Lettera aperta al cardinale Camillo Ruini che invita Berlusconi a colazione - di Paolo Farinella, prete
Sig. Cardinale,
Nel 1991, da una sperduta parrocchia dell’entroterra
ligure, le scrissi sullo scandalo che provocò nei miei ragazzi la notizia del «cardinal-party»
da un miliardo di lire di allora, con un migliaio di invitati del «mondo» che
conta, dato da lei in occasione della sua nomina a cardinale. Lei mi risposte
che fu un dono di amici e io le risposi che certi doni dovrebbero essere
respinti al mittente perché insulto ai poveri e al Cristo che li rappresenta. Le
cronache del tempo fotografarono che «la capitale della politica, della finanza,
delle banche, delle aziende di Stato è accorsa compatta in ampie schiere. Mai
tanta mondanità e tanto ossequio attorno a un cardinale, reduce da due giorni di
festeggiamenti ininterrotti» (Laura Laurenzi, la Repubblica, 30 giugno 1991, p.
25).
A distanza di diciannove anni, mai avrei pensato di
riscriverle, anche perché sapevo che lei era andato in pensione e quindi si
fosse defilato come si conviene alle persone sagge e di buon senso. Oggi
lei non offre lauti banchetti a 800 persone, ma invita a colazione solo due
individui che da soli sono peggio degli 800 barbari. Sono indignato per
questo suo invito che i credenti onesti vedono come la negazione del sacramento
dell’ordine e la pone sullo stesso piano degli intrallazzatori di professione.
D’altra parte lei per oltre quindici anni ha manovrato
papi, parlamenti, governi, accordi elettorali, sanità, scuole e fascisti che, al
punto in cui siamo, uno scandalo in più o uno in meno, il peso cambia di poco. A
mio modesto parere di prete, il suo operato induce me e molti altri credenti a
pensare che lei e noi non crediamo nello stesso Dio, e anche che lei usi il suo
come strumento di coercizione per fini demoniaci. Lei infatti, ancora una volta,
ha contravvenuto al dettato del Codice di Diritto Canonico che stabilisce: «È
fatto divieto ai chierici di assumere uffici pubblici, che comportano una
partecipazione all’esercizio del potere civile» (CJC, can. 285 §3). Il massimo
potere in uno Stato democratico si esercita nella formulazione delle liste
elettorali tra cui i cittadini liberi e sovrani «dovrebbero» scegliere i loro
governanti, locali e nazionali: qui sta in sommo grado la «partecipazione
all’esercizio del potere civile».
Il giorno 20 gennaio 2010, nella sede del Seminario
Romano, dove risiede da cardinale in pensione, lei ha invitato, come ospite a
colazione, Silvio Berlusconi, accompagnato dal gentiluomo (sic!?) di Sua
Santità, nonché sottosegretario alla presidenza del consiglio italiano. Lei ed
io sappiamo che Gianni Letta, moderno Richelieu - o, se vuole, in termini
giovanili e quasi liturgici, prosseneta, vulgo mezzano -, è il tutore garante
presso il Vaticano del suo capo, notoriamente inaffidabile oltre che corrotto e
corruttore. Dicono le cronache che avete discusso di accordi elettorali, di
convergenze tra Pdl di Berlusconi e Udc di Casini e Api di Rutelli; chi deve
essere candidato alle regionali e chi no; chi deve perdere e chi deve vincere
nel Lazio; cosa fare e cosa disfare in Puglia.
La candidata Emma Bonino alla presidenza del Lazio non
deve passare perché, come in una nuova crociata, «Deus ‘el vult», cioè lo
ordina Ruini a cui Dio di solito dice ad ogni tornata elettorale cosa vuole e
non vuole. Le cronache celiano che Berlusconi abbia tenuto il boccino perché
ormai ha il coltello dalla parte del manico. Lo dimostra il fatto che il suo
illustre e integerrimo ospite abbia preteso dal suo partito una «quota rosa» a
sua totale discrezione per fare eleggere le «pulzelle» compiacenti che non ha
potuto varare nelle politiche del 2008, a causa del «ciarpame politico»
rovesciato sul tavolo dalla di lui moglie, Veronica Lario che ha sparigliato le
candidature. Avete parlato anche di questo? Di quali donnine e prostitute
candidare?
