Le unioni civili e la battaglia che non c’è
Su l’Unità del 27 dicembre Vincenzo Vita ha scritto un articolo che prendendo
spunto dalla vicenda del Registro delle unioni civili, bocciato dal Consiglio
Comunale di Roma, svolge un ragionamento il cui centro è nella seguente
affermazione «ogni occasione è buona per mettere in difficoltà il processo
costituente del partito democratico (e il Sindaco di Roma, che del Pd è il
segretario)».
Visto che di Roma si parla si può dire alla romana che Vita la “butta in
caciara”, cioè parla d’altro, alza una cortina di parole per sfuggire al merito
della questione, mischia le carte per confondere.
Io capisco la difficoltà a spiegare, ancora oggi a due settimane di distanza,
quella scelta da parte del Pd di bocciare la proposta. Dire come è stato detto
che il Registro è inutile si espone alla banale domanda: e allora perché, non
cinque anni fa ma poco più di un anno fa, è stato scritto nel programma di
Veltroni Sindaco? Troppi infatti si dimenticano di questo piccolo particolare.
L’impressione perciò è che il Pd sia rimasto folgorato non sulla via di Damasco,
ma su qualche via più vicina a casa nostra.
Vita poi si domanda «forse che sulle unioni civili, obiettivo laicamente
sacrosanto, si è fatto un passo in avanti?». Ma la domanda, di grande interesse,
rimane a mezz’aria, sospesa, in attesa di una risposta che non arriva, forse
perché ritenuta una domanda retorica.
Eppure la domanda non è retorica e ha bisogno di una risposta che non è
particolarmente difficile ma al contrario evidente: non si è fatto nessun passo
in avanti perché il Pd invece di sostenere la proposta coerentemente a quanto
scritto nel programma ha votato contro insieme alla destra. E quindi la domanda
nient’affatto retorica va rivolta al Pd.
Da tutta questa giostra il risultato è il seguente: al Parlamento tutto è
bloccato per l’esiguità dei numeri e per le divergenze nell’Unione; e al Comune
di Roma dove invece si poteva fare un passo in avanti, cercando così di spingere
anche sulla vicenda nazionale, il Pd si è opposto. Sull’odg del PD lasciamo
stare perché gli odg lasciano il tempo che trovano: se è bello resta bello se
piove resta piove, come si dice sempre a Roma. Dalle compagne e dai compagni che
con Vita alle primarie del Pd hanno promosso la lista «A sinistra» io, e non
solo io, mi sarei aspettato qualcosa di diverso, tanto più in questa vicenda
dove invece è prevalsa la logica di gruppo, l’unità del Pd, rispetto al
contenuto.
Se si vuole giustamente ridare credibilità e autorevolezza alla politica, la
prima cosa da fare è capovolgere l’ordine del discorso politico corrente che si
chiede: cosa mi conviene, cosa è utile per me o per il mio gruppo? E sostituirlo
con: che cosa è giusto, coerente rispetto ai valori e agli interessi che voglio
rappresentare? E alle parole far corrispondere i fatti.
Se non si opera questo capovolgimento, prevale e prevarrà sempre più la politica
usa e getta e l’indifferenza, virus mortale per la politica e quindi per la
sinistra e per qualsiasi ipotesi di cambiamento.
Un’ultima osservazione. All’indomani della bocciatura del Consiglio Comunale è
apparsa un’intervista a monsignor Sgreccia che a proposito delle coppie
omosessuali affermava che quelle vanno aiutate con il sostegno psicologico e con
terapie adeguate. Parole indicative di una subcultura alimentata da ignoranza e
pregiudizio, lontana anni luce da quel simbolo di amore e misericordia
rappresentato dal Cristo in croce. Ebbene: il giorno dopo in un lungo articolo
su la Repubblica Walter Veltroni non trova l’occasione e lo spazio di una
risposta, idem Vincenzo Vita. Perché?
Miriam Mafai ha scritto che l’Italia di trent’anni fa, quella del referendum sul
divorzio e sull’aborto, era più laica e più avanzata sui diritti civili
dell’Italia di oggi. Penso che ci sia un nesso tra l’assordante silenzio sulle
parole di monsignor Sgreccia e l’arretramento culturale e politico che Miriam
Mafai segnala. E che una delle risposte si trovi proprio in quella logica che
dicevo prima: se è conveniente e utile polemizzare con un’esponente della
gerarchia vaticana e rispondersi che non conviene, meglio far finta di niente,
sorvolare; e invece prendersela con la sinistra, magari con l’aggiunta radicale,
che fa tanto riformista e poi piace tanto ai giornali signora mia. Non capendo
che qui il tema non è la disputa tra laici e cattolici, credenti e non credenti
ma, per dirla con il cardinal Martini, tra pensanti e non pensanti. Ma così, è
bene saperlo, si preparano solo ulteriori arretramenti perché le battaglie perse
sono solo quelle che non si danno.
Adriano Labbucci L’Unità 29.12.07
Presidente del Consiglio Provinciale di Roma