Le voci in difesa della legge 194


È ormai chiaro che le autorità cattoliche hanno scelto il tema dell'aborto per riaffermare riconquistare
- il protagonismo nella società italiana. L'aborto a preferenza di altri argomenti come,
ad esempio, l'immigrazione o la disoccupazione o il precariato. L'aborto si dovrebbe prestare meglio
di altri temi a un accordo con il nuovo governo (nonostante il referendum di pochi anni fa).
L'offensiva cattolica è a tutto campo. Valga per tutti l'editoriale di Famiglia cristiana: «E' ora di
sgretolare il mito della legge 194», i numeri per «sgretolarla» ora ci sono. Scarse e deboli le difese
di quella legge in questi giorni (siamo anche intontiti dalla pubblicità a favore dell'8 per mille alla
chiesa cattolica). Vale la pena di citare almeno qualche voce, fra le più significative.
La prima è una mozione dell'assemblea nazionale battista «in difesa della legge 194». La mozione
«esprime una viva preoccupazione per l'attuale clima politico caratterizzato da uno strisciante
revisionismo storico e di conseguenza dal ritorno di tendenze razziste, sessiste, xenofobe, omo e
lesbofobiche. In questo contesto - prosegue il documento - ribadiamo la validità della legge 194
sull'interruzione volontaria della gravidanza... Tale legge nei circa 30 anni della sua applicazione ha
più che dimezzato il numero degli aborti clandestini; ancora tale legge continua a assicurare
l'accesso libero, gratuito e pubblico alla interruzione volontaria della gravidanza, soprattutto alle
donne più indigenti». E ancora: «E' necessario riattivarsi per la difesa e il funzionamento dei
consultori familiari, per prevenire l'aborto e per diffondere le metodologie della contraccezione».
Fra le altre - poche - voci in difesa della 194 quella di un medico cattolico , Giovanni Fattorini, che
in un testo ben documentato testimonia che nel corso dei tre decenni il numero degli aborti si è
addirittura dimezzato. Vedremo se il nuovo governo terrà conto di questa situazione o preferirà
«genuflettersi» davanti alle richieste vaticane.

Filippo Gentiloni     il manifesto 25 maggio 2008