Il giorno prima, il 19 gennaio 2010, appena 24 ore prima,
il Senato della Repubblica, presieduto dall’autista-picciotto, Renato Schifani,
in quota servitù perpetua, ha varato il cosiddetto «processo breve», cioè la 19a
legge su misura per i bisogni primari del Silvio Berlusconi e pazienza se si
sfascia l’intero sistema della giustizia italiana! Pazienza, se milioni di
cittadini non avranno mai giustizia e se tutti i delinquenti, i truffatori, gli
spacciatori, i ladri, i corrotti, i concussori, i concussi, i deputati e i
senatori insieme ai loro famigli la faranno franca sempre e comunque alla faccia
di quel «bene comune» con cui lei da presidente della Cei faceva i gargarismi
sei volte al giorno prima e dopo i pasti principali. Lei queste cose le
sa, ma è anche «cardinale di mondo» e sa navigare nei meandri del fiume della
politica che conta, poco importa se morale o immorale: in fondo il fine ha
sempre assolto i mezzi perché noi cattolici non siamo forse per la confessione
periodica e cioè per «una botta e via da capo»?
«Processo breve, legittimo impedimento per sé e famigli»,
lei lo sa bene, sono eufemismi: trattasi infatti soltanto di «processo
impossibile». Un presidente del consiglio scardina lo Stato di Diritto, impone
al parlamento di votare leggi individuali e di casta a favore di sé e dei
delinquenti che lo attorniano, abolisce di fatto ogni contrappeso al potere
esecutivo e di fronte a tanta bulimìa incontenibile, lei lo invita anche a
pranzo? Via, cardinale, est modus in rebus! Non pare che durante il
pranzo, lei abbia detto una parola sulla condotta scandalosa dell’ospite, ma
sappiamo che si è seduto a tavola con un essere spregevole moralmente,
eticamente, giuridicamente, democraticamente e con lui contratta seggi e
vittorie, costi e benefici, voti e ritorni in privilegi economici e politici.
Logicamente in nome dei sacrosanti «principi non negoziabili», of course!
Colui che sedeva a mensa con lei, dal mese di maggio
dello scorso anno e fino a novembre 2009 è stato braccato dalla stampa
internazionale, rincorso da dieci domande di un giornale italiano e bollato
dalla denuncia della moglie per frequentazione di minorenni; uso abituale di
prostitute e forse di cocaina (non sappiamo tutto!) in sedi istituzionali (anche
le dimore private sono state da lui sottoposte a regime di «segreto di Stato»);
spergiuro sulla testa dei figli (del fatto di Casoria, ha dato quattro versioni
diverse, dopo avere giurato che la prima era quella buona); promesse di posti in
parlamento e al governo a signore e signorine compiacenti in cambio di favori
sessuali. Alcune di loro non perdono occasioni per ostentare la loro cattolicità
granitica, fondata sui «valori» dell’onestà, della famiglia, del bene comune e
dell’indissolubilità del matrimonio.
Negli stessi giorni in cui lo scandalo delle prostitute
era al culmine, il suo governo stava varando una legge per punire i clienti
delle prostitute: la solerte, cattolicissima ministro Mara Carfagna si è
affrettata a ritirare il provvedimento che avrebbe colpito per primo il suo capo
e protettore che il suo stesso avvocato ha definito «utilizzatore finale» di
carrettate di donne. Soltanto dopo l’indignazione del popolo cattolico arrivata
al «color bianco», finalmente la Cei cominciò a balbettare qualche timiduccio
scappellotto, ma tenue e delicato, quasi un buffetto. Il 7 luglio 2009, quando
ormai il mondo cattolico era sul filo delle barricate contro la latitanza della
gerarchia cattolica, il segretario della Cei, mons. Mariano Crociata, durante
una Messa, alludendo al presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, oggi suo
ospite, senza mai chiamarlo per nome, sbotta:
«Assistiamo ad un disprezzo esibito nei confronti di
tutto ciò che dice pudore, sobrietà, autocontrollo e allo sfoggio di un
libertinaggio gaio e irresponsabile che invera la parola lussuria salvo poi,
alla prima occasione, servirsi del richiamo alla moralità, prima tanto
dileggiata a parole e con i fatti, per altri scopi, di tipo politico, economico
o di altro genere. Nessuno deve pensare che in questo campo non ci sia gravità
di comportamenti o che si tratti di affari privati; soprattutto quando sono
implicati minori, cosa la cui gravità grida vendetta al cospetto di Dio»
(Omelia per la Messa di Santa Maria Goretti, 15-08.09, Le Ferriere – Latina).
Lei, sig. cardinale Camillo Ruini, ha passato tutto
questo tempo sotto silenzio assoluto, dedicandosi al «progetto culturale della
Cei e alle massime questioni di alta filosofia e teologia: «L’esistenza di Dio»,
la sua necessità e via dicendo. Sul resto che travagliava la Chiesa, i
credenti, la gerarchia e copriva con un manto di sudiciume l’Italia intera,
silenzio tombale.
