L´egemonia
iraniana
Uno degli effetti dell´attuale conflitto
in Libano è che cambieranno i rapporti di forza fra sciiti e sunniti. Ed è
proprio a partire dal Libano e dal ruolo di Hezbollah che appare una prospettiva
sconvolgente: ciò che non era riuscita a fare la rivoluzione khomeinista, lo sta
facendo il movimento Hezbollah. Esso tende a monopolizzare la questione
palestinese trasformandola in una questione sciita, per poi internazionalizzare
l´ideologia della rivoluzione khomeinista. In effetti, mentre in Iran le
tendenze nazionaliste avevano funzionato da freno alla rivoluzione sciita
dell´ayatollah Khomeini, il partito Hezbollah diventa la cinghia di
trasmissione di quell´ideologia su gran parte del Medio Oriente. Si sta
realizzando il sogno del pansciismo, che era stato congelato all´inizio degli
anni ´90 per pragmatismo politico.
L´occasione è che attraverso Hezbollah e la situazione irachena gli sciiti iraniani vedono rafforzarsi la loro posizione: l´Iraq, fatto senza precedenti nella storia del mondo islamico, è divenuto improvvisamente il secondo Paese sciita del mondo. E anche se vi sono forti differenze su base etnica fra sciiti iraniani e sciiti arabi, Hezbollah riesce a operare una congiunzione fra essi: essa si fonda sulla stessa rivoluzione di Khomeini che, va ricordato, non è nata a Qom bensì nelle università di Najaf. Gli sciiti arabi rivoluzionari e gli sciiti iraniani rivoluzionari hanno un leader in comune: Mohammed Bakr Sadr, vero ispiratore del Wilayat al Faqih (governo dei dotti), formula politica inventata a Najaf.
Le vetrine delle librerie del sud del Libano traboccano degli scritti di questo ayatollah, che fu messo a morte da Saddam Hussein nel 1982. Hezbollah si è nutrito di questo tipo di letteratura politica; certo, esso si è configurato negli ultimi anni come un partito armato nel paesaggio politico libanese: è rappresentato in parlamento, ma non ha mai abbandonato la sua valenza transnazionale. In effetti in tutti i movimenti politico-religiosi dell´islam contemporaneo la nazione è considerata un momento storico da superare, per arrivare un giorno alla grande Umma: per i sunniti il califfato, per gli sciiti uno stato che va dall´Iran fino al Libano passando per il Bahrain.
Questa guerra esacerba il conflitto su due livelli contraddittori. Da una parte esso rischia di dare man forte al terrorismo di matrice sunnita, come quello di al Qaida che nei suoi proclami continua a ribadire che gli sciiti sono miscredenti, e che la loro attuale ascesa politica in Iraq è illegittima quindi va demolita.
Su un altro piano l´attivismo sciita rivoluzionario continua ad esercitare, come all´inizio della rivoluzione khomeinista degli anni ´80, un certo fascino anche sui sunniti. Secondo alcuni ideologi sunniti lo sciismo rivoluzionario fornisce un modello di stato islamico: sogno dei Fratelli Musulmani che essi non sono mai riusciti a elaborare teoricamente e concretamente, sogno che oggi sembra più vicino. Si delinea dunque un forte rischio di conflitto tra sciiti e sunniti.
I regimi mediorientali sono tutti in allarme, sia per il rischio dell´avanzata di un nuovo pansciismo, sia per il pericolo che la questione palestinese sia monopolizzata da Hezbollah, che così risucchierebbe anche Hamas. Mentre vent´anni fa la contestazione palestinese era veicolata dal nazionalismo arabo, oggi lo sciismo radicale ne sta prendendo la guida, internazionalizzando il conflitto sul piano regionale. Le strutture di Hamas sono già una copia di quelle di Hezbollah: la loro letteratura di propaganda veicola la stessa mistica rivoluzionaria, e per entrambi Israele non dovrebbe esistere.
Ma la cosa che appare più sorprendente nel conflitto appena iniziato è l´attuale silenzio di al Qaida, un silenzio che fa capire come essa si trovi in realtà intrappolata: perché colta di sorpresa dal modo in cui gli Hezbollah hanno sfidato Israele entrando militarmente in guerra; e perché si trova in concorrenza sul suo stesso terreno, la questione palestinese, con Hezbollah, che, con una diversa strategia militare e politica e una diversa propaganda, riporta al centro della scena il conflitto israelo-palestinese cercando di aggregare le forze più disparate del Medio Oriente.
La contrapposizione tra al Qaida e Hezbollah aumenterà di intensità nei prossimi mesi, a motivo del radicale rifiuto dello sciismo dei salafiti di al Qaida. Tutto ciò rischia di ripetersi oggi anche in Iraq; le milizie di Sadr non sono molto diverse da quelle di Hezbollah. Ma l´elemento più importante è che attraverso l´Iraq non possiamo non intravedere l´Iran che, anche se per motivi tattici durante l´intero conflitto iracheno ha esercitato un basso profilo, sempre più si delinea come la grande potenza regionale del Medio Oriente. Perché in Iraq attraverso il Libano si congiungono lo sciismo radicale arabo e quello iraniano: e questo fa paura a tutte le cancellerie del Medio Oriente. Perché oggi, con il rovesciamento di rapporti di forza ancestrali che la storia aveva costruito lungo i secoli e che in una primavera del 2003 sono sfumati a Bagdad, non si profila più il risuonare metallico delle sciabole, ma l´incubo della questione nucleare.
KHALED FOUAD ALLAM "la Repubblica" (4-7-06)