di Dio ed è ancora vivo il ricordo, nelle persone di una certa età, dell’alternativa alla quale li sottoponeva il mio predecessore: “O strappi la tessera o non ti do l’assoluzione!”. Per la cronaca, nessuno strappò la tessera e di conseguenza mi ritrovo una parrocchia di impenitenti comunisti. Io sono sicuro che le sue affermazioni (“la Chiesa non dà indicazioni di voto”) siano da interpretarsi alla lettera, come dice la morale sociale che mi è stata insegnata all’Istituto Teologico di Assisi. Purtroppo le sue precisazioni (od “orientamenti di voto” che dir si voglia) sono state interpretate in modo alquanto strumentale da molti esponenti dello schieramento della “Casa delle libertà” che hanno ritenuto di leggere il suo intervento come una legittimazione della politica del Governo Berlusconi ed un invito palese ad orientare il voto dei cattolici verso la “Casa” medesima.

Guardi che la cosa non è di secondaria importanza perché molti, tra le persone che incontro quotidianamente, si chiedono il senso del suo intervento e si chiedono anche perché, tra le sue riflessioni, non ci sia una parola che ricordi ai politici il dovere evangelico dell’accoglienza dello straniero; l’esigenza biblica di unire la parola Pace alla parola Giustizia; i comandamenti che proibiscono di idolatrare le merci e adorare gli uomini (fossero anche “grandi”); di approvare leggi che fanno del commercio delle armi qualcosa di simile al commercio delle arance, di rubare (deputati condannati che legiferano); di dire falsa testimonianza e approvare legittimamente bilanci falsi; la virtù cristiana della povertà anteposta al mito occidentale della ricchezza e del benessere; il dovere dell’etica anche in politica per non trasformare i governi in “bande di ladri”; il dovere dei media di non istupidire la gente con programmi demenziali confezionati ad arte per distruggere i valori della famiglia e del vivere civile; il dovere di predicare la pace sempre, sempre, sempre…e di considerare che l’Italia è piccola e il mondo della fame e della guerra è tanto grande e bussa alle nostre porte.

Per carità. L’aborto, l’eutanasia, il divorzio, i “PACS”… sono problemi gravissimi. Ma la gente, la sera, quando torna a casa, non mangia i Pacs, né si mette a fare disquisizioni su Luxuria e su Caruso. Semplicemente si siede a mangiare e in genere fa i conti con i soldi, con le ultime notizie del TG, con la sciatalgia di Berlusconi (problema gravissimo per tutta la nazione?) e si sorbetta le cifre dei morti degli ultimi attentati in Irak, dei cani abbandonati, del gatto di Blair e degli ultimi disastri nel mondo ecc…

Caro Cardinale, dica una parola semplice sulla laicità. Ci racconti che mai la fede è un elemento di giustificazione delle ideologie. Di quella comunista lo sappiamo, ma sia chiaro neanche di quella fascista, nazista, leghista, nazionalista, fondamentalista e neanche dell’idolatria del mercato e della ideologia della “Casa del Liberismo”, camuffata da armata in difesa dei valori cristiani. Ci dica, come insegna la morale cattolica, che nessun partito interpreta i valori cristiani, che la fede non è mai inglobata nei partiti, nei movimenti, nelle coalizioni e che la fede è altro, fatta dai testimoni e che mai, e poi mai, la fede, può essere considerata proprietà privata di qualche “Casa”, il “passepartout” dei politici sedicenti “cristiani”.

Io continuerò a rassicurare i miei parrocchiani che, anche se voteranno per l’Unione, non ci saranno conseguenze per la loro vita spirituale né per la loro vita eterna, perché votare liberamente per una lista (visto che ci è stato tolto il diritto di scegliere i candidati) è l’unico straccio di democrazia che ci è rimasto e perché la libertà di coscienza è l’ultimo baluardo di dignità che ci è ancora concesso in questi tempi calamitosi.

Mi perdoni. Sono sicuro che la sua intenzione era esattamente quella di affermare l’assoluta laicità del voto del 9 aprile. Ma… sa, a volte le intenzioni vengono fraintese!


 

Don Gianfranco Formenton    parroco di Sant'Angelo in Mercole (Spoleto)

AprileOnLine n.128  del 23/03/2006