Nello stesso periodo, il 1 luglio 2009, il governo varò
il «decreto sicurezza» che stravolge il diritto internazionale, l’etica
cristiana, la dottrina sociale della chiesa e tutti gli insegnamenti pontifici
in fatto di migrazione perché definisce reato «lo stato di persona clandestina».
Mons. Agostino Marchetto del pontificio consiglio per l’immigrazione dichiara:
«La criminalizzazione dei migranti è per me il peccato originale dietro al quale
va tutto il resto», riferendosi alle aberranti politiche sociali del governo. A
stretto giro di posta arrivò la smentita della Sala Stampa vaticana: Mons,
Marchetto parla a titolo personale. Il Vaticano smentisce se stesso. Anche in
questa occasione, lei ancora una volta stette zitto e latitante e non difese
nemmeno il suo pupillo che preferì sacrificare sull’altare dell’immoralità
governativa pur di mantenere un rapporto privilegiato di potere e d’interesse.
Ricevendo Berlusconi e per giunta come ospite in intimità
conviviale a casa sua, senza dire una parola su ciò che è avvenuto in questo
anno (per non parlare degli ultimi 15 anni), lei ha avallato lo scardinamento
costituzionale, istituzionale e lo sfacelo etico di cui l’ospite è stato e
continua ad essere protagonista responsabile. Quel giorno per buon peso,
Berlusconi era reduce fresco fresco da un attacco micidiale alla Magistratura
con parole omicide: «Il tribunale è un plotone di esecuzione». Lei ha così
avallato e approvato il suo comportamento immorale e indecoroso, benedicendo
l’inverecondia e assolvendo l’insolvibile, diventandone complice «in solido»,
perché come insegna il diritto, che la saggezza popolare traduce
pittorescamente, «è tanto ladro chi ruba quanto chi para il sacco».
Se lei poi con questi figuri tratta posti di governo o
gestione della sanità o della scuola o condizioni per fare eleggere questo/a o
quella/o in cambio di voti e/o di altro, lei inevitabilmente diventa compare di
uno che frequenta la mafia e ha fatto della malavita la norma della sua
condotta. Berlusconi non si sentiva perseguitato e non denunciava accanimento
giudiziario quando rubava e trasportava denaro degli Italiani all’estero,
dichiarava il falso in bilancio, corrompeva i giudici, comprava i testimoni dei
processi, sparava alla testa dei giornalisti non a libro paga, imponeva al suo
«Il Giornale» agli ordini del falsificatore Feltri di uccidere il direttore di
«Avvenire», Dino Boffo. Lei non chiese le dimissioni di Feltri e di Berlusconi
per avere inventato «in solido» una trappola di fango per mettere in riga i
vescovi della Cei con un avvertimento di stampo mafioso: io vi tengo in pugno.
E’ di questi giorni la sentenza in appello, confermata e aggravata, a Totò
Cuffaro, cattolico integerrimo per reato di mafia. Costui e il Pierferdi Casini
che lei tanto sponsorizza, per cinque anni hanno votato tutte le leggi immorali
a servizio esclusivo di Berlusconi, appoggiandolo in ogni nefandezza:
tutto con la sua benedizione e il silenzio della gerarchia cattolica. Sempre e
comunque in nome del santo bene comune. Ah! «i valori non negoziabili».
Ora arrivano le elezioni regionali. Nel Lazio, regione
del papa, cortile del Vaticano e prolungamento del Laterano, si candida alla
presidenza della regione Emma Bonino, radicale e anticlericale. La paura fa
novanta, signor cardinale, e lei da «vero animale politico» ha fiutato che la «Emmaccia»
potrebbe farcela agevolmente e se arriva, potrebbe mettere ordine nella sanità e
nella scuola laziale, due feudi della malavita «cattolica» laziale. Horribili
dictu! Pur di contrastare, con ogni mezzo la sua candidatura, lecita e
rispettabile in una democrazia compiuta, lei preferisce la deriva morale, lo
sconquasso della Costituzione, la distruzione della Democrazia, l’annientamento
dello Stato, alleandosi con un potente degenere che ha portato la corruzione e
il malaffare al rango della politica e della presidenza del consiglio.
Personalmente sono convinto che, in queste condizioni, lei non possa celebrare
l’Eucaristia con tranquilla coscienza perché come prete non ha ricevuto il
mandato di eleggere e fare eleggere presidenti e parlamentari, magari mafiosi,
ladri e corrotti. Lei può solo andare per le strade del mondo e annunciare il
vangelo della liberazione: ai prigionieri, ai poveri, agli immigrati torturati e
uccisi dal presidente del consiglio che lei riceve a pranzo, diventando complice
di assassinio collettivo, cioè di genocidio.
La congregazione del clero insieme ad altri quaranta
preti, mi ha messo sotto inchiesta per avere scritto che la «vita umana deve
essere umana», ma su di lei e sugli altri vescovi e sul Vaticano che appoggiate
la forza omicida del governo Berlusconi, nessuna inchiesta per oltraggio palese
alla vita di adulti, donne e bambini. Il suo invito a colui che si paragona
a Dio e al Messia, che si vanta di essere il «miglior presidente del consiglio
degli ultimi 150 anni», è la fine dei saldi della morale, dell’etica, del
dottrina sociale, della dignità, del concetto di peccato e grazia: il
saldo della religione che lei vende, anzi svende senza neppure esserne il
proprietario.
Lei non ha autorità per intervenire in questioni che il
Codice vieta ai preti, come le alleanze partitiche, le elezioni, le candidature
perché è una manomissione della democrazia del Paese Italia, vincolante anche in
forza di un concordato che pone paletti alle interferenze e offre garanzie e
lauti sussidi. Su queste materie poi lei né la Cei, né tantomeno il
Vaticano, Stato estero, potete parlare in nome del mondo cattolico. Lei
sa bene che sono questi comportamenti che allontano ancora di più i non
credenti, mentre i credenti si avvicinano a passo svelto all’uscio d’uscita
della Chiesa. Ho detto al cardinale Bagnasco che deve tenere un occhio al metro
di misura che è l’8xmille, in caduta libera, segno della disaffezione sempre
maggiore della gente da una gerarchia che si è trasformata da segno di
contraddizione in lobby di pressione e di potere, patteggiando con personaggi
immondi e immorali.
Il papa invita i preti ad accedere alla rete web.
Beh, sappia che uso il computer dal 1982 e la rete dal suo sorgere: se avessi
aspettato il consiglio del papa, alla mia età sarei ancora al lapis e al
pennino. Provi ad accedere alla rete, unico strumento di democrazia diretta
ancora in vita, e si accorgerà, anzi sentirà l’odore corposo del disprezzo che
circonda tutto ciò che sa di «ecclesiastico». Il nostro popolo è saturo di
vedere l’autorità ecclesiale che dovrebbe servire il bene e combattere il male,
fare comunella con i corrotti e i corruttori, con i delinquenti abituali
travestiti da finti religiosi e sempre di più si allarga il fossato tra voi e
noi: voi state andando per la vostra strada che vi porta a «mammona
iniquitatis» noi, da soli cerchiamo con fatica la strada che ci porti agli
uomini e alle donne del nostro tempo e insieme tendere: chi crede all’ incontro
con il Dio di Gesù Cristo, chi non crede all’incontro con la propria coscienza e
il rispetto degli altri.
Sig. Cardinale, credo che lei ed io non abbiamo molto da
spartire, se non l’appartenenza formale alla stessa Chiesa in quanto
«struttura», di cui però abbiamo due visioni non solo diverse, ma opposte:
lei appartiene al sistema del potere clericale che io combatto con tutte le mie
forze, mentre io mi sforzo di appartenere alla «Chiesa dei poveri» con la
coscienza di essere una minoranza che sa di avere un solo mandato: il ministero
e il magistero della propria testimonianza di vita che nessuno potrà mai rapirmi
perché è il segno della Shekinàh/Dimora di Dio tra di noi.
In conclusione, alla luce di quanto sopra descritto
e per le ragioni addotte, io, Paolo prete, ripudio anche lei e quello che
rappresenta, come il 7 luglio ripudiai con lettera il suo ospite e commensale.
Preferisco essere orfano di mercenari piuttosto che avere padrini. «Non ne
abbiamo bisogno». Sappia però che con il suo agire e le sue scelte, lei ha
autorizzato me e chiunque altro ad operare e agire in maniera esattamente
opposta alla sua e mi creda lo farò con onore e con orgoglio, dall’interno della
Chiesa di cui sono onorevolmente figlio fedele. Profondamente inorridito,
PS. Ho notato che il suo successore
alla presidenza della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, nonché mio ordinario, si è
del tutto defilato. Un altro mondo. Fui facile profeta nel dire, all’inizio
della sua presidenza, che egli era una mera copertura perché il vero manovratore
della Cei e, aggiungo, del Lazio e, per fare buon peso, dell’Italia, era ed è
solo lei. Anche lei, come il suo ospite, Berlusconi, come Gesù Cristo?
«Ego vobiscum
sum omnibus diebus, usque ad consummationem sæculi» (Mt 28,20).
Sì, ne siamo certi: il
cardinale Camillo Ruini sarà con il Lazio e Berlusconi tutti i giorni, fino alla
fine del mondo … e anche oltre! Amen!
Paolo Farinella, prete Micromega on line
29/01/2010